Fisco e contabilità

Gas, luce, contratti e assunzioni Pnrr: sui bilanci costi extra da due miliardi

Nel primo trimestre gli enti hanno speso per l’energia 180,2 milioni in più del 2021

di Gianni Trovati

Più 38,46% nella bolletta del gas e più 23,2% in quella dell’energia elettrica. Il primo, parziale indicatore degli effetti del caro-energia sui bilanci degli enti locali è offerto dalle tabelle dei pagamenti del primo trimestre dell’anno monitorati dal Siope, il sistema telematico del ministero dell’Economia che registra in tempo reale entrate e uscite dalle casse degli enti pubblici. Il comparto di Comuni, Unioni, Città metropolitane e Province ha speso per l’energia fra gennaio e marzo 180,2 milioni in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, nonostante le misure del governo sulle grandi utenze che hanno interessato anche quelle comunali. Su base annua, un extracosto del genere vale 721 milioni. Ma, come si diceva, il conto è parziale: perché ai rincari dell’energia registrati sui mercati internazionali serve un tempo tecnico per arrivare nella bolletta, e perché lo scenario bellico non lascia prevedere in tempi brevi una raffreddamento dell’inflazione energetica.

Dati come questi hanno convinto il governo a tornare sul tema nel nuovo decreto aiuti atteso al prossimo consiglio dei ministri, che accanto a un altro fondo per puntellare i conti locali dovrebbe aprire a uno sblocco in via straordinaria degli avanzi di bilancio per fronteggiare l’emergenza.

Ma per chi in queste settimane deve gestire la fase finale dei preventivi, e poi dovrà destreggiarsi con le variazioni di bilancio, è più complesso. Perché nella finanza locale, come in tutti i conti pubblici italiani, le emergenze vere prodotte dagli shock esogeni si intrecciano con quelle dello scenario domestico, abile nel colorare di tinte eccezionali anche i fatti più classici della gestione ordinaria.

Uno di questi è il rinnovo dei contratti. Dopo la pausa per le elezioni delle Rsu, le trattative all’Aran sono riprese e promettono di arrivare al traguardo del rinnovo in tempi non troppo lunghi, anche se decisamente più distesi rispetto alle ambizioni iniziali. I nuovi contratti, spiega l’atto di indirizzo, producono un aumento a regime della spesa di personale intorno ai 600 milioni di euro, a cui si aggiungono circa 100 milioni per il mini-sblocco dei fondi decentrati e per la quota locale della riforma degli ordinamenti. Altri 700 milioni abbondanti, insomma, senza voler contare i quasi due miliardi di arretrati (il contratto è relativo al 2019/21) che non dovrebbero creare tensioni aggiuntive sui conti perché i fondi per pagarli dovrebbero essere già stati accantonati negli anni precedenti. In teoria.

Poi c’è il Pnrr. Gli spazi in deroga ai tetti di spesa aperti dalla legge di conversione del Dl 152 per i contratti a termine necessari all’attuazione dei progetti permettono fino a 15mila assunzioni. Che costano fino a 600 milioni. A carico dei bilanci locali, con l’eccezione dei 50 milioni per i piccoli Comuni (c’è tempo fino a luglio per comunicare i fabbisogni dopo la proroga nel decreto Pnrr-2). E siamo a due miliardi di costi extra, al netto di altri fattori come i costi di gestione dei profughi dall’Ucraina su cui è atteso un intervento nel prossimo decreto aiuti.

Il decreto, fedele all’abitudine di trasformare in emergenza l’ordinario, potrebbe poi prevedere la proroga al 31 maggio per i rendiconti, già tentata senza successo. Creando un nuovo intreccio di date con preventivi e delibere tributarie: ottimo motivo per un nuovo rinvio.

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