Fisco e contabilità

Gentiloni: «Pnrr chance unica, non una medicina amara»

La premier Meloni difende l’emendamento sui controlli: «Nessuna deriva autoritaria». Il commissario Ue chiede più slancio: «Altrove i primi ministri fanno i roadshow». Fitto a Bruxelles

di Manuela Perrone e Gianni Trovati

«Secondo me noi italiani sbagliamo nel trattare questo famoso Pnrr come se fosse una specie di medicina amara imposta da Bruxelles, mentre vedo in tanti altri Paesi i primi ministri che fanno roadshow per aprire i cantieri». Il Commissario Ue agli Affari economici, Paolo Gentiloni, abbandona per un momento la sua tradizionale prudenza e - concludendo il proprio intervento a Roma alla presentazione del libro di Marco Buti “Jean Monnet aveva ragione?” insieme all’autore, a Giuliano Amato e a Lucrezia Reichlin - lancia un appello a un maggiore slancio del Paese, e del Governo in particolare, nel cogliere quella che resta una « meravigliosa opportunità», senza fermarsi a vedere solo «cosa manca e in cosa siamo in ritardo».

La misura di questa «opportunità» è data dall’impatto sulla crescita, che varia nelle diverse stime, concorsi però nell’attribuire alla spinta del Piano un ruolo determinante. I calcoli dela Commissione, ricorda Gentiloni, attribuiscono al Pnrr una media di +0,7% annuo nel 2021-2024, «tanta roba» per un Paese che sempre secondo l’Esecutivo comunitario crescerà quest’anno dell’1,2 (anche se ieri il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha ribadito la speranza in qualche decimale in più, verso l1,4).

Da Gentiloni arriva anche un altro richiamo: l’attuazione del Pnrr renderebbe più fluido anche il negoziato sulle altre sfide aperte in Europa, a cominciare da quella per la riforma del Patto di stabilità. In caso contrario, «il dialogo con chi non vuol sentire parlare di impegni comuni sarebbe molto complicato».

Nelle stesse ore, il Governo italiano è impegnato nel complicato mosaico che prova all’interno a semplificare le regole sulla gestione degli investimenti e in Europa a trattare la «flessibilità» sui fondi e l’integrazione del capitolo aggiuntivo rappresentato dal RepowerEu. È la premier Giorgia Meloni a incaricarsi di difendere l’intervento, nel decreto Pa su cui l’Esecutivo ha posto la fiducia alla Camera (oggi il voto), che cancella il controllo concomitante della Corte dei conti su Pnrr e Piano nazionale complementare e proroga a giugno 2024 lo scudo erariale. «Nessuna deriva autoritaria», dice Meloni in serata a Quarta Repubblica su Retequattro. «Proroghiamo le norme del Governo Draghi del quale la sinistra faceva parte. La Corte dei conti continua a fare i controlli, fa la relazione semestrale e nessuno le ha messo un bavaglio».

Sul versante di Bruxelles, al botta e risposta di venerdì, è seguita la tregua che ieri il ministro Raffaele Fitto ha suggellato con una serie di incontri, tra i quali quello con la presidente dell’Europarlamento, Roberta Metsola, e soprattutto con alti funzionari della Commissione. La giornata europea di Fitto si è conclusa con una nota «condivisa», come sottolineano dal Governo, e affidata a un tweet della portavoce dell’Esecutivo comunitario Veerle Nutys, che certifica sia il «buono scambio di vedute sul Pnrr italiano e sui progressi compiuti per quanto riguarda la terza e la quarta richiesta di pagamento» sia la decisione congiunta di «proseguire il lavoro in corso sul RepowerEu con la massima urgenza.

A Roma prevale l’ottimismo su tutti i fronti. E si chiarisce che l’operazione del Governo in nome della agognata «flessibilità» nell’utilizzo dei fondi europei (tra Pnrr e coesione) procede lungo i binari prestabiliti e noti da tempo: si punta cioè a dirottare sul RepowerEu i finanziamenti dei progetti Pnrr irrealizzabili entro il 2026 da spostare su altre programmazioni, in modo da rimpolpare le risorse già destinate al capitolo aggiuntivo sull’energia (i 2,7 miliardi a fondo perduto della quota Ets e fino al 7,5% della coesione, per un totale che arriva fino a 6 miliardi) e giungere fino a 9 miliardi. Una dote che permetta di inserire nel Piano, oltre alle iniziative delle partecipate per l’autonomia strategica del Paese, un pacchetto di incentivi a imprese e famiglie. «Valutiamo gli investimenti, ma non vogliamo rinunciare a un euro», ha chiosato Giorgetti.

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