Fisco e contabilità

I magazzini industriali non pagano la Tari

La destinazione d'uso delle singole aree industriali determina la tassazione

di Luigi Lovecchio

Esenzione dei magazzini delle imprese industriali che dovranno assoggettare a Tari le aree diverse da quelle di lavorazione frazionando l’insediamento tra le varie destinazioni d’uso (uffici, mense, eccetera). L’esenzione delle aree di lavorazione e dei magazzini opera anche per le imprese artigianali, in relazione alle quali però sarà conservata la specifica categoria di tassazione. Le imprese agricole possono conferire volontariamente i rifiuti al gestore pubblico, se si tratta di sostanze aventi contenuto analogo ai rifiuti urbani. In questo caso, però, sarà applicabile non la tassa ma un corrispettivo di diritto privato. Sono alcune delle considerazioni desumibili dalla recente circolare del ministero della Transizione ecologica (Mite) sulle novità apportate in materia di prelievo sui rifiuti, a decorrere dal 1° gennaio 2021, per effetto del Dlgs 116/2020 (si veda anche NT+ Enti locali & edilizia del 9 marzo).

A partire da quest’anno, i rifiuti si distinguono in speciali e urbani, secondo la classificazione operata direttamente dalla legge. È stato infatti abrogato qualsiasi potere regolamentare comunale in materia. In particolare, sono rifiuti urbani solo quelli prodotti dalle attività elencate nell’allegato L-quinques al Dlgs 152/2006, rientranti nella descrizione contenuta nell’allegato L-quater al medesimo decreto.

Con riferimento alle industrie, le stesse sono state cancellate dalle attività del suddetto elenco L-quinquies. Tuttavia, poiché la qualifica di specialità è stata attribuita ai soli «rifiuti della produzione», il Mite ha correttamente affermato che l’esclusione dalla tassa riguarda non l’intero insediamento ma solo le aree di lavorazione.

A ciò si dovrebbero aggiungere i depositi di materie prime e prodotti finiti. Al riguardo, va tuttavia rilevato che la norma Tari (articolo 1, comma 649, legge 147/2013), che non è stata modificata, limita l’agevolazione ai soli depositi «funzionalmente ed esclusivamente» connessi alle aree di formazione dei rifiuti speciali. La tesi del ministero dunque è una interpretazione che va al di là del dettato letterale della norma.

Per le aree diverse da queste, sempre secondo la circolare, la tassazione dovrebbe avvenire non applicando la specifica categoria delle industrie, tuttora prevista nel Dpr 158/1999, ma frazionando le superfici sulla base della destinazione d’uso ed applicando ad esse la tariffa deliberata per attività analoghe.

Così, ad esempio, alla zona uffici sarà abbinata la tariffa degli uffici, alla zona vendita la tariffa dei negozi, e così via. È evidente che ciò richiederà la presentazione massiva di nuove denunce per segnalare la segmentazione degli spazi. Poiché la patente di specialità è attribuita, genericamente, ai rifiuti della produzione, ne consegue che anche per le imprese artigiane opera l’esonero per le aree di lavorazione e per i magazzini. Le superfici residue, però, dovranno essere assoggettate a prelievo unitariamente con la tariffa delle specifiche categorie delle attività artigianali, indicate nel suddetto Dpr 158/1999, considerato che le imprese in esame – contrariamente a quelle industriali - sono ricomprese nell’elenco di cui all’allegato L – quinquies del Dlgs 152/2006.

Per le imprese agricole, compresi gli agriturismi, è disposta la specialità “assoluta” dei rifiuti dalle stesse prodotte. Tuttavia, poiché in molti casi i rifiuti formati hanno la medesima composizione merceologica dei rifiuti urbani (ad esempio, quelli dei ristoranti), è ammesso il conferimento degli stessi, su base volontaria, al gestore pubblico. Trattandosi però di conferimento fuori privativa, effettuato in via convenzionale, è chiaro che la contropartita non può essere la tassa ma sarà un corrispettivo di mercato.

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