Personale

I rinnovi contrattuali pesano sugli ingressi

Nei nuovi preventivi vanno fissate le somme per il triennio 2025/27

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di Arturo Bianco

Sono fissati i costi aggiuntivi che le Pa, compresi regioni ed enti locali, devono sostenere per il rinnovo dei contratti nazionali fino al 2030. Costi aggiuntivi che le amministrazioni non statali devono sostenere con i propri bilanci e che determinano un aumento della spesa del personale, con conseguente riduzione delle capacità assunzionali.

Per il rinnovo dei contratti 2022/2024 ogni ente deve prevedere un aumento del 6%, incremento comprensivo di oneri riflessi e Irap, indennità di vacanza contrattuale e del suo incremento di 6,7 volte. Con la legge 207/2024 gli aumenti del 5,78% già previsti dal 2024 vengono incrementati nel 2025 dello 0,22%, destinato al finanziamento della contrattazione integrativa.

Per i contratti 2025/2027 sono previsti incrementi dell’1,8% per ogni anno. Nel 2025 una parte di queste risorse andrà utilizzata per l’indennità di vacanza contrattuale.

Sono inoltre previsti i tetti per gli aumenti che deriveranno dai rinnovi dei contratti nazionali del triennio 2028/2030, la cui misura è fissata nello 1,9% per il 2028, a cui si aggiungerà il 2% sia nel 2029 sia nel 2030. La disposizione vuole consentire che questo rinnovo possa essere stipulato prima dell’inizio del triennio di riferimento.

Gli enti devono prevedere nei bilanci preventivi, a partire da quello del 2025/2027 da approvare entro il 28 febbraio, le risorse per il finanziamento dei rinnovi, provvedendo al trasferimento nell’anno successivo come somme a destinazione vincolata ove non siano state utilizzate.

La legge di bilancio 2025 stabilisce, al comma 124, l’inclusione nel tetto del salario accessorio del 2026 delle risorse aggiuntive destinate al finanziamento del welfare integrativo, sterilizzando quindi gli effetti della deliberazione della sezione autonomie della Corte dei Conti n. 17/2024, che si era invece pronunciata per la loro esclusione dai vincoli dettati dall’articolo 23, comma 2, del Dlgs 75/2017. In questo modo si impedisce di fatto il decollo del welfare integrativo, che può essere finanziato solo con il fondo per la contrattazione decentrata, stante che in quasi tutti gli enti non si spendevano soldi a questo titolo. Sono fatte salve le somme previste a tal fine «da specifiche disposizioni di legge o da previgenti norme di contratto nazionale». Occorre chiarire se tra i contratti possano essere inserite le previsioni di quello del 16 novembre 2022 che consente alla contrattazione decentrata di spostare risorse dal fondo al finanziamento del welfare integrativo e dei dirigenti delle funzioni locali e regionali del 16 luglio 2024 che lo consente nel tetto del 2,5% del fondo per il salario accessorio dei dirigenti.

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