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I silos a servizio di attività produttive non sono volumi tecnici

Occorre il permesso di costruire da parte del Comune, previa verifica della disponibilità di cubatura

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di Pippo Sciscioli

I silos d''acciaio destinati allo stoccaggio di materie prime o di prodotti finiti di un'impresa non sono volumi tecnici da esentare dal calcolo della volumetria massima assentibile in base allo strumento urbanistico comunale e pertanto vanno conteggìati nella scheda urbanistica.

Essi infatti costituiscono veri e propri manufatti strumentali allo svolgimento di una fase del processo produttivo aziendale, dotati di una autonoma funzione strumentale allo svolgimento di un'attività economica e di una specifica destinazione d'uso quali veri e propri depositi.

Gli stessi sono da considerarsi, pertanto, come nuove costruzioni in base all'articolo 3, comma 1, lettera e) del Dpr 380/2001 e sono assentibili dallo Sportello Unico per l'Edilizia mediante rilascio di permesso di costruire.

Il Tar Veneto, con la sentenza n. 1289/2021, si segnala per la opportuna puntualizzazione, in tema di edilizia produttiva, su un argomento a volte fonte di equivoci interpretativi in ordine all'esatta individuazione della disciplina applicabile.

I silos non sono altro che depositi di merci, al di là dei materiali di cui sono costituiti, e non possono essere intesi come volumi tecnici, realizzabili in deroga all'indice volumetrico fissato dal Piano Regolatore Generale. Questi ultimi, invece, assolvono a una diversa e specifica funzione e cioè quella di ospitare impianti elettrici, termici, idraulici, di ascensore, unità di condizionamento, necessari per esigenze tecnico-funzionali della costruzione che non possono essere ubicati all'interno di questa, risultando- altresì- del tutto privi di una propria autonoma utilizzazione funzionale, anche potenziale.

Peraltro, già in sede di declaratoria delle "definizioni uniformi" allegate al Regolamento Edilizio Tipo di cui all'Intesa della Conferenza Unificata Stato-Regione del 20 ottobre 2016, era stata codificata la nozione di "volumi tecnici" intendendosi per essi «i vani e gli spazi strettamente necessari a contenere ed a consentire l'accesso alle apparecchiature degli impianti tecnici al servizio dell'edificio (idrico, termico, di condizionamento e di climatizzazione, di sollevamento, elettrico, di sicurezza, telefonico, ecc.)».

Si tratta di una disposizione stringente, restrittiva e non estensibile per analogia a fattispecie, come quella oggetto della sentenza del Tar veneziano, consistenti in realtà in veri e propri manufatti a scopo produttivo.

La stessa Corte di cassazione, secondo consolidata giurisprudenza, ha precisato che i volumi tecnici si giustificano esclusivamente in ragione della loro infungibile e limitata funzione di ricovero di impianti tecnologici: «...Ai fini della nozione di "volume tecnico ", assumono valore tre ordini di parametri: il primo, positivo e funzionale, attiene al rapporto di strumentalità necessaria del manufatto con l'utilizzo della costruzione alla quale si connette; il secondo ed il terzo, negativi, consistono, da un lato, nell'impraticabilità di soluzioni progettuali diverse - nel senso che tali costruzioni non devono potere essere ubicate all'interno della parte abitativa - e dall'altro lato, in un rapporto di necessaria proporzionalità tra tali volumi e le esigenze effettivamente presenti. Da ciò consegue che rientrano nella nozione in parola solo le opere edilizie completamente prive di una propria autonomia funzionale, anche potenziale, mentre non sono riconducibili alla stessa i locali, in specie laddove di ingombro rilevante, oggettivamente incidenti in modo significativo sui luoghi esterni...... sicché, ad es., il silos non è annoverabile tra i volumi tecnici».

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