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Idroelettrico, in autunno le Regioni riavviano le gare

Con Fitto alla Ue si potrebbe rivedere la norma del Pnrr, aprendo alle riassegnazioni

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di Laura Serafini

Con la ripresa delle attività dopo la pausa estiva le regioni del Nord Italia faranno ripartire gli iter per le gare delle concessioni di grande derivazione idroelettrica. Resta, però, sempre insoluta la questione della modifica della norma, divenuta una milestone del Pnrr, che impone le gare attraverso procedura competitiva tout court, project finance o società miste pubblico private e che è un caso unico in Europa. Le aziende del settore, ma anche molti politici, tornano a sollecitare un’ampliamento di quella norma per inserire anche una quarta via, che consenta di riassegnare la concessione allo stesso operatore a fronte di un forte impegno sugli investimenti. Della necessità di riaprire questo dossier, avviando un negoziato con la Commissione europea, ha parlato più volte, nel corso dell’estate, il ministro per l’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin. La questione può tornare d’attualità ora, con nel caso della nomina di Raffaele Fitto a commissario europeo per il bilancio e le politiche di coesione. Sinora il ministro Fitto era rimasto freddo sulla opportunità di aprire un tavolo con Bruxelles per rivedere quella norma del Pnrr, forse anche per il timore di complicare la strada della nomina. Una volta raggiunto l’obiettivo, però, Fitto potrebbe essere una figura chiave in Europa per portare alla revisione della clausola sulle gare per le concessioni idroelettriche.

La norma del Pnrr prevede che le procedure competitive per mettere a gara le concessioni scadute dovessero essere realizzate entro la fine del 2023. In particolare per gli impianti di generazione idroelettrica di grandi dimensioni, con capacità superiore a 3 megawatt. Gli enti locali, a cui fanno capo gli asset dati in concessione, hanno cominciato a muoversi da metà 2023; da mesi però è tutto in standby. Da quando, sia al Nord che al Centro Italia, erano state approvati delibere o bandi per avviare le gare o, come nel caso del Piemonte, era stato presentato un piano di project finance, da parte di Iren, per rinnovare concessioni andate a scadenza ormai da qualche anno. Dopo l’avvio di questi procedure, però, impugnative e ricorsi da parte di imprese del settore, imprese uscenti o imprese concorrenti, avevano bloccato tutto quanto.

Qualche meccanismo, però, si sta rimettendo in moto. Nei giorni scorsi il Tribunale superiore delle Acque pubbliche ha rigettato il ricorso contro il progetto di Iren avanzato dalla società bolzanina Eisacwerck. Quest’ultima sosteneva che la società uscente si sarebbe trovata in situazione di vantaggio perché aveva tutti i dati a disposizione a differenza delle società concorrenti, oltre a beneficiare di una prelazione sul progetto da assegnare. La regione Piemonte ora intende avanti: in ballo c’è la riassegnazione della gestione di 7 bacini e 5 centrali idroelettriche sull’asse dell’Orco (Serrù-Ceresole) e sul Po a San Mauro, il tutto per 320 milioni di nuovi investimenti. La sentenza del tribunale delle Acque, che respinto il ricorso della società bolzanina, era di primo grado. Dunque Eisacwerck potrebbe sempre andare in secondo grado di giudizio e, in teoria, ottenere il ribaltamento del verdetto. Anche le delibere che la regione Lombardia aveva approvato a inizio anno per poter indire le gare sono state impugnate. Ciò nonostante, l’ente locale lombardo intende proseguire: alcune gare sono state indette a fine maggio, ma altre ne seguiranno. In tutto in Lombardia ci sono 42 concessioni di grande derivazione, di cui 20 già scadute e altre che scadono entro il 2029. Tutto questo perando che il percorso non resti impantanato nei contenziosi. Anche l’Abruzzo, che aveva messo a gara alcune concessioni gestite dall’Acea, è stato costretto a ritirare il bando dopo i ricorsi della società uscente, di Enel e di A2A. Il quadro è molto frastagliato: gli impianti idroelettrici in Italia sono oltre 4.600, ma le concessioni di grande derivazione, con capacità istallata superiore a 3 megawatt, sono alcune centinaia. Queste ultime sono le concessioni che devono essere rimesse a gara. Il quadro di forte incertezza normativa ha tenuto in sospeso per anni gli investimenti nel settore, necessari a potenziare gli impianti ma anche a creare nuovi bacini di raccolta delle acque, interventi indispensabili anche per non disperdere la risorsa idrica sempre più necessaria, considerato l’aumento delle temperatura e la diffusione della siccità. Il settore auspica che il governo apra al più presto il confronto con Bruxelles per modificare quella norma sulla concorrenza e introdurre anche la possibilità di riassegnare le concessioni, operazione che metterebbe fine ai contenziosi e potrebbe sbloccare più di 10 miliardi nell’arco di 10-15 anni.

L’idroelettrico, d’altro canto, ha avuto un contributo decisivo a quella crescita oltre il 50% della generazione elettrica in Italia attraverso fonti rinnovabili nei primi 6 mesi dell’anno, grazie anche alle precipitazioni intese (almeno al Nord Italia) a inizio anno. La situazione di relativa tranquillità che il paese sta vivendo in termini di approvvigionamento di energia elettrica a costi non elevati (per quanto il prezzo in Italia sia ben più alto rispetto alla media europea) potrebbe non durare. E dall’autunno potrebbe iniziare una fase di instabilità.

Negli ultimi 10 mesi l’Italia ha aumentato le importazioni di energia elettrica, soprattutto dalla Francia, e anche dalla Slovenia. Un livello che si è attestato a quote record, oltre il 20%, avendo una mitigazione dei costi perché d’Oltralpe si sono trovati con un eccesso di produzione e quindi hanno venduto energia elettrica a prezzi più bassi. I francesi da diverse settimane stanno però preallerantando i paesi confinanti sul fatto che dall’autunno dovranno fermare alcuni impianti nucleari per manutenzione, come già avvenuto due anni fa. Allora l’effetto combinato del minor import e della siccità al nord stava per mettere a rischio la sicurezza dell’approvvigionamento elettrico del paese, complice anche il taglio delle forniture del gas russo ora rimpiazzato da importazioni dal Nord Africa e dai rigassificatori. In ogni caso non si prefigura una ripartenza facile. L’istallazione di nuovi impianti fotovoltaici ed eolici ormai va verso lo stop generalizzato, dopo i vari giri di vite introdotti con gli ultimi decreti, tanto che il Politecnico di Milano stima che nel 2025 e nel 2026 non si istalleranno più di 2 gigawatt all’anno, contro i 12 necessari per raggiungerei target. Molte concessioni di grande derivazione idroelettrica, poi, non andranno a scadenza prima del 2029: quelle in Val d’Aosta, gestite da Cva, circa 20 in Lombardia, molte gestite da A2A, e le concessioni gestite da Enel. Avere di fronte altre 5 anni di attesa a fronte di incertezza significa che resteranno fermi gli investimenti. Se fosse introdotta la quarta via, le regioni potrebbero negoziare con gli operatori nuovi investimenti: nel caso delle concessioni non scadute potrebbe essere valutato un anticipo della scadenza, con la riassegnazione della concessione a fronte di nuovi impegni finanziari delle concessionarie.

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