Personale

Il superiore che ha «denunciato» non può partecipare alla commissione consultiva disciplinare

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di Gianni La Banca

È illegittima la sanzione disciplinare irrogata da un collegio presieduto dal dirigente che ha originariamente irrogato il provvedimento sanzionatorio a carico del soggetto interessato, determinandosi, in tal modo, una grave lesione dei principi di terzietà ed imparzialità. Così ha affermato il Tar Lazio, Roma, con la sentenza n. 966/2019.

Il fatto
Un Sostituto Commissario della Polizia di Stato ha proposto ricorso al Tar Lazio per l’annullamento del decreto ministeriale con cui veniva respinta l’istanza di riesame avverso l’irrogazione della sanzione disciplinare della deplorazione inflittagli dal Dirigente del Reparto Volo, ai sensi dell’articolo 5, n. 3, Dpr 737/1981, per avere, in occasione della traduzione di un detenuto presso le aule di giustizia del Tribunale Penale, al momento del passaggio dello stesso, salutato il detenuto da lontano, mandandogli anche un bacio con il gesto della mano, mantenendo nella circostanza un comportamento non conforme al decoro delle funzioni degli appartenenti ai ruoli delle amministrazioni della Pubblica Sicurezza.

La normativa
L’articolo 15, Dpr 737/1981, (Sanzioni disciplinari per il personale dell'Amministrazione di pubblica sicurezza e regolamentazione dei relativi procedimenti), è infatti assolutamente chiaro nel precludere la partecipazione, a qualsiasi titolo, alla Commissione consultiva disciplinare, del superiore che ha rilevato la mancanza, e ciò al fine di assicurare la massima terzietà e trasparenza nel procedimento istruttorio prodromico all’irrogazione della sanzione disciplinare, di cui all’articolo 18, Dpr 737/1981.

Il “conflitto di interesse” del dirigente
Il provvedimento disciplinare in questione, in effetti, pur condivisibile nel merito, si è manifestato per la sua illegittimità per violazione dell’articolo 15, comma 5, Dpr 737/1981, sulla base del rilievo che tra i componenti della Commissione consultiva figurava il Dirigente che aveva formulato la proposta di applicazione della sanzione disciplinare poi effettivamente irrogata al soggetto interessato.
Non assume rilievo la circostanza che il Dirigente, titolare del potere disciplinare, avrebbe partecipato ai lavori della Commissione consultiva senza esprimere alcun giudizio di merito e che la sua partecipazione ai lavori in questione si sarebbe risolta esclusivamente nella mera direzione dell’attività della Commissione (come sarebbe comprovato dal verbale della riunione della stessa, dal quale risulta che due componenti hanno espresso una valutazione dei fatti favorevole all’incolpato, proponendo l’applicazione della sanzione più lieve di quella effettivamente irrogata della pena pecuniaria).
Invero, pur nella censurabile condotta del dipendente, nella specie sussiste la violazione dell’articolo 15, Dpr 737/1981, attesa la illegittima composizione della commissione procedente composta e presieduta dalla Dirigente che ha formulato la proposta di applicazione della sanzione disciplinare poi irrogata, a nulla rilevando la mancata funzione giudicante della predetta Dirigente a fronte della espressa previsione normativa.
Tale vizio assume natura anche sostanziale poiché insinua un vulnus sulla composizione dell’organo tale da interferire con la genuinità della decisione collegiale che non deve essere condizionata dalla presenza di soggetto che avrebbe dovuto rimanere estraneo.
Si configura, pertanto, una invalidità dell’atto e la funzione che promana da quell’atto si atteggia come patologica, con evidente lesione dei principi di trasparenza e terzietà del giudizio. 

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