Il Tar boccia l'alt della Sovrintendenza alla piscina: basta con i «no» generici e immotivati
Per i giudici di Cagliari non basta ricorrere a «formule stereotipate» per bocciare un progetto
La motivazione del diniego dell'amministrazione non può fondarsi su una generica incompatibilità. Questa la motivazione con cui il Tar di Cagliari (sentenza N. 00677/2021) ha accolto il ricorso presentato dal proprietario di un terreno con casa davanti al parere negativo per la realizzazione di una piscina nella sua pertinenza.
La vicenda inizia nel marzo del 2017 quando il proprietario di un immobile a destinazione residenziale (situato all'interno di una zona tutelata paesaggisticamente e compresa nell'ambito del Piano di lottizzazione, da tempo approvato paesaggisticamente e interamente attuato) ottiene il permesso di costruire per la realizzazione di una piscina nell'area retrostante la propria abitazione. Durante la realizzazione delle opere, a causa della pendenza dell'area, emergono difficoltà esecutive che implicano la realizzazione del manufatto a una quota leggermente più elevata sul lato a valle rispetto a quanto previsto nel progetto approvato, per cui in data 28 agosto 2017 era stata presentata un'istanza di accertamento di conformità e compatibilità paesaggistica.
Alla richiesta non segue alcuna risposta, ma l'anno successivo, nel 2018, dal Comune arriva il provvedimento con cui si dispone la «rimessione in pristino dell'area occupata dalla piscina, a pena di acquisizione del sedime al patrimonio comunale». Il provvedimento viene impugnato davanti al Tar nel 2019. Il ricorso viene accolto e nel provvedimento si evidenzia che «l'ordinanza impugnata non era stata preceduta dalla notificazione all'interessato di alcun provvedimento di demolizione».
Quindi il proprietario presenta progetto di ripristino dello stato dei luoghi. In seguito di ulteriori approfondimenti tecnici, decide di optare per la «conservazione del manufatto, salvo demolizione della parte della piscina più vicina al confine» e per cui aveva presentato al Comune una nuova istanza di sanatoria edilizia e paesaggistica in cui si prevedeva un abbassamento della parete di contenimento a "valle" della piscina, nonché ulteriori interventi volti a migliorare l'inserimento della stessa nel contesto e a escluderne la percettibilità dalle visuali pubbliche.
La Soprintendenza di Sassari e Nuoro esprime parere negativo «evidenziando la preesistenza di opere non autorizzate». Non solo, l'ente evidenzia anche che «il fatto che già era stato espresso parere favorevole all'integrale demolizione del manufatto e che il mantenimento dello stesso comporterebbe "un forte impatto con alto grado di alterazione dello stato dei luoghi», a causa del «grave stravolgimento del declivio naturale ed eliminazione della vegetazione».
Anche l'amministrazione comunale, che inizialmente aveva espresso parere favorevole sull'istanza di accertamento di conformità, conclude «negativamente il procedimento di sanatoria con atto di diniego».
Per i giudici amministrativi la motivazione dell'impugnato parere della Soprintendenza «è sostanzialmente apparente, limitandosi a considerare il manufatto in sanatoria di «forte impatto» sullo stato dei luoghi senza, però, spiegare per quali concrete ragioni lo stesso risulti incompatibile con i valori (panoramici) tutelati dallo specifico vincolo paesaggistico di zona e senza alcun riferimento al grado di visibilità dalle vedute pubbliche di riferimento».
Per i giudici del Tar «ciò rende di per sé illegittima l'impugnata decisione negativa, non essendo sufficiente una motivazione del diniego fondata su una generica incompatibilità, non potendo l'Amministrazione limitare la sua valutazione al mero riferimento ad un pregiudizio ambientale, utilizzando espressioni vaghe e formule stereotipate». Per i giudici poi la «descritta lacuna motivazionale risulta ancora più grave alla luce delle caratteristiche specifiche del caso in esame, relativo a una zona ampiamente antropizzata e interessata da numerosi manufatti analoghi, nonché la sanatoria di una piscina sostanzialmente conforme, in termini di sagoma e di superficie (salvo il lieve abbassamento della quota a valle e la riduzione della superficie su uno dei lati), a precedente progetto già oggetto di parere positivo della stessa Soprintendenza, per cui non è dato comprendere con quale percorso logico la stessa abbia diametralmente modificato la propria valutazione».
Ricorso accolto, il Tar «condanna il ministero per i Beni e le Attività Culturali e il Turismo alla rifusione delle spese di lite in favore del ricorrente, liquidate in euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00), oltre agli accessori di legge e al contributo unificato».