Amministratori

Immobili abusivi, il trasferimento della proprietà al Comune non impedisce la demolizione

L'acquisizione del bene deve rendere più agevole l'abbattimento e non incrementare il patrimonio dell'ente

di Pietro Verna

L'effetto traslativo dell'opera edilizia abusiva al patrimonio comunale, previsto dall'articolo 31 del Dpr 380/2001, consegue ope legis in caso di inottemperanza all'ingiunzione a demolire e non costituisce impedimento tecnico-giuridico alla possibilità di eseguire l'ordine di demolizione, «in quanto il trasferimento dell'opera nella disponibilità dell'ente locale è esclusivamente preordinato a una sua più agevole demolizione e non, invece, a incrementare il patrimonio dell'ente locale con opere che contrastano con l'assetto urbanistico del territorio».
Lo ha stabilito la Corte di cassazione penale con la sentenza n. 11133/2021, che ha respinto il ricorso contro la pronuncia con cui la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Palermo, aveva dichiarato il costruttore di un immobile responsabile dei reati previsti dagli articoli 44 lettera c), 64 e 71, 65 e 95, 93 e 95, del Dpr 380/2001 e all'articolo 181 del Dlgs 42/2004 e concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena, subordinatamente alla demolizione delle opere abusive.

Cornice normativa
L' articolo 31 del Dpr 380/2001, omologo alla precedente disposizione prevista dall'articolo 7 della legge 47/1987 «Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia» prevede che:
• il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale ingiunge al proprietario e al responsabile dell'abuso edilizio la rimozione o la demolizione dell'intervento, con concessione di un termine di novanta giorni per adempiere;
• decorso inutilmente questo termine il bene e l'area di sedime sono acquisiti di diritto e gratuitamente al patrimonio del comune;
• l'accertamento dell'inottemperanza all'ingiunzione a demolire «costituisce titolo per l'immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari»;
• l'opera acquisita è demolita con apposita ordinanza, salvo che con deliberazione consiliare «non si dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici ed ambientali»;
• il giudice, con la sentenza di condanna, «ordina la demolizione delle opere stesse se ancora non sia stata altrimenti eseguita», salvo che non sia intervenuta la suindicata delibera.

La sentenza della Cassazione
I difensori dell'imputato avevano sostenuto che la Corte d'appello, «in maniera acritica e illogica, aveva confermato la subordinazione della concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, senza considerare [che] l'imputato non aveva la disponibilità dei beni perché acquisiti al patrimonio del Comune». Tesi che non ha colto nel segno. La Cassazione ha richiamato l'orientamento giurisprudenziale secondo cui, salvo che il comune abbia dichiarato l'esistenza di interessi pubblici prevalenti rispetto a quello del ripristino dell'assetto urbanistico violato, la subordinazione della sospensione condizionale della pena alla demolizione del manufatto abusivo non è impedita dall'eventuale acquisizione del manufatto al patrimonio comunale a seguito dell'inottemperanza all'ordinanza di demolizione (sentenza Cassazione n. 41051/2015). Sicché, a prescindere dall'acquisizione del bene al patrimonio comunale, «il soggetto condannato resta comunque il destinatario dell'ordine di demolizione, con conseguente onere da parte del medesimo di dare esecuzione, nelle forme di rito, all'ordine di demolizione a propria cure e spese» (sentenza Cassazione, n. 45703/2011).

Profili costituzionali
Nel senso indicato dalla Cassazione si è espressa anche la Corte costituzionale. Basta citare la sentenza n. 140/2018, che, nel dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2, comma 2, della legge della Regione Campania 22 giugno 2017, n. 19 (Misure di semplificazione e linee guida di supporto ai Comuni in materia di governo del territorio) che attribuiva alla giunta regionale la potestà di adottare linee guida per supportare gli enti locali nell'attuazione di misure alternative alla demolizione degli immobili abusivi, ha stabilito che «la demolizione degli immobili abusivi acquisiti al patrimonio del Comune […] costituisce un principio fondamentale della legislazione statale». Principio che i giudici costituzionali hanno riaffermato con la sentenza n. 86/2019: «la scelta operata dal legislatore statale di sanzionare le violazioni più gravi della normativa urbanistico-edilizia [impone] la rimozione dell'opera abusiva e, con essa, il ripristino dell'ordinato assetto del territorio».

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