Fisco e contabilità

Imposta regionale sulle emissioni sonore degli aerei, il tributo non va necessariamente costruito come un prelievo ambientale

Vincolo di scopo ma in senso ampio e improprio, ricondotto a una funzione meramente indennitaria

di Cosimo Brigida

Nell'introdurre l'Iresa (Imposta Regionale sulle Emissioni Sonore degli Aeromobili) le Regioni non devono necessariamente costruire il tributo su un modello di imposta ambientale in senso stretto, caratterizzato cioè da una diretta relazione tra prelievo e deterioramento ambientale assunto a presupposto della fattispecie tributaria. L'imposta può essere basata su un modello connotato sì da un vincolo di scopo ma in senso ampio e improprio, ricondotto a una funzione meramente indennitaria (di una quota percentuale del gettito) delle popolazioni abitanti nei territori aeroportuali interessati dal rumore nelle fasi di decollo e atterraggio.

Secondo quanto emerge dalla sentenza della Corte di cassazione n. 34228/2022, l'Iresa può configurarsi non come un'imposta (né tantomeno come una tassa in qualche modo segnata da corrispettività prestazionale) direttamente e immediatamente correlata all'attuazione di opere o servizi di tutela dell'ambiente, quanto piuttosto come un prelievo mirato all'ottenimento di un gettito la cui funzione ambientale deriva dalla sua capacità di incidere - aggravandone i costi - su attività (manovre aeree rumorose) ritenute dannose per l'ambiente e che, per detta ragione, devono essere penalizzate e indennizzate a favore dei cittadini che ne siano colpiti (da qui la natura extrafiscale della finalità).

Lo snodo cruciale della questione va individuato nel passaggio del tributo dalla fiscalità statale a quella regionale (Dlgs 6 maggio 2011 n. 68, articolo 8), con l'attribuzione, a decorrere dal 1° gennaio 2013, dell'imposta alle Regioni come «tributo proprio regionale» e non come «tributo regionale derivato», ovverosia un tributo statale con gettito riservato alle Regioni. Il trasferimento del potere impositivo in questione alle Regioni si spinge, per quanto concerne l'imposta sulle emissioni sonore degli aeromobili, fino alla possibilità di radicale soppressione del tributo a opera di queste ultime. Dal che si evince che, a decorrere dal 1° gennaio 2013, le Regioni hanno facoltà di istituire con legge regionale l'imposta sulle emissioni sonore degli aeromobili, provvedendo con piena discrezionalità alla individuazione del presupposto, dei soggetti passivi, alla graduazione delle aliquote, alle modalità di accertamento e riscossione, ferma restando l'aliquota massima che costituisce un limite obiettivo alla potestà impositiva dell'ente regionale.
L'imposta in esame, originariamente finalizzata a promuovere il disinquinamento acustico in relazione al traffico aereo, mantiene uno scopo specifico che comprende finalità attinenti alla tutela dell'ambiente, come dimostra la previsione della destinazione prioritaria del gettito verso determinati obiettivi ambientali. Tuttavia è evidente come il fine del disinquinamento acustico, di cui alla legge n. 342 del 2000, sia qualcosa di diverso dalle finalità «attinenti all'ambiente», laddove la prima espressione indica la necessità di modalità operative dirette a ridurre l'inquinamento da rumore, mentre le finalità attinenti all'ambiente sono espressione talmente generica da comprendere anche la sola destinazione del gettito all'indennizzo delle popolazioni contigue agli aeroporti; ragion per cui, divenendo un tributo proprio, le regioni possono stabilire gli elementi essenziali della fattispecie impositiva, nonché la destinazione del gettito fiscale secondo finalità e percentuali autonomamente determinate.

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