Personale

Incarichi ad personam, sull'assegno resta l'incognita: la Corte dei conti respinge il quesito

La Sezione centrale ha dichiarato la propria incompetenza in materia

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di Gianluca Bertagna e Davide d'Alfonso

La riconoscibilità o meno dell'assegno ad personam previsto dal terzo comma dell'articolo 110 del Dlgs 267/2000 agli incaricati che siano già dipendenti pubblici non attiene alla materia della contabilità pubblica. Con questa motivazione la Sezione delle Autonomie, con la deliberazione n. 5/2022, chiude il caso sollevato dalla Sezione regionale di controllo dell'Emilia-Romagna nel dicembre scorso.

La vicenda è di sicuro interesse. L'articolo 110, comma 3, del Tuel prevede la possibilità, per gli enti che ricorrono a quel genere di incarico dirigenziale o di responsabile di servizio a tempo determinato, di riconoscere, a integrazione del trattamento economico - che è regolato secondo il contratto - una indennità ad personam.

La fonte legale, in un passaggio che è oggetto del dubbio sollevato dai magistrati contabili della sezione remittente, ricollega tale attribuzione «alla specifica qualificazione professionale e culturale [del soggetto incaricato], anche in considerazione della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali».

In passato, la Sezione regionale della Basilicata, con deliberazione n. 69/2017, offrendo peraltro un'articolata disamina dell'istituto, aveva risolto lo specifico punto ritenendo che l'assegno ad personam non possa essere riconosciuto quando l'incaricato sia già dipendente pubblico: in questa particolare ipotesi, infatti, i parametri per la sua individuazione, ovvero la "temporaneità" del rapporto, indice della rischiosità della sua accettazione, e le "condizioni di mercato" non sono ontologicamente applicabili. Il dipendente pubblico, infatti, quando assume un incarico di questo tipo, è collocato in aspettativa, con diritto alla conservazione del posto.

La sezione emiliano-romagnola interviene sul tema, sollecitata da un Comune, e offre una lettura di segno opposto. Nella delibera n. 271/2021, infatti, ritiene che l'indennità possa essere attribuita anche a soggetti che sono già dipendenti pubblici, e che per la sua legittimazione e quantificazione sia sufficiente la connessione con le specifiche competenze professionali e con la peculiare qualificazione professionale e culturale del soggetto. Il termine "anche", centrale nella locuzione di fonte legale, che la sezione lucana aveva letto come sintomo di necessaria sommatoria di condizioni legittimanti, viene invece interpretato in questa sede come indice di una mera opportunità: di tenere conto, s'intende, dell'ulteriore criterio della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato.

I magistrati rilevano il contrasto interpretativo con la precedente pronuncia dei giudici lucani, e rinviano la delibera alle sezioni centrali, «al fine di stabilire sul piano soggettivo l'esatta latitudine dei soggetti che possono essere destinatari della indennità prevista dall'art. 110, comma 3, del Tuel».

A questo punto s'inserisce l'intervento della Sezione delle Autonomie. Ricostruito il perimetro esatto della funzione consultiva della Corte dei conti, ristretto alla materia della contabilità pubblica e dei riflessi che l'applicazione delle norme possono avere in quell'ambito, nonché attento a non determinare un'ingerenza in un'attività di amministrazione attiva dell'ente locale, la Sezione centrale dichiara la propria incompetenza per materia: «I quesiti relativi all'estensione dell'ambito soggettivo dell'indennità di cui al comma 3, art. 110 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, non attengono alla materia della contabilità pubblica ai sensi dell'articolo 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003, n. 131 e sono pertanto da considerarsi inammissibili sotto il profilo oggettivo».

Il dubbio permane, e occorre, eventualmente, l'intervento di altro interprete istituzionale, quale il Dipartimento per la Funzione pubblica.

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