Personale

Incarichi non autorizzati, spetta al dipendente girare il compenso alla Pa

Se il committente esterno ha già pagato è il lavoratore che deve riversare all'amministrazione quanto percepito

di Pietro Alessio Palumbo

La disciplina del pubblico impiego ha previsto che in caso di inosservanza del divieto di svolgimento di incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni svolte debba essere versato a cura dell'erogante o, in difetto, del dipendente stesso, alla amministrazione di appartenenza di quest'ultimo; per essere poi destinato al fondo di produttività o equivalenti. La Corte di cassazione con la sentenza n. 32899/2021 ha evidenziato che la normativa fa riferimento al compenso «dovuto» per le prestazioni. Pertanto il fatto che al lavoratore ci si debba rivolgere solo «in difetto» del pagamento del terzo, non vuol dire che esiste una sorta di beneficio di sequela per cui al lavoratore non si può chiedere il versamento se non dopo che sia stato chiesto all'ente esterno, bensì significa che ci si può rivolgere al lavoratore solo se il compenso gli è stato effettivamente pagato.

Chi si avvale delle prestazioni non autorizzate di dipendenti pubblici è sottoposto a una sanzione pecuniaria pari al doppio degli emolumenti sotto qualsiasi forma corrisposti. In questo contesto l'imposizione di un ulteriore obbligo di pagamento dei compensi nonostante la loro avvenuta corresponsione al dipendente determinerebbe una sorta di "bis in idem" e quindi un'ulteriore sanzione. E ciò non è coerente con la normativa. Non solo dunque non vi è alcun beneficio di escussione a favore del dipendente, ma qualora il compenso sia già stato pagato, ferma la sanzione a carico di chi abbia conferito o fruito dell'incarico, il dipendente è (e resta) l'unico obbligato al "travaso" del compenso al proprio datore di lavoro.

Questa dinamica trova conferma nelle disposizioni introdotte dalla legge anticorruzione del 2012 secondo cui l'omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti; e ciò a conferma che quell'obbligazione grava, se già adempiuto il pagamento del terzo, sul dipendente.

Per la Suprema Corte neppure è conferente in merito il proprio precedente del 2010 con cui aveva deciso circa la natura non disciplinare, per il lavoratore, degli obblighi di versamento del corrispettivo alla Pa; mentre l'affermazione in esso contenuta per cui il pagamento deve essere chiesto in prima battuta all'erogante, non esclude per nulla che, se quest'ultimo abbia già pagato il dipendente, solo quest'ultimo sia tenuto a versare gli importi al proprio datore di lavoro.

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