Fisco e contabilità

Investimenti record per i Comuni: si torna al picco del 2003-2004

Effetto Pnrr e Fondi Ue: in arrivo dieci miliardi in più in dieci anni. Ma i Comuni hanno oggi 130mila dipendenti in meno rispetto a venti anni fa

di Gianni Trovati

Dieci miliardi all’anno in più per i prossimi dieci anni. Che possono permettere agli investimenti dei Comuni di superare i picchi del 2003-2004, prima che la lunga stagione dei tagli comprimesse la spesa locale dando una mano non indifferente alla lunga stagnazione italiana. C’è un piccolo particolare, però: rispetto agli anni d’oro, i Comuni hanno oggi oltre 130mila dipendenti in meno, con una riduzione del 27%, e gli organici invecchiati nel tempo prospettano altre 50mila uscite nei prossimi 5 anni e 100mila nei prossimi 10. Il tutto mentre il nuovo regime delle assunzioni calcolate sulla “sostenibilità” finanziaria (chi ha i bilanci più in ordine può assumere di più) stenta a decollare.

I numeri, messi in fila dall’Ifel (l’Istituto per la finanza e l’economia locale dell’Anci) che ieri ha aperto a Roma la tre giorni della sua 11esima Conferenza nazionale, raccontano bene il bivio che si trova oggi di fronte la finanza pubblica locale italiana: in bilico fra una disponibilità di risorse che ha pochi precedenti nella storia recente e una crisi strutturale che rischia di far sfumare molte di queste opportunità.

La questione è molto concreta. Perché gli investimenti comunali significano strade, ristrutturazione di edifici pubblici, rigenerazione urbana dei quartieri, nuovi asili nido e scuole dell’infanzia ma anche nuovi servizi e digitalizzazione amministrativa. Tutti filoni che hanno un impatto diretto e subito percepibile sulla vita dei cittadini e delle imprese che costituiscono la comunità amministrata. Nel 2004 i Comuni spendevano in investimenti 16 miliardi all’anno; nel 2017-18, dopo la cura dei tagli orizzontali e poi del Patto di stabilità, la stessa voce si era praticamente dimezzata, scendendo poco sopra gli 8 miliardi annui. La discesa si è sovrapposta alla lunga gelata dell’economia italiana, con una coincidenza non casuale dal momento che i Comuni da soli coprono un quarto degli investimenti pubblici in opere.

Con l’abolizione del Patto di stabilità interno (governo Renzi) e la successiva stabilizzazione delle risorse, è iniziata la ripresa, che nel 2022 ha riportato gli investimenti effettivi dei Comuni a quota 11,5 miliardi di euro, con un recupero del 45% rispetto all’abisso di cinque anni prima come mostrano i dati offerti ieri dall’Ifel. La ripresa si è sviluppata a velocità diverse, con un Nord che è partito prima e ha corso a ritmi più consistenti, ma dall’anno scorso il segno + ha cominciato ad affacciarsi anche a Mezzogiorno. Risultato: il confronto 2017-22 mostra un +52% fra i Comuni del Nord, un +44% al Centro e un +35% al Sud. Ma il bello arriva ora. O, meglio, dovrebbe arrivare.

Certo, il Pnrr che domina il dibattito pubblico ha un ruolo chiave anche per i conti comunali, con i suoi 40 miliardi di euro destinati ai sindaci. Ma non c’è solo lui: pronti da spendere ci sono 10,4 miliardi di fondi strutturali 2021-27, 10 miliardi di fondi di sviluppo e coesione, 11 miliardi ancora disponibili della vecchia programmazione e altre risorse che compongono un totale da 73,9 miliardi. Con una geografia molto orientata a Sud, dove però ci sono anche i panorami più desolati fra conti ordinari in affanno e organici al lumicino (articolo nella pagina a fianco).

Al centro di questo incrocio pericoloso c’è però proprio il Pnrr, a differenza degli altri fondi scandito dalla griglia rigida di obiettivi e risultati che investe direttamente i Comuni. Nei calcoli della Ragioneria generale, presentati sempre ieri, i sindaci sono direttamente interessati da 6 fra milestones e target quest’anno e 67 obiettivi nel corso del piano, a cui si aggiungono 80 scadenze nazionali. Ogni trimestre, poi, sono interessati da milestones o target migliaia di singoli progetti, fino al picco di 24.210 a fine 2023. Numeri imponenti, che si spiegano con il fatto che sono 5.708, cioè il 72,2% del totale, i Comuni soggetti attuatori di almeno un progetto del Pnrr: che quindi proprio in Comune gioca una fetta rilevante delle probabilità di successo complessivo.

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