L’allarme degli urbanisti sul «Salva Milano»: dal provvedimento effetti pericolosi e non risolutivi
Ampliare la ristrutturazione edilizia, spiega il presidente dell’Inu Michele Talia, sottrae le trasformazioni agli strumenti urbanistici attuativi e ridimensiona il potere di indirizzo e discussione sui cambiamenti della città
«Confusione e incertezza normativa, nonché effetti dannosi e potenzialmente irreversibili nel governo pubblico della rigenerazione urbana nel nostro Paese»: il presidente dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, Michele Talia, descrive così le conseguenze dell’eventuale approvazione del disegno di legge 1987, il cosiddetto “Salva Milano”, nella forma in cui ha avuto il via libera della Camera ed è ora in discussione al Senato. Per Talia si tratterebbe di «un altro pericoloso passo in direzione dell’esproprio delle prerogative dell’urbanistica - che è soggetta come è noto a legislazione concorrente tra lo Stato e le Regioni - a vantaggio della regolamentazione dell’edilizia che il ddl riafferma come di competenza esclusiva dello Stato». Infatti «ampliare ulteriormente il concetto di ristrutturazione edilizia, come fa il testo in questione, al fine di sottrarla alla verifica per legge dell’obbligo del ricorso alla strumentazione urbanistica attuativa comporta un’ulteriore contrazione del potere di indirizzo e di discussione delle comunità urbane sui cambiamenti della città. Con il deprecabile effetto di mantenere in capo alle amministrazioni locali un semplice controllo burocratico sugli interventi edilizi, e di favorire un ricorso crescente a titoli abilitativi sempre più semplificati e autocertificati».
Il presidente dell’Inu critica inoltre uno degli effetti più significativi del “Salva Milano”, quello cioè di «favorire l’impiego di titoli abilitativi a carattere automatico, ma senza i dovuti oneri e, soprattutto, senza l’obbligo di provvedere alla offerta degli standard (almeno di quelli minimi previsti dal DI 1444/68). Non solo; dal momento che il provvedimento in questione riconduce il dimensionamento e il controllo delle dotazioni urbanistiche alle disposizioni contenute nella legge regionale (e dunque ad una “interpretazione” non più condizionata dal DI 1444!) e nel piano comunale (di cui non si richiede l’assoggettamento alla Valutazione Ambientale Strategica al fine di verificare se le trasformazioni previste sono tali da comportare una significativa alterazione dei carichi insediativi già previsti nel piano vigente), si manifesta il pericolo di ulteriori conflitti di competenze tra differenti livelli di governo oltre a quelli già segnalati, e si evidenzia il rischio di un drastico indebolimento delle garanzie finora vigenti nell’offerta di servizi al cittadino».
A fronte di queste preoccupanti criticità Talia ritiene che «sia necessario un radicale cambio di rotta, intraprendendo un percorso riformatore che risulti coerente con i contenuti della proposta di una nuova legge nazionale di principi del governo del territorio che l’Inu ha presentato al Senato il 16 luglio 2024. Le garanzie già presenti nel nostro ordinamento per il bilanciamento e la composizione degli interessi pubblici e privati che oggi sono messe in discussione non devono essere accantonate, ma al contrario possono essere innovate e reinterpretate all’interno di un nuovo quadro organico, e appunto di una nuova riforma urbanistica». Di un nuovo disegno, cioè, che si proponga di conseguire obiettivi ambiziosi e al passo con le esigenze della fase storica attuale, «quali ad esempio la convergenza tra il contenimento del consumo di suolo e la rigenerazione della città esistente, o ancora la ricerca di strumenti atti a promuovere contestualmente la transizione delle dotazioni urbanistiche in Livelli Essenziali delle Prestazioni (Lep) del governo del territorio, che si rivelerebbero decisivi nel ridurre le gravi asimmetrie tra la richiesta di una crescente autonomia da parte dei poteri locali e una tutela sostanziale dei diritti fondamentali dei cittadini e del territorio».