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La Corte dei conti detta la linea sul nuovo regime per le assunzioni degli enti locali

La Sezione del Veneto prosegue sulla stessa lunghezza d'onda della Sezione Campania<a uuid="" channel="" url="https://i2.res.24o.it/pdf2010/Editrice/ILSOLE24ORE/QUOTIDIANI_VERTICALI/Online/_Oggetti_Embedded/Documenti/2020/07/28/Cor_con_campania_97_2020.pdf" target=""/>

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di Luciano Cimbolini

La Corte dei conti continua nell'azione di interpretazione del nuovo regime assunzionale degli enti locali delineato con il decreto ministeriale 17 marzo 2020 e con la circolare applicativa del ministero dell'Interno (si veda Enti locali & edilizia 30 luglio) .

Con la delibera n. 104/2020, la Sezione controllo del Veneto prosegue sulla stessa lunghezza d'onda della Sezione Campania (delibera n. 97/2020), ma con qualche richiamo più specifico alla necessaria valutazione delle politiche assunzionali in relazione agli equilibri pluriennali di bilancio, quanto mai opportuno in un anno come questo, pieno di incognite per la tenuta dei conti pubblici locali a causa dell'emergenza Covid-19.

Anche in questo caso la materia del contendere è la vigenza o meno dell'articolo 11-bis del decreto legge 135/2018 che consente ai Comuni privi di dirigenza sia di non considerare nel limite al trattamento accessorio previsto dall'articolo 23 del decreto legislativo 75/2017 gli aumenti della retribuzione dei titolari di posizione organizzativa in base all'articolo 15 del contratto del 21 maggio 2018, sia di finanziare questi aumenti con un'equivalente riduzione degli spazi assunzionali assegnati agli enti dall'ordinamento.

La Sezione Veneto ha ribadito la vigenza dell'articolo 11-bis, però con un particolare richiamo alla verifica della sostenibilità finanziaria e alla sottoposizione di questi incrementi di spesa ai limiti generali per la spesa di personale previsti dall'articolo 1, commi 557 e 562 della legge 296/2006.

Vediamo ora di fare un sintetico riepilogo di quanto emerso, sino ad ora, nella interpretazione di alcuni passaggi critici del nuovo regime assunzionale previsto dall'articolo 33 del decreto legge 34/2019, come attuato dal decreto ministeriale del 17 marzo 2020.

Il dato normativo ci dice che il rendiconto 2018 è il punto di partenza per individuare sia il valore pro capite del trattamento accessorio che farà da riferimento e da limite per i successivi aumenti del fondo per il trattamento accessorio stesso in applicazione del nuovo regime assunzionale, sia il valore assoluto di partenza della spesa di personale che è possibile aumentare, in sede di prima applicazione, per gli enti virtuosi secondo il parametro del rapporto fra spese di personale ed entrate correnti (valori soglia) individuato dall'articolo 4 del decreto ministeriale 17 marzo 2020.

Di conseguenza un ente che, a oggi, risulti virtuoso poiché ha un rapporto fra spese di personale ed entrate correnti inferiore al valore soglia previsto dal richiamato articolo 4, potrà aumentare, nel 2020, la spesa di personale applicando alla spesa registrata nel 2018 la percentuale di incremento indicata nell'articolo 5 per la sua fascia demografica.
Per fare un esempio, un Comune virtuoso di 1.500 abitanti con una spesa di personale di 100.000 euro nel 2018, avrà una capacità assunzionale massima nel 2020 (al netto di eventuali resti) di 23.000 (cioè + 23% rispetto alla spesa registrata nel 2018). Questa dimensione monetaria dello spazio assunzionale sarà realmente fruibile, però, solo e nella misura in cui sia compatibile con gli equilibri e la sostenibilità pluriennale di bilancio e sia coerente con il piano triennale dei fabbisogni.

Essendo possibile quantificare una capacità assunzionale in termini assoluti, nulla impedisce, sotto il profilo tecnico, l'applicazione dello "scambio" fra questa e l'aumento del valore delle posizioni organizzative previsto dall'articolo 11-bis del decreto legge 135/2018. La stessa cosa si può dire sia per gli enti che si collocano fra la soglia di virtuosità e quella di non virtuosità (articolo 6, comma 3, del decreto 17 marzo 2020), che non possono incrementare il rapporto fra spese di personale ed entrate correnti registrato nell'ultimo rendiconto, sia per gli enti non virtuosi (articolo 6, commi 1 e 2) poiché, anche in questi casi, seppur con qualche difficoltà concettuale e tecnica in più, si può arrivare a un valore assoluto, in termini monetari, delle capacità assunzionali.

Per quanto concerne il limite al trattamento accessorio (comprensivo delle posizioni organizzative, fuori fondo per tutti gli enti dopo il contratto del 21 maggio 2018) previsto dall'articolo 23 del decreto legislativo 75/2017, la Corte afferma chiaramente che il valore medio pro capite 2018 diventa metro e vincolo per adeguare il fondo ai futuri aumenti di personale e che, tuttavia, non si potrà scendere sotto il limite del fondo del 2016, anche qualora vi siano delle diminuzioni del personale in servizio.
Ne possono derivare due situazione in relazione al valore pro capite 2018.

Gli enti che si avvalgano della facoltà di "scambiare" l'aumento di valore delle posizioni organizzative con la rinuncia a facoltà assunzionali, potrebbero vedere, a parità di altri fattori, un aumento il valore pro capite del trattamento accessorio 2018 (comprensivo delle posizioni organizzative). Lo stesso aumento del valore pro capite potrebbe capitare, di converso, a quegli enti che vedano diminuire il proprio personale in servizio rispetto al 2018, tenuto conto del fatto che il valore monetario assoluto del fondo comunque non può scendere sotto il dato del 2016.

Su questi aspetti, con ogni probabilità, la magistratura contabile sarà chiamata a nuovi interventi.

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