Fisco e contabilità

La nuova proroga ai balneari fa slittare il Ddl concorrenza

Verso l’allungamento delle concessioni ma con data certa. Scontro M5S-Lega su una proposta dei relatori che apriva a conferme senza termine. Salta il blitz sulla gestione dei rifiuti

di Carmine Fotina

Si sapeva che sarebbe stato l’ultimo nodo da sciogliere ed anche il più complicato. Sulle concessioni degli stabilimenti balneari ieri si è arenato il lavoro della commissione Industria del Senato sul disegno di legge per la concorrenza. Un’ipotesi di emendamento dei relatori (Stefano Collina del Pd e Paolo Ripamonti della Lega) è apparsa da subito in salita ed è stato necessario spostare il confronto direttamente alla presidenza del Consiglio, con il sottosegretario Roberto Garofoli e il ministro del Turismo Massimo Garavaglia, per cercare di venirne a capo.

Il risultato comunque, sulla tabella di marcia del Ddl, è un ulteriore ritardo. L’inizio delle votazioni, previsto per ieri sera, è infatti slittato ancora e a questo punto il provvedimento non approderà in Aula in questa settimana, ma solo la prossima. Alla fine, sui balneari, si è capito che la proroga di fatto, praticamente senza data di termine, apparsa in un testo dei relatori è impraticabile. Per fronteggiare eventuali rilievi della Commissione europea serve un testo decisamente più realistico. Da ieri sera sono ripresi i confronti interni ai partiti per arrivare al via libera alla riformulazione. I Cinque Stelle, seppure con sfumature interne, restano i più critici su nuove proroghe.

Nelle settimane scorse il governo aveva lavorato a una fase di transizione di ulteriori due anni rispetto al termine che il Ddl fissa per la fine del 2023, quindi fino al 31 dicembre 2025. A questo si è sovrapposta una proposta a firma dei relatori che rappresenterebbe potenzialmente un allungamento senza termine. Perché le gare scatterebbero «all’esito della mappatura» delle concessioni pubbliche (tutte, non solo quelle balneari) prevista dal testo originario del disegno di legge. Ma una data per ultimare la mappatura non c’è, per questo è impossibile allo stato stabilire da quando decorrerebbero i cinque anni. Il Ddl infatti stabilisce soltanto, all’articolo 2, che entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge dovrà essere emanato un decreto legislativo «per la costituzione e il coordinamento di un sistema informativo di rilevazione delle concessioni di beni pubblici al fine di promuovere la massima pubblicità e trasparenza, anche in forma sintetica, dei principali dati e delle informazioni relativi a tutti i rapporti concessori». Il Dlgs deve rispettare una serie di criteri, tra i quali l’identificazione dei destinatari degli obblighi di comunicazione sulle concessioni. In altre parole, il Dlgs deve definire lo strumento con cui effettuare la mappatura ma non contenerla. Ma l’emendamento va anche oltre. E stabilisce che fino alla data imprecisata per l’avvio delle gare e al rilascio di un nuovo titolo concessorio, l’occupazione delle aree demaniali da parte degli attuali concessionari «non è considerata abusiva».

Il Movimento 5 Stelle è uscito allo scoperto con una dichiarazione dei deputati della commissione Politiche Ue della Camera, contrari a qualsiasi ulteriore proroga. I grillini attribuiscono ai leghisti la paternità del blitz. «La Lega vuole mandare l’Italia in infrazione e perdere i soldi del Next Generation Eu per garantire i privilegi della lobby dei balneari» dice Francesco Berti, capogruppo M5S nella commissione. I 5 Stelle definiscono poi «ridicolo» il comma dell’emendamento che delegherebbe il governo a esercitare una sorta di «golden power» sulle spiagge, «un diritto di riserva in caso di minaccia all’interesse nazionale da parte di soggetti interessati all’acquisizione del bene». Ripamonti, relatore leghista del provvedimento, ha risposto parlando di «chiacchiere a vuoto di chi cerca solo polemiche».

Si è risolta invece senza colpi di mano la contesa sull’articolo 12 relativa alla gestione dei rifiuti. Nei giorni scorsi si erano concretizzati emendamenti che puntavano a eliminare la privativa dei Comuni dal ciclo integrato dei rifiuti urbani, separando raccolta da smaltimento e recupero da mettere a mercato. Una proposta su cui anche il governo è apparso diviso, con pareri contrastanti del ministero della Transizione ecologica e del Dagl (dipartimento affari giuridici e legislativi di Palazzo Chigi). Ne è scaturita la sollevazione dell’Anci, l’associazione dei Comuni, e dei sindacati e alla fine la maggioranza si è accordata per lasciare il testo immutato, senza modifiche.

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