Urbanistica

La presenza della perequazione urbanistica e l'avvento della rigenerazione urbana

Due innovazioni che segnano l'evoluzione degli ordinamenti legislativi e dei piani comunali

di Stefano Stanghellini

L'evoluzione degli ordinamenti legislativi regionali è analizzata assumendo, quali criteri interpretativi, l'introduzione del principio perequativo e dei collegati istituti compensativi e premiali, ed il passaggio dall'obiettivo del recupero e della riqualificazione a quello della rigenerazione.

Qualora si passi in rassegna il quadro legislativo delle Regioni assumendo il particolare angolo di lettura della perequazione urbanistica e della rigenerazione urbana, ci si accorge che perequazione e rigenerazione sono una sorta di parole chiave in grado di rappresentare, attraverso la classificazione, l'evoluzione delle legislazioni regionali, facendo di conseguenza risaltare la dinamicità ovvero la staticità dell'azione dei governi regionali rispetto alle sfide poste dal cambiamento delle condizioni economiche, ambientali e sociali. È noto come la perequazione urbanistica, nella perdurante assenza di una legge nazionale di riforma del regime immobiliare, sia stata proposta dall'INU alla metà degli '90 per consentire al piano comunale di realizzare un regime immobiliare equo per i proprietari dei suoli urbani e nello stesso tempo funzionale alla realizzazione delle previsioni dei piani, sia pubbliche che private. La perequazione era proposta all'interno di un organico progetto riformista che si prefiggeva di sostituire la pianificazione gerarchico-piramidale con la pianificazione cooperativa, e l'onnicomprensivo piano regolatore con un piano caratterizzato dalla distinzione fra contenuti strutturati e contenuti operativi.

La perequazione urbanistica è dunque divenuta un principio riconosciuto e reso operativo dalle leggi regionali che hanno riformato il proprio sistema di pianificazione. Molto corposo è infatti il numero delle Regioni che hanno recepito le innovazioni elaborate negli anni '90 dalla cultura urbanistica fra cui appunto la perequazione. A ben vedere, all'interno di questo raggruppamento potremmo distinguere tre sottogruppi. Il principale è quello delle Regioni che hanno realizzato a livello locale, con tempestività, il nuovo sistema di pianificazione inserendovi la perequazione e la compensazione urbanistica (Umbria l. 31/1997, 11/2005 e 1/2015, Emilia-Romagna l. 20/2000, Puglia l. 20/2001, Veneto l. 11/2004, Lombardia l. 12/2005, Toscana l. 1/2005 e 65/2014) o comunque hanno accetto il principio perequativo (Provincia di Trento l. 1/2008 poi l. 15/2015).

Si possono collocare in un sottogruppo a parte le Regioni che hanno sì innovato in tutto o in parte il proprio quadro legislativo, ma in cui le innovazioni sono rimaste sulla carta non essendo riusciti, i governi regionali e locali, ad innescare processi di nuova pianificazione rispondenti alle iniziali aspettative (Basilicata l. 23/1999, Lazio l. 38/1999, Calabria l. 19/2002, Campania l. 16/2004). Diversa è infine la situazione delle Regioni in cui, a causa di un ritardato accoglimento, le innovazioni non hanno ancora prodotto risultati apprezzabili (Marche l. 22/2011, Piemonte l. 3/2013, Liguria l. 11/2015, Abruzzo l. 39/2020). Vi sono infatti Regioni che per lungo tempo non si sono poste il problema del regime immobiliare, e quindi delle difficoltà attuative del piano di tradizione soprattutto per quanto riguarda le previsioni pubbliche affidate allo strumento espropriativo. In queste regioni la legislazione urbanistica non ha prospettato per lungo tempo - e talvolta non prospetta nemmeno oggi - la possibilità di ricorrere alla perequazione. Non a caso si tratta di quadri legislativi datati, il cui impianto risale agli anni '70 e '80. La Regione Abruzzo, ad esempio, solo di recente ha riformato la legge 18/1983 sulla tutela e trasformazione del territorio. Il sistema di pianificazione vigente in Sardegna è tuttora disciplinato dalla legge 45/1989.

In tutte le Regioni la perequazione è definita e disciplinata con modalità similari: l'equità nell'attribuzione ai suoli delle potenzialità edificatorie e nella socializzazione di quota parte dei benefici generati dalla valorizzazione fondiaria. Merita rilevare che essa, grazie alla separazione della titolarità dei "diritti edificatori" dalla proprietà del terreno, è diventata la piattaforma concettuale su cui si sono innestate le specifiche innovazioni rappresentate dai diritti edificatori o crediti edilizi di origine compensativa (Veneto l. 11/2004, Lombardia l. 12/2005, Umbria l. 1/2015, Provincia di Trento l. 1/2008 poi l. 15/2015, nel 2011 integrazione dell'art. 2643 C.C. con la trascrivibilità dei contratti inerenti i diritti edificatori). E' importante evidenziare che la perequazione e la compensazione consentono di porre in atto strategie utili per realizzare politiche di rigenerazione urbana o ambientale attraverso il trasferimento dei diritti edificatori.

Quanto alla rigenerazione, è acquisito come questo concetto si sia affermato nel corso dell'ultimo decennio quale evoluzione multidimensionale del recupero, della trasformazione e della riqualificazione, entrati nell'urbanistica degli anni '80 e '90 chiamata ad intervenire sui processi di obsolescenza e degrado di parti di città. Mentre l'imperativo del recupero urbano, fatto proprio dal legislatore nazionale con la legge 457/1978, è stato perseguito ovunque con i piani di recupero, lo stesso non è avvenuto quando si è trattato di impostare la trasformazione e la riqualificazione: i programmi integrati di intervento della legge 179/1992 non hanno trovato l'unanime adesione delle Regioni e la successiva sperimentazione ministeriale dei programmi di riqualificazione nelle loro varie declinazioni ha influenzato le legislazioni regionali in modo disomogeneo.

Cosicché gli approcci concettuali ed i connessi strumenti non si sono innestati ovunque nei quadri regionali, e comunque, quando ciò è avvenuto, le modalità hanno assunto specifiche connotazioni in ogni Regione. Si veda, ad esempio, il caso dei PII nel Lazio (l. 22/1997), dei PRU in Emilia-Romagna (l. 19/1998), dei PIRUeA in Veneto (l. 23/1999), dei PII in Lombardia (l. 9/1999), e via dicendo. Gli elementi condizionanti le procedure di formazione ed i contenuti dei programmi ispirati dalla legge 179/1992 attengono alla interpretazione del rapporto tra piano e mercato, tra ordinarietà e straordinarietà, tra pubblico e privato, data dai diversi governi regionali.

La crisi del mercato immobiliare manifestatasi negli anni 2008-2009 e poi, contravvenendo alla regola dell'andamento ciclico del mercato, riacutizzatasi nel 2012, ha bloccato i progetti di investimento e sconvolto il mondo dell'imprenditoria immobiliare. Prima dell'insorgere della pandemia gli investimenti nei progetti di rango urbano si erano riattivati solo a Milano e in alcune altre pregiate località. Nella gran parte delle città la gestione urbanistica si trovava ancora ad affrontare i problemi posti da aree edificabili non più attuabili e da aree degradate ancor più difficili da riqualificare.

L'accresciuta consapevolezza collettiva sulla necessità di uno sviluppo urbano sostenibile ed il contestuale indebolimento della prospettive di valorizzazione fondiaria, negli anni più recenti hanno generalizzato il convincimento che l'unico scenario prospettico perseguibile fosse quello della rigenerazione urbana da associare al contestuale obiettivo di limitare il consumo di territorio. La rigenerazione urbana per un verso conserva la connotazione urbanistica della stagione della riqualificazione, per l'altro ne dilata il raggio d'azione alle politiche sociali, economiche, ecologiche, fiscali.

In alcune Regioni ciò è avvenuto attraverso l'integrazione del quadro legislativo già riformato a cavallo del 2000, poiché evidentemente il sistema di pianificazione allora definito era ritenuto soddisfacente sotto più profili ed in grado di accogliere gli adeguamenti resi necessari dalle mutate esigenze. Questa linea d'azione, intrapresa dalla Regione Puglia già con la legge 21/2008, è poi stata seguita da numerose altre Regioni (Toscana l. 91/2016, Lombardia l. 18/2019, Veneto l. 14/2017 e 14/2019).

Altre Regioni hanno invece risposto alle nuove esigenze introducendo specifiche modifiche in un quadro legislativo che era rimasto ancorato alle originarie impostazioni (Piemonte l. 3/2013 e 16/2018, Abruzzo l. 39/2020) o che comunque necessitava di essere revisionato (Lazio l. 7/2017, Provincia di Bolzano l. 9/2018). Da segnalare il caso della Sicilia, che con la recente legge in materia di governo del territorio (l. 19/2020) ha ovviato ad una lunga inerzia: la rigenerazione urbana, sostenuta dalle procedure e dagli strumenti che si ritengono essere funzionali al suo perseguimento, figura fra i principali obiettivi della rinnovata pianificazione insieme a quello del contrasto del consumo di territorio. La legge colma il ritardo accumulato anche riguardo alla perequazione e compensazione urbanistica, ora presenti anche nell'ordinamento siciliano.

Si distingue da tutti il caso dell'Emilia-Romagna in cui il riconoscimento delle nuove priorità è divenuto l'occasione propizia per rimpiazzare un sistema di pianificazione di macchinosa formazione con un sistema di nuovo impianto, in cui la rigenerazione del territorio urbanizzato fosse strettamente connessa alla limitazione del consumo di suolo per mezzo di dispositivi incentivanti ovvero limitanti (Emilia-Romagna l. 24/2017).

DOSSIER URBANISTICA. Le 21 leggi regionali a confronto, con testi aggiornati, i commenti degli esperti e le schede di sintesi

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©