Personale

La progressione non anticipa la firma finale dell’integrativo

Retroattività possibile solo dal 1° gennaio dell'anno della stipula

di Gianfranco Rucco

Sull’attuazione dell’istituto della progressione economica orizzontale, presso gli enti locali si sta riscontrando una situazione che determina problemi non secondari nella corretta applicazione della disciplina contrattuale collettiva nazionale.

Accade infatti che l’ipotesi di contratto integrativo sia definita verso la fine del primo anno del triennio, finanziando le progressioni economiche orizzontali per tale anno e contabilizzando le relative risorse entro l’anno stesso, ma la sottoscrizione definitiva del contratto integrativo intervenga solo nel corso dell’anno successivo.

In relazione alle progressioni economiche orizzontali, stante l’articolo 16, comma 7 del contratto nazionale del 21 maggio 2018, in base al quale «l’attribuzione della progressione economica orizzontale non può avere decorrenza anteriore al 1° gennaio dell’anno nel quale viene sottoscritto il contratto integrativo che prevede l’attivazione dell’istituto, con la previsione delle necessarie risorse finanziarie», alcuni si domandano se sia possibile, in forza dell’ipotesi definita nel primo anno del triennio e della copertura finanziaria lì prevista, attribuire le progressioni economiche orizzontali dal 1° gennaio di quell’anno.

È necessario chiarire quale sia il momento genetico del contratto collettivo, sia nazionale sia integrativo, nel sistema della contrattazione collettiva propria del lavoro pubblico privatizzato. In proposito occorre osservare che non soccorre pienamente, nella fattispecie, l’articolo 1326 del Codice civile, che costituisce il paradigma normativo della conclusione del contratto nell’ordinamento civilistico e che in tale ordinamento è riferibile anche ai contratti collettivi di lavoro, in base al quale «il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell’accettazione dell'altra parte». Nel caso della contrattazione collettiva di lavoro disciplinata dal Dlgs 165/2001, in ragione dei suoi profili di specialità, alla conclusione delle trattative, prima che la parte pubblica risulti giuridicamente nella condizione di sottoscrivere il contratto collettivo quale fonte delle obbligazioni da esso scaturenti, è necessario che sia stato positivamente esperito l’iter autorizzatorio. L’ipotesi di contratto sottoscritta dalle parti ne costituisce il presupposto, ma non ha alcuna efficacia giuridica non essendo il contratto ancora venuto a esistenza. A ulteriore conferma di questa ricostruzione, l’articolo 40, comma 4 del Dlgs 165/2001 spiega che «le pubbliche amministrazioni adempiono agli obblighi assunti con i contratti collettivi nazionali o integrativi dalla data della sottoscrizione definitiva e ne assicurano l’osservanza nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti». Così esplicitamente confermando nella «sottoscrizione definitiva» il momento genetico del contratto. In questa prospettiva deve essere correttamente interpretata la disciplina dell’articolo 16, comma 7 del contratto nazionale del 21 maggio 2018. Poiché essa non consente interpretazioni contra litteram, è necessario evitare il verificarsi di situazioni come quella in esame. Al riguardo si ritiene opportuno far presente che la prassi del tardivo avvio in corso d'anno delle trattative per il rinnovo del contratto integrativo e la sua sottoscrizione definitiva nell’anno successivo, oltre a non risultare rispondente al sistema negoziale configurato dalla disciplina legislativa e contrattuale, non consente neppure, intervenendo a esercizio concluso, di attuare una corretta programmazione e gestione delle risorse finanziarie e umane.

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