La tassa di soggiorno può finanziare i servizi pubblici
L'imposta di soggiorno può essere commisurata alla categoria di alberghi e, quindi, in base alle stelle attribuite, indipendentemente dai prezzi applicati. E può finanziare servizi pubblici che siano fruiti anche dai turisti, anche se non sono rivolti esclusivamente a loro. L’indicazione emerge dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 6644/2018.
La destinazione del gettito
Il gettito derivante dall'imposta di soggiorno può finanziare, spiega la decisione, i servizi pubblici locali fruibili anche dai turisti. Il vincolo di destinazione del gettito previsto dalla norma non si riferisce ai servizi pubblici locali rivolti in via esclusiva ai turisti; l'espressione «relativi servizi pubblici locali», contenuta nell'articolo 4 del Dlgs n. 23 del 2011, laddove riferita ai beni culturali, può comunque essere intesa per tutti i servizi pubblici locali offerti alla collettività. L'imposta di soggiorno per i non residenti si giustifica per via dell'aggravio di spesa per tali servizi derivanti dall'afflusso e dal soggiorno di popolazione non residente.
Sempre in base all’articolo 4 del Dlgs n. 23 del 2011 l'imposta colpisce il «soggiorno», a prescindere dal titolo per cui esso avviene. La finalità dell'imposta di soggiorno è quella di fare concorrere agli oneri sostenuti dalle amministrazioni pubbliche le persone che pernottano in strutture ricettive non solo per finalità turistiche, ma anche per ragioni di lavoro (sebbene la distinzione tra le due categorie sia stata adottata da alcune amministrazioni locali).
Il criterio di imposizione
Per il resto, la sentenza conferma la possibilità di modulare l’imposta di soggiorno in base alle «stelle» assegnate alla struttura ricettiva. Questa impostazione non tiene conto del dato di comune esperienza secondo cui non sempre a una classificazione superiore della struttura alberghiera corrisponde una tariffa superiore, e del resto spesso alberghi con un minor numero di stelle praticano prezzi superiori rispetto ad alberghi con un maggior numero di stelle a seconda dell'ubicazione. Secondo la sentenza, per il rispetto del criterio della gradualità in proporzione al prezzo del soggiorno non si può pretendere una rigida corrispondenza tra prezzi praticati dalla singola struttura alberghiera e importo dell'imposta di soggiorno. Risulta evidente che a una maggiore qualità della struttura e dei servizi ricettivi offerti, certificata in base al sistema ufficiale di classificazione, corrisponda tendenzialmente una tariffa di soggiorno maggiore per la clientela.
La sentenza del Consiglio di Stato n. 6644/2018