Appalti

La violazione del termine di aggiudicazione del Dl Semplificazioni non rende illegittimi gli atti

Ma incide sulla eventuale responsabilità del Rup in caso di scelta della procedura determinata da intenti dilatori

di Stefano Usai

La violazione dei termini di aggiudicazione, imposti dal Dl 76/2020 come convertito con legge 120/2020, non può comportare l'illegittimità degli atti di gara incidendo unicamente sulla eventuale responsabilità del Rup.
È questa la sintesi della sentenza del Tar Sicilia n. 1536/2021.

La vicenda
Il giudice ha affrontato una serie di censure afferenti un appalto per l'affidamento del servizio «di ripristino delle condizioni di sicurezza e viabilità della sede stradale e delle sue pertinenze interessate da sinistri».
In particolare, una prima questione di estrema attualità, è la sostenuta illegittimità degli atti di gara per non aver, la stazione appaltante, utilizzato la procedura dell'affidamento diretto «emergenziale», previsto nell'articolo 1, comma 2, lettera a) della legge 120/2020 ma piuttosto la procedura aperta (articolo 60 Dlgs 50/2016) senza addurre alcuna motivazione.
Ulteriori questioni sollevate hanno riguardato la violazione dei termini di aggiudicazione come previsti dalla legge 120/2020 e l'incompatibilità del Rup anche membro della commissione di gara.
Il giudice, come si vedrà, ha respinto ogni ordine di censura.

La procedura ordinaria in luogo dell'affidamento diretto
Il giudice ha chiarito che la previsione delle procedure ultra semplificate, come previsto nei recenti provvedimenti emergenziali (legge 120/2020) non ha impedito affatto l'utilizzo delle procedure aperte, né che questa scelta debba avere una adeguata motivazione che, evidentemente, inciderà solo sotto il profilo interno della responsabilità del Rup in caso di ritardata aggiudicazione.
La sentenza ha poi specificato come i provvedimenti emergenziali prevedano le fattispecie semplificate collegandole «al fine di incentivare gli investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture e dei servizi pubblici, nonché al fine di far fronte a le ricadute negative dell'emergenza Covid».
Nell'appalto del ricorso, un servizio di ripristino stradale, non sono emersi investimenti pubblici «tanto che la gara non prevede costi per l'amministrazione; non afferisce al settore delle "infrastrutture e dei servizi pubblici" e non ha alcun impatto sulle ricadute delle emergenza Covid».
In ogni caso, il Tar ha puntualizzato che le recenti disposizioni non revocano né sospendono la disciplina ordinaria, né il legislatore «ha inteso conculcare la scelta delle amministrazioni pubbliche, (…) di operare mediante la disciplina ordinaria dell'evidenza pubblica con gare aperte in luogo dell'affidamento diretto». Il Tribunale amministrativo ha citato anche le riflessioni espresse dall'Anac prima dell'approvazione della legge di conversione evidenziando che, «sebbene l'articolo 1 del Dl non abbia fatto salva la richiamata facoltà, la perdurante applicabilità dei principi previsti dal comma 1 dell'articolo 30 induce a ritenere che il regime in deroga non abbia privato, pur nella situazione eccezionale creatasi a seguito delle misure di contenimento e dell'emergenza sanitaria globale, le stazioni appaltanti della possibilità di ricorrere a soluzioni aperte alla più ampia concorrenza qualora appaiano le più idonee a soddisfare il proprio fabbisogno» (parere Anac del 3 agosto 2020 parere reso in sede di approvazione al Senato)».
Pertanto, l'affidamento diretto «non costituisce il modulo procedimentale sottosoglia al quale le stazioni appaltanti debbano obbligatoriamente fare ricorso».
Inoltre non è stato ritenuto rilevante il parere del Mit n. 735/2020, richiamato dal ricorrente, in cui si è rilevato che la procedura ordinaria, in luogo del procedimento semplificato, esige una motivazione da parte del Rup.
È evidente, che l'esigenza della motivazione non può avere una rilevanza esterna, non incidendo sulla legittimità degli atti, ma piuttosto una rilevanza interna correlata alla eventuale responsabilità del Rup in caso di scelta della procedura determinata da intenti dilatori che incidono su tempi di aggiudicazione.
A ciò è collegata l'ulteriore precisazione espressa in sentenza laddove è stato affermato come sia «privo di pregio (…) l'ulteriore profilo circa il mancato rispetto dei termini, previsto dal decreto semplificazioni per la conclusione della procedura di gara».
Condivisibilmente, il Tar siciliano ha rammentato che l'eventuale violazione/mancato rispetto dei termini «non potrebbe comunque comportare l'illegittimità, per ciò solo, degli atti di gara riverberandosi, se del caso, unicamente sulla responsabilità amministrativa del Rup».
Miglior sorte non hanno ottenuto le censure sull'incompatibilità del Rup. In relazione alle quali è stata rammentata la necessità di una dimostrazione concreta dell'incidenza nella conduzione della gara (a opera del Rup), non risultando sufficiente un «mero sospetto», è stato quindi evidenziato che l'incompatibilità non può essere determinata da un «qualsiasi apporto al procedimento» ma è necessario, che il contenuto prescrittivo della legge di gara risulti «riferibile esclusivamente al funzionario».

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