Manufatto abusivo, anche l'intervento ordinario integra attività illecita
Lo afferma la Corte di cassazione, sentenza n. 18268 depositata, richiamando alcuni precedenti giurisprudenziali
"Qualsiasi intervento effettuato su una costruzione realizzata abusivamente, ancorché l'abuso non sia stato represso, costituisce una ripresa dell'attività criminosa originaria, che integra un nuovo reato, anche se consista in un intervento di manutenzione ordinaria, perché anche tale categoria di interventi edilizi presuppone che l'edificio sul quale si interviene sia stato costruito legittimamente". È uno dei passaggi della sentenza n. 18268 depositata oggi, con cui la Corte di cassazione ha giudicato inammissibile il ricorso di una donna contro la condanna a demolire un manufatto giudicato con sentenza irrevocabile abusivo.
Contro il rigetto della richiesta di revisione della condanna definitiva, l'imputata si è rivolta alla Suprema corte sostenendo tra l'altro che gli interventi accertati dai carabinieri erano antecedenti a una certa data e dunque prescritti. E a riprova adduceva l'accertamento aerofotogrammetico e l'anagrafe edilizia.
Per la Terza sezione penale tuttavia mentre le mappe fotografiche attenevano a una visione dall'alto, gli interventi "che segnarono il giudizio di prosecuzione nel tempo delle opere abusive, fino al marzo del 1995, furono costituiti da iniziative edili interne… e quindi insuscettibili di essere individuate e descritte attraverso una sola e mera ripresa dall'alto". "Cosicché – prosegue -, appare un mero artifizio retorico l'insistere sul dato per cui le nuove prove atterrebbero alla creazione di volumi esterni…trascurandosi, tuttavia, l'argomento dirimente indicato dalla Corte, e costituito, lo si ripete, dalla valorizzazione della realizzazione, nel tempo, di opere, quantomeno esaminate anche e necessariamente nella loro portata progressiva ed interna".
Al contrario, la Corte di appello ha correttamente valorizzato "i principi che delineano il perimetro entro cui un immobile abusivo può dirsi proseguito ed alfine ultimato, seppure attraverso la realizzazione di interventi 'minori', quali opere di rifinitura o attività che, se inerenti a strutture abusive, si noti bene, perdono la loro consistenza anche solo meramente manutentiva, e perciò all'apparenza lecita, per integrare, piuttosto, condotte più correttamente definibili di prosecuzione dell'opera abusiva". Tanto in considerazione del noto principio per cui non possono ritenersi lecite, ancorché non richiedenti astrattamente autorizzazione o fornite di un formale titolo autorizzatorio, le opere che, seppur autonomamente e astrattamente qualificabili come interventi privi di rilevanza penale, siano realizzate in prosecuzione di precedenti illeciti edilizi mai previamente sanati o condonati.
Facendo applicazione di questi principi, si è tra l'altro precisato che in tema di reati edilizi, il regime della comunicazione di inizio lavori asseverata (c.i.l.a.) non è applicabile alle opere da eseguirsi su manufatti il cui originario carattere abusivo sia stato accertato con sentenza definitiva e che non risultino essere state oggetto di condono edilizio o di accertamento di conformità, poiché gli interventi ulteriori su immobili abusivi ripetono le caratteristiche di illegittimità dal manufatto principale, al quale ineriscono strutturalmente.