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Mobilità negli enti locali, nulla osta per i più e tempi allungati

A tutela delle esigenze di effettiva copertura del posto che si rende vacante

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di Gianluca Bertagna e Davide d'Alfonso

Nulla osta alla mobilità ripristinato per la maggioranza degli enti locali, cioè quelli che occupano fino a 100 dipendenti a tempo indeterminato. Per gli altri, il possibile diniego correlato a carenze dotazionali viene tarato su percentuali di scopertura progressivamente crescenti, inferiori a quella ordinariamente indicata per le pubbliche amministrazioni centrali. L'ulteriore ragione di possibile opposizione all'istanza del dipendente, ovvero la infungibilità della posizione, viene rimessa nella sua declinazione alla valutazione delle amministrazioni. Infine, per tutti si prevedono tempi allungati per il trasferimento, a tutela delle esigenze di effettiva copertura del posto che si rende vacante per effetto della mobilità stessa.

Giungono risposte positive, per gli enti locali, dalle modifiche introdotte durante l'iter di conversione in legge del Dl 80/2021. Come noto, l'Anci per prima si è mossa per ottenere cambiamenti sostanziali alle nuove regole, paventando il rischio concreto di uno spopolamento delle amministrazioni più piccole, perciò anche maggiormente in difficoltà dal punto di vista dotazionale, in favore di quelle di altri Comparti (che hanno contratti collettivi più remunerativi) o di enti di maggiori dimensioni, che spesso offrono migliori potenzialità di crescita professionale.

L'intervento del Parlamento ha introdotto all'articolo 3 del Decreto reclutamento un nuovo comma 7-bis, che innova ulteriormente l'articolo 30 del Tupi con l'introduzione di un comma 01-bis. Le amministrazioni locali fino a 100 dipendenti a tempo indeterminato, ovvero la stragrande maggioranza, recuperano in sostanza il tradizionale nulla osta. Le amministrazioni da 100 a 250 possono negare il trasferimento se accusano, nella dotazione organica della qualifica del dipendente che ambisce a muoversi, calcolata all'esito della mobilità in questione, il realizzarsi di una carenza superiore al cinque per cento. Percentuale che sale al dieci per cento per gli enti ancora più grandi, che occupano fino a 500 dipendenti a tempo indeterminato. Di lì in su ritorna evidentemente il valore percentuale ordinariamente previsto dalla nuova norma, ovvero il venti per cento.

Gli strumenti offerti agli enti locali non si esauriscono qui. Altro elemento che le amministrazioni interessate possono opporre è l'infungibilità della posizione occupata dal dipendente: il legislatore modifica la disposizione introducendo un inciso di sicuro rilievo. Si presume sempre la necessità di una motivazione da parte del datore, ma l'infungibilità è "dichiarata" dall'amministrazione di appartenenza. La locuzione non prefigura una discrezionalità integrale in capo alla Pa, ma certamente sposta in favore di questa gli equilibri nel bilanciamento degli opposti interessi.

In tutti i casi, inoltre, gli enti locali potranno differire il passaggio per il tempo necessario a sostituire l'unità in uscita. Non solo: sarà possibile protrarre il trasferimento fino a 30 giorni oltre la data di immissione in ruolo del neoassunto, se si ritiene sia necessario un periodo di affiancamento. Un grosso aiuto, in specie per gli enti più piccoli, con una formula che risulta assai più tutelante dei sessanta giorni di rinvio prima concessi.

Un nuovo comma 7-ter, inoltre, articola in modo specifico per gli enti locali la questione della permanenza minima presso l'amministrazione di appartenenza. La norma impone, in generale, il blocco per i dipendenti assunti da meno di tre anni. Per le amministrazioni locali tale periodo è fissato in cinque anni, efficaci «in caso di prima assegnazione». Espressione che dovrebbe escludere dal vincolo i dipendenti che sono stati assunti per mobilità, potendosi ragionare quindi solo di assunzioni dall'esterno; e andando con ciò a collimare, in sostanza, con quanto previsto dall'articolo 3, comma 5-septies, del Dl 90/2014.

Restando sul tema, poi, con sguardo rivolto all'articolo 3, comma 8, della legge 56/2019, durante l'iter della conversione è stata prorogata fino a fine 2024 la deroga all'esperimento obbligatorio della mobilità volontaria prima di procedere a concorso pubblico, introdotta com'è noto a fini di accelerazione delle procedure di reclutamento. La scelta di tentare o meno la procedura resta, pertanto, in mano alle singole amministrazioni.

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