Personale

Mobilità obbligatoria, verifiche a tutto campo

La sentenza del Tar Sicilia spiega come è necessario muoversi anche quando sono coinvolti comparti diversi

di Gianluca Bertagna

Dalla sentenza del Tar Sicilia – sede di Catania – n. 29/2022 si ricavano precise istruzioni in merito all'espletamento della cosiddetta mobilità obbligatoria disciplinata dall'articolo 34-bis del Dlgs 165/2001. Come noto, la disposizione obbliga tutte le amministrazioni a verificare l'eventuale presenza di dipendenti collocati in esubero da poter inserire nei propri organici prima di procedere con assunzioni dall'esterno. Il mancato adempimento comporta la nullità delle assunzioni. Data la gravità della sanzione è fondamentale muoversi correttamente, tenuto anche conto di una difformità diffusa nei comportamenti a livello territoriale.

La sentenza del Tar in esame spiega nel dettaglio quali sono i passaggi e come è necessario muoversi anche quando sono coinvolti comparti diversi. Viene innanzitutto chiarito che qualsiasi pubblica amministrazione, stante il chiaro tenore letterale dell'articolo 34-bis, comma 2, del Dlgs 165/2001, è tenuta ad effettuare la comunicazione sia al Dipartimento della Funzione Pubblica (articolo 34, comma 2) che alle competenti strutture regionali e provinciali (articolo 34, comma 3). A tal proposito non c'è alcuna ragione per ritenere che la comunicazione possa essere indirizzata esclusivamente all'ente che forma e gestisce l'elenco a seconda della tipologia di amministrazione (statale o locale). Nel caso degli enti locali, tipicamente, è la struttura regionale preposta che provvede a verificare l'eventuale presenza di soggetti da ricollocare nelle proprie liste, nonché a inoltrare al Dipartimento, per le verifiche di competenza ministeriale, la nota ricevuta dalle amministrazioni. Infatti, la base di tutta la normativa risiede nella volontà di evitare la cessazione definitiva del rapporto di lavoro e di realizzare, in termini globali, un contenimento della spesa per il personale a carico del sistema pubblico. Questi principi erano già stati affermati in più occasioni sia dalla Corte costituzionale, sentenze 15 dicembre 2004, n. 388, 21 luglio 2016, n. 2020 e 10 luglio 2019, n. 170 nonché dal Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 26 maggio 2010, n. 3340.

Un altro messaggio importante che si può ricavare dalla sentenza riguarda l'esistenza di soggetti da ricollocare afferenti ad un comparto diverso rispetto all'ente richiedente. A tal proposito, il Collegio ha ricordato che la ricollocazione del personale in disponibilità può avvenire sia nel comparto di provenienza come in uno differente. È quindi priva di base normativa l'interpretazione secondo la quale dalle diverse modalità di redazione e tenuta degli elenchi possa desumersi la conseguenza dell'obbligo di ricollocazione nell'ambito del medesimo comparto; interpretazione, peraltro, smentita dalla circolare dello stesso Dipartimento della Funzione pubblica (Uppa) prot. n. 14115/05/1.2.3.1 dell'11 aprile 2005.

La gestione separata degli elenchi è pertanto finalizzata esclusivamente alla possibilità di assegnazione da parte del Dipartimento della Funzione pubblica o da parte delle strutture regionali o provinciali, a seconda dell'elenco in cui sia inserito il personale da ricollocare, ma non giustifica un divieto di assegnazione di personale ad un comparto diverso da quello di provenienza.

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