Nel decreto Pa 3.250 assunzioni e stabilizzazioni dopo 36 mesi
La bozza del Dl atteso giovedì riapre al posto fisso dopo tre anni di servizio per i non dirigenti ma rientra il requisito del concorso. Spuntano gli stipendi ai politici collocati negli staff di altri enti
Il suo obiettivo ufficiale, rilanciato da più di un ministro, è quello di tornare a «rafforzare» la Pubblica amministrazione anche per sostenere lo sforzo del Pnrr. Ma dalla lettura della bozza, nel decreto Pa che dovrebbe andare in consiglio dei ministri giovedì prossimo emergono molti altri obiettivi: dall’aspetto meno nobile, e comunque complicato da allacciare al Piano.
Non è limitata al Pnrr, per esempio, la nuova tornata di stabilizzazioni per i precari degli uffici pubblici che riescono a cumulare almeno 36 mesi di servizio anche non continuativo (articolo 3, comma 8). Né si capisce come possa aiutare lo sblocco degli investimenti la possibilità concessa a sindaci e assessori di farsi pagare da un loro collega che li sceglie per il proprio staff (articolo 3, comma 2). Sempre che, ovviamente, prima di arrivare in consiglio dei ministri tutto questo venga vidimato da Palazzo Chigi e dalla Ragioneria generale, che per esempio fin qui si è più volte opposta con successo all’idea, rispuntata nella bozza di decreto, di cancellare dai tetti di spesa per le assunzioni negli enti locali l’intero costo dei rinnovi contrattuali. Si vedrà.
Oggi il testo è una sorta di «omnibus Pa», che risponde a richieste di vario genere arrivate dalle amministrazioni. Quelle dei ministeri sono riassunte nella tabella che distribuisce per ora 3.250 assunzioni extra. Ministero del Lavoro (350 ingressi aggiuntivi) e Viminale (300) guidano una classifica che al terzo posto vede il Turismo (142), già oggetto di molte attenzioni nel decreto Pnrr-ter ora all’esame del Senato, e Palazzo Chigi (112), dove la spinta arriva soprattutto da Protezione civile, Disabilità e Sport. Ricco poi è l’elenco di assunzioni straordinarie nelle forze di polizia e sicurezza, dove però in genere la previsione (spalmata su più anni) serve a evitare la flessione degli organici al termine di programmi speciali.
Ma è lontano dalle tabelle che si incontrano gli interventi più corposi, nascosti in un fitto sottobosco di norme di dettaglio.
Quella potenzialmente più ampia è rappresentata dal nuovo giro di stabilizzazioni per i precari degli enti territoriali. Nell’ultima versione del testo rientra l’obbligo di aver superato una procedura concorsuale quando si è ottenuto il posto a termine, che era assente nelle prime bozze con un’ipotesi che avrebbe potuto aprire la strada al posto fisso anche a chi avesse ottenuto incarichi fiduciari. La procedura potrà essere completata entro la fine del 2026, e qui si incontra l’unico labile collegamento con il Piano perché alla stabilizzazione, come sempre previo colloquio e «valutazione positiva» del lavoro svolto, potranno procedere anche le Pa che non sono soggetti attuatori di alcun intervento Pnrr.
Ovviamente un ombrello così ampio può coprire anche i tecnici assunti a tempo dagli enti locali per la gestione dei progetti del Piano. In questo senso la norma va incontro alle richieste dei sindaci, preoccupati perché i loro concorsi non attraggono i profili specialistici che hanno più mercato e preferiscono carriere altrove. La soluzione però è molto parziale, perché la stabilizzazione nelle unità di missione ministeriali per il Pnrr arriva dopo 15 mesi, senza aspettare i 36 previsti per gli enti territoriali.
Un gioco di sponda fra norme apre poi le porte a una nuova possibile fonte di reddito per la politica, soprattutto quella locale.
La bozza di decreto legge si occupa infatti di correggere una vecchia norma, inserita agli albori della crisi del debito sovrano nel Dl 78/2010, che per dare un segnale di «austerità» vietava i compensi per qualsiasi incarico nelle Pa ottenuto dai «titolari di cariche elettive».
La regola in cantiere esclude invece dal blocco ai compensi «i contratti di lavoro subordinato presso gli uffici di supporto agli organi di direzione politica delle regioni ed enti locali, purché - bontà loro - la carica elettiva non sia esercitata presso il medesimo ente che procede all’assunzione». Tradotto, significa che un sindaco non può darsi un incarico pagato, ma lo può dare a un suo collega.
Da un altro comma dello stesso articolo 3 della bozza emerge poi il mezzo flop del fondo straordinario per le assunzioni dei tecnici dei piccoli Comuni. Per 9,6 milioni una norma ponte permette di utilizzare quest’anno le risorse 2022, rimaste ferme perché l’assegnazione è arrivata solo nelle scorse settimane.
Altri 20 milioni vengono invece dirottati al contributo per le spese per i segretari comunali, sempre nei piccoli enti, invece di rinforzare (come chiesto dall’Anci) il magro risultato dei 1.026 ingressi in 760 Comuni maturato fin qui.