Appalti

Nel nuovo subappalto si abbassano i limiti e crescono obblighi e responsabilità

Spazio alla Pa per ulteriori divieti di subaffidamento. Responsabilità solidale e vincoli su prezzi e qualità

di Roberto Mangani

Le norme probabilmente più discusse del Decreto legge 77/2021 riguardano la nuova disciplina del subappalto. Su queste disposizioni si è sviluppato, prima della loro emanazione, un ampio dibattito che è andato oltre la cerchia degli addetti ai lavori, e che ha visto coinvolte le forze sindacali e i partiti politici che hanno introdotto istanze che sono andate anche al di là degli ambiti strettamente tecnici. Sotto quest'ultimo profilo, occorre ricordare che si è formata da tempo una giurisprudenza della Corte di giustizia Ue che ritiene incompatibile con l'ordinamento comunitario una disciplina nazionale che fissa in termini generali e astratti un limite quantitativo assoluto per il ricorso al subappalto. In questo senso, la legislazione fino ad oggi vigente che ha collocato tale limite tra il 30 e il 40% non era conforme all'ordinamento comunitario (con l'effetto che avrebbe potuto – e anzi teoricamente avrebbe dovuto – essere disapplicata già dai singoli enti appaltanti in sede di redazione del bando).

Da qui il tentativo operato dal Decreto legge 77/2021 di superare questo evidente conflitto, cercando tuttavia anche una soluzione di compromesso con riferimento sia all'entrata in vigore temporale delle nuove norme a regime (con contestuale disciplina transitoria), sia alla ridefinizione della figura del subappaltatore con specifico riferimento ai suoi obblighi e responsabilità. Il risultato finale è alquanto articolato, con una disciplina – contenuta all'articolo 49 – che si sviluppa lungo diverse direttrici che danno luogo a un quadro composito, non sempre di immediata lettura. Per cercare di orientarsi è opportuno partire da quella che dovrebbe essere la disciplina a regime in virtù delle modifiche introdotte, per poi capire in che termini tale disciplina venga derogata in via transitoria (cioè fino al 31 ottobre 2021).

La disciplina a regime
Vengono modificati alcuni commi dell'articolo 105 del D.lgs. 50/2016. Relativamente al comma 1, mentre resta fermo il principio generale già contenuto nella formulazione originaria secondo cui l'affidatario del contratto (leggi l'appaltatore) deve eseguire in proprio i lavori, i servizi e le forniture oggetto del contratto e che quest'ultimo non può essere ceduto, viene specificato che non può essere affidata a terzi (cioè non può essere subappaltata) l'integrale esecuzione delle prestazioni oggetto dell'appalto. Ma questa prima previsione – che sostanzialmente vieta il subappalto integrale delle prestazioni – viene accompagnata da due ulteriori limitazioni: a) è vietato subappaltare la prevalente esecuzione delle lavorazioni rientranti nelle categorie prevalenti; b) è vietato subappaltare i contratti (da intendersi le prestazioni) ad alta intensità di manodopera. L'insieme di queste previsioni porta a ritenere che le prestazioni subappaltabili, se sicuramente non possono essere pari al 100% dell'importo del contratto di appalto, saranno presumibilmente inferiori a tale soglia. In particolare, il divieto di subappaltare la quota prevalente delle prestazioni rientranti nelle categorie prevalenti sembra destinato ad innalzare il limite del divieto di subappalto, in una misura che può anche essere significativa.

Se questi sono i limiti previsti in via normativa, il legislatore prevede poi altri limiti che possono essere stabiliti discrezionalmente dall'ente appaltante. Questi ulteriori limiti vengono introdotti attraverso una riformulazione del terzo periodo del comma 2 dell'articolo 105, che prevedeva il limite fisso per il ricorso al subappalto. La nuova previsione stabilisce che le stazioni appaltanti, nel rispetto dei principi generali di cui all'articolo 30 del D.lgs. 50, indicano nei documenti di gara le prestazioni o le lavorazioni che non possono essere oggetto di subappalto e devono quindi essere eseguite necessariamente dall'aggiudicatario.

Ai fini dell'individuazione di queste prestazioni/lavorazioni la stazione appaltante tiene in considerazione diversi elementi: a) le specifiche caratteristiche dell'appalto, con particolare riferimento alla sussistenza di lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, quali strutture, impianti e opere speciali (le c.d. opere superspecialistiche, che sono state individuate con DM 248/2016)); b) l'esigenza, tenuto conto della natura e complessità delle prestazioni/lavorazioni, di rafforzare il controllo delle attività di cantiere e dei luoghi di lavoro, garantendo una tutela più intensa della salute e sicurezza dei lavoratori; c) la necessità di prevenire il rischio di infiltrazioni criminali, che però viene meno nelle ipotesi in cui i subappaltatori siano inscritti nelle white list.

In sostanza, le stazioni appaltanti, in relazione alla sussistenza delle condizioni sopra elencate, possono introdurre ulteriori divieti al subappalto, che si vanno ad aggiungere agli altri stabiliti in via normativa. Dal punto di vista procedurale, le motivazioni che giustificano l'introduzione di questi ulteriori limiti devono essere indicate nella determina a contrarre. È inoltre prevista la possibilità di chiedere un parere al Prefetto competente per territorio, si deve ritenere in relazione al profilo relativo al rischio di infiltrazioni criminali. Resta invece di non agevole decifrazione il riferimento alla necessità di rispettare i principi generali di cui all'articolo 30. Per evitare che tale riferimento si traduca in una mera clausola di stile, si può ipotizzare che i principi che possono concretamente venire in considerazione tra tutti quelli elencati all'articolo 30 sono i principi di economicità, efficacia e proporzionalità, che devono quindi guidare la stazione appaltante nel decidere se e in che misura introdurre specifici divieti al subappalto.

Viene poi abrogato il comma 5 dell'articolo 105, che prevedeva il limite di subappaltabilità del 30% per le opere superspecialistiche (cioè quelle ad alto contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica). Si tratta di un'abrogazione coerente con il quadro complessivo, volto ad eliminare qualunque limite quantitativo al subappalto, definito in via legislativa. La presenza di opere superspecialistiche quindi non determina in via immediata e diretta un divieto di subappalto per la parte preponderante delle stesse, ma costituisce solo uno degli elementi che – come visto poco sopra – possono essere presi in considerazione dalla stazione appaltante per introdurre in relazione alla singola gara una limitazione del subappalto.

Di fondamentale importanza è la novità introdotta con la modifica del comma 8 dell'articolo 105. Essa stabilisce il principio della responsabilità solidale dell'appaltatore e del subappaltatore nei confronti della stazione appaltante in relazione alle prestazioni oggetto del contratto di subappalto. Ciò implica che per l'inadempimento o l'inesatto adempimento delle prestazioni del subappaltatore la stazione appaltante potrà agire anche nei confronti di quest'ultimo, oltre che naturalmente nei confronti dell'appaltatore.
Viene così superato il tradizionale principio che fino ad oggi ha governato la disciplina del subappalto, secondo cui la responsabilità era esclusivamente in capo all'appaltatore anche per le prestazioni del subappaltatore, cosicché la stazione appaltante rimaneva totalmente estranea al contratto di subappalto e non aveva alcun rapporto diretto con il subappaltatore.

L'intento del legislatore è evidentemente quello di indurre a una maggiore responsabilità del subappaltatore in relazione alle prestazioni che è chiamato ad eseguire. Occorrerà tuttavia verificare nella pratica l'effettivo impatto (e le eventuali complicazioni) di questa rilevante novità, che se da un lato accresce le tutele della stazione appaltante, dall'altro introduce la responsabilità di un soggetto che fino ad oggi è sempre stato terzo (il subappaltatore) nel rapporto – a questo punto non più esclusivo – tra stazione appaltante e appaltatore.

Di rilievo è anche la novità introdotta attraverso la riscrittura del primo periodo del comma 14. Da un lato viene eliminata la previsione – che per la sua prescrittività aveva in passato suscitato molti dubbi, anche sotto il profilo della sua coerenza con il dettato costituzionale – secondo cui l'appaltatore doveva praticare nei confronti del subappaltatore gli stessi prezzi unitari risultanti dall'aggiudicazione, con un ribasso non superiore al 20%. Nel contempo, sono imposti al subappaltatore, per le prestazioni dallo stesso eseguite, i seguenti obblighi: a) garantire gli stessi standard qualitativi e prestazionali previsti nel contratto di appalto; b) riconoscere ai lavoratori un trattamento economico e normativo non inferiore a quello che avrebbe garantito l'appaltatore, inclusa l'applicazione dei medesimi contratti collettivi nazionali di lavoro. Questo secondo obbligo, tuttavia, è soggetto a una condizione: le attività oggetto del subappalto devono coincidere – evidentemente parzialmente – con quelle dell'appalto, ovvero devono riguardare lavorazioni incluse nelle categorie prevalenti e devono essere incluse nell'oggetto sociale dell'appaltatore.

Al di là di quest'ultima precisazione, di non facile comprensione, la norma vuole assicurare ai dipendenti del subappaltatore condizioni economiche e normative analoghe a quelle di cui godono i dipendenti dell'appaltatore, purché siano omogenee le condizioni di partenza, cioè vi sia sostanziale assimilazione delle prestazioni da eseguire.

La ratio della nuova disciplina
Volendo cercare di sintetizzare il senso delle novità introdotte, si potrebbe dire che le stesse sembrano muoversi lungo due direttrici fondamentali. Da un lato vengono eliminati limiti quantitativi al subappalto fissati in via normativa in termini generali e astratti. Ciò non significa tuttavia che tali limiti vengano totalmente meno, perché alcuni sono indicati direttamente dalla norma (sia pure senza una corrispondente quantificazione), altri possono essere stabiliti dalla stazione appaltante in relazione ad alcuni parametri indicati dal legislatore. In estrema sintesi, non vi è un limite quantitativo al subappalto, ma è ragionevole attendersi che le prestazioni di cui si ammette il subappalto possano essere stabilite in una misura anche non particolarmente elevata (e che quindi, corrispondentemente, il divieto di subappalto possa configurarsi in una soglia significativa).

Dall'altro lato il legislatore ha agito accrescendo gli obblighi e le corrispondenti responsabilità del subappaltatore, in un'ottica di incremento anche delle forme di tutela per i lavoratori. Come considerazione di carattere generale, si tratta di una disciplina che non va certamente nel senso di una liberalizzazione spinta del subappalto, ma attenua alcuni vincoli e rigidità, in un quadro regolatorio che resta comunque significativo.

La disciplina transitoria
Fino al 31 ottobre 2021 il legislatore ha invece fatto sopravvivere il limite quantitativo al subappalto, fissandolo al 50% dell'importo del contratto di appalto. Di conseguenza, in luogo delle previsioni sopra illustrate che consentono comunque di introdurre limiti diversi, resta il divieto di subappaltare più del 50% delle prestazioni del contratto principale.
Nel medesimo periodo temporale – quindi fin da subito – entra in vigore la disposizione che impone gli obblighi specifici in capo al subappaltatore, mentre non opera la responsabilità solidale prevista dal nuovo assetto normativo.

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