Personale

Nuovo contratto, rebus copertura indennità di vacanza anticipata

Gli aumenti previsti per l'anno 2019 non sono sufficienti a coprire il trattamento per i mesi da luglio a dicembre

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di Tiziano Grandelli e Mirco Zamberlan

L'ipotesi di contratto firmata all'inizio di agosto per il comparto Funzioni Locali sta proseguendo il suo percorso verso la firma definitiva e si cominciano a fare i primi calcoli sui casi concreti (si veda Nt+ Enti locali & edilizia del 5 agosto). La tornata contrattuale 2019-2021 porta con sé una piccola novità data dal fatto che gli aumenti contenuti negli allegati del contratto devono considerarsi comprensivi l'indennità di vacanza contrattuale prevista dall'articolo 47-bis, comma 2, del Dlgs 165/2001 e attuata dall'articolo 1, comma 440, lettera a), della legge 145/2018. L'anticipo dell'aumento contrattuale è stato riconosciuto a partire dall'aprile 1999 in una percentuale corrispondente allo 0,42% del tabellare, aumentato allo 0,70% dal mese di luglio dello stesso anno. Finora tutto sembrerebbe normale, se non fosse che, dall'analisi dell'allegata Tabella D, gli aumenti previsti per l'anno 2019 non sono sufficienti a coprire l'indennità di vacanza contrattuale anticipata per i mesi che vanno da luglio a dicembre.

Cerchiamo di capire meglio il meccanismo analizzando i numeri per un dipendente in C1 a tempo pieno. L'aumento dettato dal contratto collettivo è pari a 10,20 euro per tutto l'anno 2019. Nei mesi da gennaio a marzo l'importo viene corrisposto per intero. Nel successivo trimestre, da aprile a giugno, il beneficio contrattuale deve essere depurato dell'indennità di vacanza già anticipata, corrispondente ad euro 7,12. Viene quindi erogato un saldo positivo di euro 3,08 mensili. La sorpresa arriva nel secondo semestre 2019 quando la vacanza contrattuale arriva ad euro 11,87 contro un aumento che rimane immutato ad euro 10,20. Situazione che comporta un saldo negativo 1,67 euro da riconoscere per sei mesi, oltre alla tredicesima. Non si può nascondere un certo imbarazzo nel constatare una sorta di ossimoro: un aumento negativo. Certamente, si può subito obiettare che il saldo complessivo dell'anno 2019 è comunque positivo per euro 28,15 (10,20 x 3 + 3,08 x 3 – 1,67 x 7). In modo analogo, il saldo degli arretrati risulterebbe comunque positivo anche per un dipendente assunto a luglio 2019 se il suo rapporto di lavoro dovesse proseguire anche a gennaio 2022: il nuovo aumento, al netto l'Ivc, sarebbe pari a euro 12,33 e compenserebbe il recupero di euro 11,69 del secondo semestre dell'anno precedente.

Fatte le debite considerazioni, e consapevoli che rimane un caso assolutamente minoritario, rimane aperto il problema del dipendente che ha lavorato solamente nel secondo semestre del lontano 2019: il suo cedolino vedrebbe un importo lordo da restituire pari a 11,69 euro. Non si può negare che chiedere a un dipendente che ha cessato il suo rapporto di lavoro da circa 3 anni fa la restituzione di una somma, seppure di piccolo importo, potrebbe creare, quantomeno, non poco imbarazzo. Certamente il buon senso non può che suggerire di lasciare perdere il recupero di queste inezie correndo anche rischio di un potenziale danno erariale. Ma sullo sfondo la domanda rimane: perché?

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