Amministratori

Ok della Corte conti alla holding per gli enti di medie e grandi dimensioni che gestiscono tante partecipazioni

In capo all'amministrazione resta comunque l'onere di motivare la finalità della scelta

di Stefano Pozzoli

La Corte dei conti, Sezione Toscana, torna a esprimersi in materia di costituzione di società, questa volta in materia di holding pure (Delibera n. 49/2023/PASP).

L'occasione è la delibera del consiglio comunale di un Comune che partecipa alla costituzione della Multiutility Toscana. Un gruppo di Comuni soci ha conferito nella fusione per incorporazione che rappresenta il cuore della operazione, la loro vecchia holding di partecipazione, che teneva insieme le partecipazioni azionarie in varie società di 30 Comuni. Ora 19 di questi hanno appunto ipotizzato di ricostituire una holding per mantenere una propria loro massa critica nella multiutility, con l'obiettivo, dunque, di una gestione "associata" delle azioni della Holding Toscana o, in caso di ritardata costituzione di essa, delle partecipazioni nella multiutility di questi 19 Comuni.

La Corte, in primo luogo, osserva che nella articolata delibera che ha portato alla costituzione della multiutility, e su cui la Sezione si è già espressa qualificando l'atto in questione come di mero indirizzo, rientra già la decisione di una holding pubblica di tutti i Comuni soci (e non di soli 19).

La Corte non è di per sé contraria all'utilizzo del modello societario holding. Infatti, «la Corte dei Conti già nel 2008, con la deliberazione n. 13 /2008 della Sezione di controllo delle autonomie locali (…) ha espresso un giudizio positivo in termini di efficacia ritendendolo "particolarmente adatto agli enti di grandi dimensioni, centrali rispetto a reti di società satellite (… ), il quale coadiuva e fornisce servizi a tutte le aziende del gruppo e supporta gli organi politici nelle decisioni strategiche". Modello, quindi, adeguato, per i Comuni di medie e grandi dimensioni per governare le società cui sono stati esternalizzati servizi o attività».

Però, per la Sezione sono «essenziali alcuni elementi: molteplicità delle partecipazioni in capo all'ente, complessità del coordinamento desumibile dalla dimensione dell'ente e dal numero delle partecipazioni», e comunque, «la circostanza che il ricorso al modello societario della holding sia astrattamente ammesso dall'ordinamento, non fa in ogni caso venir meno l'onere in capo all'Amministrazione di adeguatamente motivare circa la correlazione – nel caso concreto - tra costituzione/partecipazione alla holding ed il fine da perseguire».

Nel caso di specie per la Sezione è sindacabile l'idea di una holding che abbia il solo fine di detenere la partecipazione in un'altra holding, e quindi una sorta di holding di secondo livello. Per la Corte, c'è dunque «un eccesso della forma giuridica rispetto al fine perseguito, rappresentato, in sostanza, dalla necessità degli enti locali coinvolti nella costituzione della holding di munirsi di uno strumento idoneo alla determinazione e successiva manifestazione di un'unica volontà rappresentativa dei propri specifici interessi in sede societaria». In sostanza, una holding può avere una sua utilità dove si gestiscano una pluralità di partecipazioni, mentre, in questo caso, «l'operazione darebbe vita ad una holding destinata, di fatto, a gestire le partecipazioni in una sola società, con costi certi ed un appesantimento della procedura decisionale».

Viene da chiedersi quale sarà il giudizio della Sezione sulla Holding Toscana, quando verrà presentata la delibera in proposito. A nostro giudizio, comunque, le differenze sono rilevanti. Anzitutto non si tratta di una holding di holding. Inoltre, la soglia dimensionale della operazione, dato il numero di Comuni coinvolti e il valore della partecipazione. Infine, cambia la rilevanza strategica, giacché questa holding sarà destinata ad assicurare il controllo pubblico della multiutility, cosa che i patti parasociali possono garantire al massimo per cinque anni.

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