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Pa, 6,7 miliardi non fermano lo sciopero

Proclamata l'agitazione nazionale del pubblico impiego per il 9 dicembre

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di Gianni Trovati

I fondi aggiuntivi messi dalla legge di bilancio per i rinnovi contrattuali nel pubblico impiego e le assunzioni extra nei ministeri non fermano l’agitazione sindacale. Che anzi sale di livello con la proclamazione dello sciopero nazionale del pubblico impiego per il 9 dicembre, il giorno dopo l’Immacolata.

La decisione è destinata ad accendere le polemiche perché arriva all’indomani dell’avvio di una manovra che porta a 6,7 miliardi il costo complessivo dei rinnovi contrattuali e mette 3,6 miliardi fra 2021 e 2033 per le assunzioni nei ministeri extra rispetto ai tetti di spesa e ai limiti del turn over (Enti locali & edilizia di ieri). Ma nasce per una miscela di ragioni politiche e numeriche.

Fra le prime c’è l’irritazione dei sindacati per essere stati convocati dal premier Conte “a cose fatte”, con il testo già (quasi) definito e approvato dal consiglio dei ministri. Di qui la bocciatura a tutto campo, che riguarda anche le «risorse insufficienti per una giusta riforma fiscale».

Sui numeri invece la battaglia fra governo e sindacati è in corso da settimane. Con i 400 milioni aggiuntivi in manovra, il fondo per il rinnovo dei contratti nella Pa statale supera quota 3,7 miliardi, e il costo complessivo per la finanza pubblica determinato dal fatto che Regioni, enti locali, sanità e università devono garantire con fondi propri gli stessi aumenti della Pa centrale sale a quota 6,7 miliardi. L’ultimo contratto rinnovato, quello del 2016/2018 arrivato dopo dieci anni di blocco, era costato allo Stato 2,85 miliardi, e al complesso della Pa poco più di 5 miliardi. E aveva garantito un aumento medio da 85 euro, pari al 3,48% della massa salariale.

Con questi presupposti, quanti soldi può portare il nuovo contratto? Le calcolatrici della Funzione pubblica indicano un beneficio del 4,15%, cioè due volte e mezzo l’indice del costo della vita (Ipca) che dovrebbe guidare i rinnovi. Tradotto, significa 107 euro lordi al mese. Che i sindacati contestano. Perché, sostengono, dal calcolo vanno esclusi i 500 milioni dell’indennità di vacanza contrattuale, i 250 dell’«elemento perequativo» (l’extra dato agli stipendi più bassi per compensare gli effetti degli aumenti sul bonus da 80-100 euro) e i fondi per le indennità specifiche delle Forze di polizia e sicurezza. Così “ripulito”, l’aumento sarebbe poco sopra gli 80 euro. Troppo pochi per recuperare l’eredità del lungo congelamento contrattuale. Per questo la richiesta sindacale era di 1,5 miliardi. Sono arrivati 400 milioni. E lo sciopero. «Qualcuno pensa di bloccare l’Italia e mettere a rischio la già fragile tenuta sociale del Paese che proviamo a difendere in questa guerra», replica dura la ministra della Pa Fabiana Dadone.

Meno complicato appare il confronto del governo con i sindaci ,che ieri hanno aperto l’Assemblea annuale dell’Anci in forma interamente digitale a causa del Covid. I loro bilanci continuano a soffrire, in manovra c’è un miliardo e la possibilità di usare anche nel 2021 i residui dei fondi anti-crisi stanziati in questi mesi. Ma servono «nuove misure di sostegno», spiega il presidente dell’Anci Antonio Decaro.

Tutti questi temi si riverseranno sulla Camera, dove il testo dovrebbe finalmente arrivare tra stasera e domattina. Nel frattempo l’ufficio di presidenza della commissione Bilancio si porta avanti con una riunione questo pomeriggio per definire i tempi dell’esame della legge di bilancio. Sindacati e Confindustria apriranno il ciclo di audizioni lunedì, che sarà chiuso dal ministro dell’Economia in serata. Martedì sarà il turno di Bankitalia, Istat, Corte dei conti e Upb.

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