Amministratori

Partecipate, gli enti locali possono detenere partecipazioni di minoranza solo per attività previste dal testo unico

La Corte Costituzionale si esprime sulla legittimità costituzionale di alcuni articoli della legge della Regione Siciliana

di Stefano Pozzoli

Secondo la Corte costituzionale gli enti locali possono detenere partecipazioni di minoranza ma a condizione che si tratti di attività previste dall'articolo 4 del Testo unico sulle partecipate. La sentenza n. 201/2022 della Corte costituzionale, depositata ieri, si esprime sulla legittimità costituzionale di alcuni articoli della legge della Regione Siciliana n. 12/2021 (Norme in materia di aree sciabili e di sviluppo montano) e, in questo quadro, affronta il tema più generale della liceità delle partecipazioni di minoranza dei Comuni.

In sostanza, una doglianza della ricorrente Presidenza del Consiglio è che la legge regionale, consentendo di costituire ai Comuni delle società in un settore non previsto dall'articolo 4 del Tusp, permetterebbe agli enti locali siciliani di acquisire partecipazioni di minoranza in ambiti di attività non definibili quali servizi di interesse economico generale dal Tusp.

Verrebbe così superato l'orientamento secondo il quale «nel caso in cui la partecipazione dell'ente sia minoritaria (ed in assenza di altri soci pubblici, che consentano il controllo della società), il servizio espletato non è da ritenere "servizio di interesse generale" posto che, a prescindere da ogni altra considerazione relativa alle finalità istituzionali dell'ente, l'intervento pubblico (stante la partecipazione minoritaria) non può garantire l'accesso al servizio così come declinato nell'articolo 4», non essendo in grado di determinarne le condizioni necessarie (Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Lombardia, del. 398/2016/PAR).

Tutto ciò offre l'occasione per ribadire che le partecipazioni di minoranza, anche quelle che la Corte definisce «partecipazioni polvere». Secondo la Corte costituzionale, infatti, «l'art. 4, comma 1, TUSP non vieta le partecipazioni di minoranza in quanto tali, ma preclude qualsiasi partecipazione, sia o no di controllo, che non soddisfi il vincolo di scopo pubblico. Inoltre, il comma 2 della stessa disposizione, che alle lettere a) e c) ammette l'attività di produzione di servizi di interesse generale, tiene fermi i limiti di cui al comma 1 senza prevedere requisiti aggiuntivi che valgano in via di principio a restringere il ricorso allo strumento societario alle sole partecipazioni di controllo».

Per contro non può una Regione superare i limiti imposti dal Tusp. L'articolo 4 del Tusp è «ritenuto da questa Corte (…) portatore di "profili di coordinamento finanziario e tutela del buon andamento della pubblica amministrazione" (sentenza n. 86 del 2022), ha stabilito specifici vincoli ai quali le amministrazioni pubbliche devono attenersi».

L'articolo 4, dispone che «le amministrazioni pubbliche non possono, direttamente o indirettamente, costituire società (…) non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società». Per la Corte «si tratta di una previsione che impone uno specifico vincolo di scopo pubblico, per cui possono essere costituite società ovvero acquisite o mantenute partecipazioni solo se l'oggetto dell'attività sociale – la produzione di beni e servizi – è strettamente necessario al perseguimento delle finalità istituzionali dell'ente». Altre attività non sono ammesse se non nei limiti di cui a quanto sopra ricordato e ritenuto dalla Sezione Lombardia della Corte dei Conti e via via confermato anche dal Consiglio di Stato in più di una occasione e quindi, per esse, è richiesto il controllo pubblico.

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