Peculato per il titolare dell’hotel che non versa la tassa di soggiorno ante Dl Rilancio
Per la Cassazione 16791 la previsione della sola sanzione amministrativa dal 19 maggio 2020 non fa scattare il favor rei
Le novità del Dl Rilancio sulla tassa di soggiorno al centro della pronuncia della Cassazione 16791/2021 depositata il 3 maggio, che riguarda tutti i gestori di strutture ricettive.
I riflessi sono importarti: si ribadisce che è da intendersi di rilevanza penale il mancato versamento all’Erario - ante 2020 - delle somme ricevute a titolo di imposta di soggiorno dai clienti da parte del legale rappresentante della struttura alberghiera.
Prima di entrare nel merito, ripercorriamo le novità che il decreto Rilancio ha introdotto: prima del 19 maggio 2020 il gestore della struttura alberghiera raccoglieva e custodiva il denaro (pubblico) versato dai clienti a titolo di imposta di soggiorno per poi riversarlo all’ente titolare della riscossione (in caso di omesso versamento rispondeva perciò di peculato in veste giuridica di incaricato di pubblico servizio). Oggi deve versare il tributo direttamente, a prescindere dal pagamento da parte degli ospiti della struttura ricettiva (nei confronti dei quali gli è riconosciuto diritto di rivalsa) e non essendo più un ausiliario del soggetto tenuto alla riscossione (ente locale) l’omesso versamento degrada ad illecito amministrativo.
Con la sentenza 22/2016 la Corte dei Conti aveva qualificato tutti gli operatori turistici come «agenti contabili», soggetti alle differenti sanzioni cui incorrono rispetto ai semplici «sostituti d'imposta» per gli inadempimenti sulla riscossione. L’agente contabile, infatti, nel momento in cui maneggia e non versa il denaro pubblico, commette il reato di peculato.
La vicenda
Il caso sottoposto alla Suprema corte era antecedente alla nuova disciplina: il gestore di un hotel aveva omesso di versare poco più di 40mila euro, ricevuti quali tasse di soggiorno, al Comune di Torino. A detta del tribunale piemontese andava applicato il più favorevole articolo 180, comma 3 del Dl 34/2020 (convertito nella legge 77/2020), non così per il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello che si era rivolto alla Cassazione richiamando il fatto che la nuova normativa non ha abolito il crimine e non configura una successione di leggi penali.
L’articolo 180 Dl Rilancio non modifica infatti la figura di incaricato di pubblico servizio, bensì solo l’obbligo esistente in capo al gestore della struttura ricettiva. E quindi i fatti antecedenti al 2020 costituiscono peculato e solo quelli successivi all’entrata in vigore della nuova disciplina sono illeciti amministrativi.
Le ragioni della Cassazione
Ricorso fondato per i giudici di legittimità che innanzitutto richiamano precedenti pronunce - Cassazione 36317 e 30227 del 2020 - sposando la tesi del procuratore nel ritenere che l’articolo 180 abbia solo fatto venir meno in concreto la qualifica soggettiva pubblicistica del gestore dell’hotel senza incidere in alcun modo sul reato di cui all’articolo 314 Codice penale, il peculato appunto. L’articolo 180 si precisa «non è una norma interpretativa (...) anche perché qualora lo fosse, non essendo accompagnata stata da disposizioni transitorie, priverebbe per il passato il titolare di ogni tipo di sanzione, penale o amministrativa, risultato evidentemente illogico». Come chiarito dalla Cassazione a Sezioni unite 25457/2012 la retroattività della legge più favorevole al reo non si applica alla successione dell’illecito amministrativo rispetto all’illecito penale, essendo necessarie apposite norme, che qui il legislatore non ha previsto.
Conclusioni
Il Dl Rilancio perciò incidendo solo sulla qualifica del gestore della struttura ricettiva non è applicabile ai casi pregressi alla sua applicazione, casi che restano di rilevanza penale e dunque punibili a titolo di peculato. L’omesso versamento a far data dal 19 maggio 2020 è un illecito amministrativo.
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di Stefano Baldoni (*) - Rubrica a cura di Anutel