Fisco e contabilità

Peso più leggero dal 2016 (senza Tasi)

Negli ultimi quattro anni il peso del fisco locale si è fatto più leggero: se nel 2015 in Italia il prelievo medio sulla famiglia-tipo segnava quota 1.983 euro, l’anno scorso si è “fermato” a 1.620 euro. Una differenza di oltre 360 euro che ha diverse spiegazioni, ma che è possibile attribuire soprattutto alle (ex) imposte sugli immobili: in particolare, l’addio alla Tasi sulle abitazioni principali non di pregio, a partire dal 2016.

Premessa: i report annuali di Bankitalia sulle «Economie regionali» considerano necessariamente basi imponibili, popolazioni, e numero di Comuni capoluogo diversi. Per i calcoli del 2015, ad esempio, è stato preso in esame un reddito imponibile Irpef della famiglia pari a 44.080 euro (contro i 44.600 euro per il 2019); e l’indagine è stata condotta sugli allora 110 Comuni capoluogo di provincia (contro i 107 dell’attuale analisi).

La casa, ma non solo

Detto ciò – pur se in termini nominali – il divario resta evidente. E molto è originato dalla legge di Stabilità 2016, che ha escluso la Tasi per le abitazioni principali che non siano in categoria A/1, A/8 o A/9 (case signorili, ville, castelli e alloggi pregiati), così cancellando ogni imposta sulle cosiddette “prime case” (come quella della famiglia-tipo, appunto, che vive in un immobile A/2). Un’abolizione che ha avuto naturalmente impatti differenti: in Piemonte, per dire, nel 2015 quella tassa incideva per lo 0,9% del reddito familiare.

Nel parallelo con il prelievo del 2015, Liguria, Emilia Romagna, Sardegna e Lombardia mostrano le differenze più marcate, che si possono valutare compiutamente solo considerando altri fattori. L’anno scorso la Sardegna, ad esempio, dove l’incidenza del prelievo sul reddito medio familiare è stata del 2,9%, rispetto alle altre realtà territoriali ha mostrato un «più contenuto onere per i tributi sul reddito (in particolare per l’addizionale regionale all’Irpef)».

Un trend in discesa

La stessa legge di Stabilità 2016 che ha modificato la disciplina sulla Tasi ha anche decretato la sospensione dell’aumento di aliquote e tariffe da parte degli enti locali (Tari esclusa); sospensione che è stata prorogata per il 2017 e il 2018, e poi “ignorata” dalla legge di Bilancio 2019. E dunque l’anno scorso in alcune amministrazioni sono ripartiti i ritocchi all’insù dei tributi (o le cancellazioni di benefici fiscali), ma si è assistito anche al debutto di nuove imposte (cioè le addizionali comunali Irpef).

Nonostante questo, in confronto ai numeri del 2018, la pressione del fisco locale nel 2019 è complessivamente calata in quasi tutte le regioni.

Guardando al 2015, poi, si nota anche la discesa dell’incidenza del prelievo sul reddito: nella media italiana si è passati dal 4,5 al 3,6%: effetto combinato del taglio ai tributi e del cambio nei parametri di riferimento (a partire dal reddito medio della famiglia).

Calabria, Umbria, Molise, Abruzzo e Veneto sono le cinque regioni dove in quattro anni i risultati della pressione fiscale si sono mossi meno. Ma anche qui i valori sono relativi.

Il Veneto partiva già da un “basso” livello di prelievo: i 1.659 euro registrati nel 2015 sono diventati i 1.444 del 2019, e così l’incidenza è passata “solo” dal 3,8 al 3,6 per cento. L’Abruzzo, che cinque anni fa sulla famiglia-tipo vedeva un prelievo di 1.963 euro e l’anno scorso di 1.740 euro, ha invece ridotto molto di più – in proporzione – il peso del fisco locale sul reddito medio. Un peso che ora è al 3,9%, ma nel 2015 era al 4,5%: pari alla media italiana dell’epoca.

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