Fisco e contabilità

Pnrr la Corte conti apre a Fitto: «Solo l’Ue giudica gli obiettivi»

L’associazione dei magistrati contabili: «Leale collaborazione istituzionale con il governo, l’obiettivo non sono le sanzioni ma accelerare l’attuazione effettiva del Piano»

di Manuela PerroneGianni Trovati

«L’Associazione magistrati della Corte dei conti auspica che i rapporti con il Governo restino improntati alla leale collaborazione istituzionale, nel rispetto dei rispettivi ruoli, fermo restando che l’indipendenza e l’autonomia dei magistrati e delle funzioni che esplicano sono valori indefettibili a tutela del sistema democratico». A parlare è Paola Briguori, presidente dell’Associazione, che ieri ha riunito la sua giunta per riprendere le fila della querélle nata dalle due delibere del collegio del controllo concomitante (di cui Briguori è anche componente) nelle quali, per la prima volta, a proposito del target di giugno relativo alle stazioni di rifornimento a idrogeno per il trasporto stradale, si evocava la responsabilità dirigenziale collegata al «concreto rischio di riduzione del contributo finanziario della Ue» per il «mancato raggiungimento della milestone».

Proprio il riferimento esplicito al traguardo previsto per ottenere la quarta rata da 16 miliardi di euro ha irritato l’Esecutivo, e in particolare il ministro Raffaele Fitto, che dalle pagine del Sole 24 Ore, domenica scorsa, ha contestato la competenza della Corte a certificare il rispetto degli obiettivi comunitari. «Questo accertamento - ha voluto sottolineare il ministro che ha la delega al Pnrr - compete esclusivamente alla Commissione europea nell’interlocuzione con lo Stato membro».

In una nota affidata sempre al Sole 24 Ore, l’Associazione dei magistrati contabili va incontro alla lettura di Fitto, riconoscendo che «il controllo concomitante non incide e non può incidere sul piano delle interlocuzioni con la Commissione europea». Le delibere del collegio, aggiungono i giudici contabili, non sono «atti a rilevanza europea perché sono diretti all’amministrazione titolare del progetto per le valutazioni ai fini della responsabilità dirigenziale o per porre in essere azioni autocorrettive utili per il raggiungimento degli obiettivi del piano». Tradotto, significa che la valutazione finale sulle eventuali sanzioni ai dirigenti per le «gravi irregolarità gestionali» spetta ovviamente all’amministrazione e che, soprattutto, l’obiettivo del controllo concomitante è quello di indirizzare e accompagnare i ministeri nella corretta attuazione degli obiettivi.

Quel controllo, scrive l’Associazione, rappresenta «una forma di controllo in itinere, concepita per seguire l’azione amministrativa nel corso del suo svolgimento con intento predittivo e correttivo e con il fine ultimo di accelerare l’azione delle amministrazioni». Un pungolo, insomma, che punta alla realizzazione dei target e non alle sanzioni.

Ma c’è un altro aspetto che i magistrati contabili rimarcano per raffreddare la temperatura nelle relazioni con il Governo. Le delibere del collegio - spiega l’Associazione - non sono affatto assimilabili a sentenze passate in giudicato e, come tali, non hanno il crisma di definitività, concetto del tutto estraneo al controllo concomitante». Uno stimolo di questo tipo, nell’ottica della Corte, è già risultato utile, «come dimostra l’efficace esito di analoghe delibere sui progetti relativi alla digitalizzazione dei fascicoli dei processi e l’ufficio del processo».

Al centro del confronto c’è l’impatto dell’articolo 22 del decreto “semplificazioni” dell’Esecutivo Conte 2 (Dl 76/2020), che assegna al controllo concomitante della Corte dei conti (previsto dal 2009, ma effettivamente attivato solo nel 2022) il compito di vigilare sui «principali piani, programmi e progetti relativi agli interventi di sostegno e di rilancio dell’economia nazionale». Con l’obiettivo esplicito - ricorda l’Associazione dei magistrati contabili - di «accelerare gli interventi». In questo contesto, è la stessa norma che colloca «l’eventuale accertamento di gravi irregolarità gestionali», da trasmettere «all’amministrazione competente ai fini della responsabilità dirigenziale». Le sanzioni sono disciplinate dall’articolo 21 del Testo Unico del pubblico impiego che prevede un ventaglio di penalità fino alla revoca dell’incarico.

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