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Pnrr, a Milano parte la corsa per i cantieri da 1,1 miliardi

Il 2023 sarà l'anno cruciale per il piano di sviluppo del capoluogo lombardo che vuole sfruttare il traino dei fondi europei per migliorare tre settori: mobilità, cultura, periferie

di Sara Monaci

Il 2023 è l'anno della svolta per gli investimenti del Pnrr, soprattutto a Milano, che sta sfruttando il traino dei fondi europei per migliorare tre settori: la mobilità, la cultura, le periferie. Ma se i cantieri non saranno realmente aperti nel giro di 12 mesi, il rischio è di perdere i finanziamenti. Finora si è parlato di progettazione. Da ora in poi si dovrà iniziare a "costruire", per portare a termine opere e infrastrutture entro il 2026. I Comuni e le città metropolitane in tutta Italia beneficeranno di 40 miliardi. Milano si trova per la prima volta a pianificare investimenti per 1,1 miliardi, in pochissimo tempo. Di questa cifra, a voler essere precisi, 890 milioni arrivano dal Piano nazionale di ripresa e resilienza; 82 milioni dai fondi del React Ue, che dovranno essere investiti nel giro di un solo anno; altri 150 milioni sono parte dei fondi strutturali relativi al periodo 2023-2029, per i quali c'è un po' più di tempo, 3 anni in più rispetto al Pnrr. Nel complesso la tabella di marcia è molto serrata.Prima di tutto c'è la mobilità sostenibile.

Qualche esempio: 249 milioni verranno investiti entro il 2026 per 350 nuovi autobus a emissioni zero, con alimentazione elettrica o a idrogeno; 195 milioni serviranno per l'acquisto di bus elettrici; 54 milioni per le infrastrutture di ricarica. L'insieme di questi fondi consentiranno alla partecipata del trasporto pubblico Atm di proseguire il piano "full electric", che prevede il rinnovo della flotta composta da 1.200 mezzi entro il 2030.Al secondo posto ci sarà la valorizzazione della cultura. In particolare va citato il progetto più oneroso in questo ambito, la Beic, la biblioteca internazionale che può contare su un finanziamento da 101 milioni, da integrare con risorse pubbliche o private. Si tratta di un progetto rimasto nel cassetto per anni, e questa potrebbe essere la volta buona.Al terzo posto vanno evidenziati gli investimenti per la rigenerazione urbana, che prevede da una parte la riqualificazione delle periferie in senso urbanistico e dall'altra il miglioramento dei nodi d'interscambio. Ad esempio il quartiere Rubattino, che da solo dovrebbe beneficiare di circa 70 milioni.

Infine va ricordato che per quanto riguarda i Piani urbani integrati, la cui titolarità spetta alla Città metropolitana, il 40% degli investimenti ricade sulla città di Milano.«Il 2023 – dice Carmine Pacente, capo della commissioni Fondi europei del Comune di Milano - sarà un anno decisivo. Finora, a parte il programma React Ue che scade proprio a fine 2023, sul Pnrr abbiamo sostanzialmente programmato. Ora bisognerà realizzare gli investimenti che è la cosa più difficile visti i tempi molto stretti. Il monitoraggio – prosegue Pacente – sia tecnico che politico in questa fase è essenziale per verificare costantemente l'avanzamento dei lavori e il rispetto dei tempi, e andrà fatto sia in commissione che in aula».La gestione del Pnrr porta con sé, inevitabilmente, dei problemi, o meglio, fa emergere quei problemi irrisolti in Italia, come evidenziano sia i vertici europei che quelli comunali. Secondo Francesco Monaco, capo Dipartimento di supporto alle politiche europee di Ifel e secondo Dario Moneta, direttore di gestione e monitoraggio dei Piani a Milano, ci scontriamo in questi anni con un'eccessiva burocrazia e talvolta con la debole formazione della Pubblica amministrazione, che non è stata nel frattempo rinnovata. Inoltre, sottolinea Moneta, gli stipendi bassi e la competitività del settore privato, fanno sì che i professionisti più preparati non si dedichino più ai progetti pubblici, ma scelgano altri impieghi più remunerativi.

Mentre invece, proprio in questi anni, occorrerebbe avere nuove risorse umane molto preparate. A tutto questo si aggiunge il problema dei bilanci di parte corrente dei Comuni. Perché se il Pnrr serve a realizzare le infrastrutture, poi sono i Comuni che dovranno gestirle pagando il personale. Alla luce dei tempi stretti e delle varie difficoltà, Nicola de Michelis, direttore della Commissione europea e responsabile dei fondi per l'Europa del Sud, mette in evidenza che modificare il Pnrr è teoricamente possibile, ma solo in minima parte, per via dei costi energetici.

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