Il CommentoFisco e contabilità

Pnrr, ok i controlli in corso d'opera ma anche sul risultato

di Ettore Jorio

É iniziato il processo al Pnrr. Meglio, alle inadempienze politiche e burocratiche che impediranno alla Next Generation Eu di contribuire a cambiare il Paese. Imputati, secondo il Collegio del controllo concomitante della Corte dei conti, i dirigenti.
Dopo la deliberazione n. 23/2022 (relatore Briguori), con la quale il Collegio medesimo ha indicato al ministero competente le misure correttive delle criticità rilevate in tema di installazione di infrastrutture di ricarica elettrica, lo stesso picchia duro. Lo fa con la deliberazione n. 18 (relatore Briguori) del 26 aprile scorso (si veda Nt+ Enti locali & edilizia del 9 maggio) sollecitando le contestazioni verso la dirigenza (articolo 21 del Dlgs 165/2001) con conseguente comminazioni delle sanzioni previste. Stessa cosa aveva fatto con la deliberazione n. 17 del 13 aprile scorso (relatore Melatti), ritenendo i dirigenti responsabili del «mancato conseguimento della milestone europea», in tema di ritardato sviluppo di stazioni di rifornimento a base di idrogeno.

Il Governo non ci sta
Il ministro Raffaele Fitto insorge e si contrappone alla tesi del Giudice dei controlli, relativamente alle responsabilità evidenziate a carico della dirigenza e all'invito a sanzionarla (si veda Nt+ Enti locali & edilizia del 9 maggio). Al riguardo, sorge più di un dubbio, non già sul tema del merito ma per lo strumento utilizzato dal ministro per esternare le sue eccezioni. Lo stesso ben poteva, infatti, possedendo il titolo di rappresentante del Governo a proporre gravame e, peraltro, una giurisprudenza favorevole in tal senso, impugnare i provvedimenti, piuttosto che affidarsi alla stampa (NT+ Enti locali & Edilizia del 9 maggio).
D'altronde, le sentenze favorevoli ci sono state. Ne sovvengono due, poi incrementare di numero, riferite a impugnazioni di due pronunce adottate in senso analogo dalle Sezioni regionali di controllo, confermate dalle Sezioni Riunite in sede giurisdizionale (su tutte: nn. 16, 17/2019, 5/2021 e 13/2022), riconducibili a pronunce che hanno accertato, nell'esercizio di un controllo atipico, la qualità pubblica a una società costituita secondo il Tusp (delibera n. 60/2018 della Sezione regionale di controllo per le Marche) e sono intervenute sulla comminazione di sanzioni per difetto di relazione di fine mandato sindacale (pro. n. 84/2020 della Sez. regionale di controllo per la Regione Toscana).

La nota "difensiva" dell'associazione magistrati della Corte dei conti
Sul punto, è intervenuta ieri l'altro l'associazione dei magistrati della Corte dei conti che, nell'intento di riscontrare il disappunto del ministro Fitto, ha ritenuto di precisare che le relazioni del Collegio di controllo concomitante sono da ritenersi una legittima espressione delle attribuzioni riservate per legge al perimetro delle competenze dell'anzidetto organo, in quanto tali esercitate in autonomia e indipendenza dal Governo (NT+ Enti locali & Edilizia del 9 maggio). La nota - a firma della presidente Paola Briguori, peraltro relatrice della delibera "imputata" (n. 18 /2023), quella in cui si è evocata la responsabilità dei dirigenti a proposito di installazione di centraline elettriche - nella prima parte punta a difendere l'operato del collegio concomitante dall'addebito pervenuto dal ministro di indebita certificazione del «rispetto degli obiettivi comunitari».
In buona sostanza, sì alla rilevanza esterna ma non affatto incidente sull'esame della Commissione Ue. É questa la conclusione cui perviene l'Associazione. Una considerazione che non è da condividere, in quanto al riguardo il danno è fatto, e come, atteso che la Commissione europea dovrà tenere conto di un dictum di organo nato apposta per controllare in progress la realizzazione del Pnrr. Del resto, è la stessa nota a confermare questa tesi, dal momento che attribuisce alla Concomitante «una forma di controllo in itinere, concepita per seguire l'azione amministrativa nel corso del suo svolgimento con intento predittivo e correttivo e con il fine ultimo di accelerare l'azione delle amministrazioni». Alla fine, la nota ripara auspicando un rasserenamento dei rapporti con il Governo invocando la solita clausola di stile «improntati alla leale collaborazione istituzionale, nel rispetto dei rispettivi ruoli». Basterà al Governo per non impugnare le delibere additate pubblicamente da Fitto e, di certo, già a conoscenza della Commissione, in quanto tali verisimilmente incidenti sulla riduzione del contributo? Avere cominciato con atti equiparabili a sentenze a portata lesiva non è stato affatto un buon incipit.

Due provvedimenti rigorosi sui quali tuttavia occorre fare qualche considerazione
La prima riflessione riguarda l'attribuzione affidata ad un tale organo speciale della Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato, cui si deve altresì una minuziosa relazione sullo stato di attuazione del Pnrr (2022) resa con la deliberazione n. 6 nell'adunanza del 14 febbraio (relatore Dorigo). Al riguardo, diventa naturale l'insorgenza di un dubbio. Esso riguarda l'esercizio delle competenze attribuite a una siffatta importante diramazione della Sezione Centrale di controllo - anche sotto il profilo della rappresentanza esterna - «sulla gestione ... svolgendo in particolare valutazioni di economicità, efficienza ed efficacia circa l'acquisizione e l'impiego di risorse finanziarie provenienti dai fondi di cui al PNRR» (articolo 7, comma 7, Dl 77/2021).
Invero, un compito - quello di riferire sugli andamenti comunque incidenti di bilancio dello Stato - affidato alla Corte dei conti dall'articolo 100, comma 2, della Costituzione, da estrinsecare esclusivamente attraverso una relazione del suo Presidente direttamente alle Camere. Di conseguenza, occorrerebbe ben comprendere, prescindendo dal necessario controllo in progress da effettuare sull'utilizzo dei fondi europei provenienti dal Recovery Fund, la corretta previsione istitutiva di un tale Organo di controllo avvenuta con la deliberazione n. 272/2021 del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti. Una decisione assunta, esercitando il potere regolamentare concessogli dall'articolo 22, comma 2, del Dl 76/2020, in un modo tale da oltrepassare tuttavia il limite concessogli, novellando strutturalmente l'organizzazione del Giudice contabile. Il precetto, cui il medesimo organo di autogestione della magistratura erariale si è riferito nell'istituirlo, offriva infatti allo stesso la facoltà di meglio organizzare i suoi uffici, individuandone quelli più competenti e non già di parcellizzare organi decisori peraltro a rilevanza esterna, e di conseguenza adottare le misure istituzionalmente riorganizzative per assicurare la tempestività dei controlli sulla finanza pubblica.

Ben vengano i controlli nel mentre ma anche sul risultato
Quanto alla ragione del decisum del Comitato di presidenza del 10 novembre 2021 la si comprende come strumentale a rivisitare la funzione di controllo concomitante, rispetto a quella prevista nella legge 15/2009 (articolo 11, comma 2), ma ciò non toglie comunque la perplessità che la stessa potesse fare, Costituzione alla mano, quanto deciso intestandone il ruolo a un collegio autonomo, costituito in sede centrale. Un compito, questo, invece rinviato in sede regionale alle sezioni regionali di controllo, arricchite così di un'ulteriore competenza e dunque incaricate di elevare rilievi sulle responsabilità dirigenziali nelle Regioni relativamente ai ritardi e ai flop registrati altresì nell'attuazione della programmazione e nella rendicontazione dei fondi strutturali europei. Quanto alle delibere del Collegio concomitante procedente - seppur condivisibile l'obiettivo generale di dovere intervenire "nel durante" dell'attuazione di un programma in itinere - non si condivide né l'attribuzione di relazionare sul punto né tampoco la sua rilevanza esterna.

Due rilievi di non poco conto
Relativamente alle due decisioni, sono comunque da sottolineare alcuni passaggi logici non del tutto accettabili. Essi consistono nell'imputare responsabilità alla dirigenza sul mancato ossequio della programmazione interna. Un accaduto non propriamente condivisibile, atteso che l'inadempimento pare sia dovuto a circostanze non riconducibili alla pianificazione del lavoro burocratico bensì, per come direttamente affermato nella delibera 18/2023, alla errata programmazione di competenza del decisore politico, esercitata in base all'articolo 4, comma 1, del testo unico del pubblico impiego. Del resto, le gravi irregolarità, lentezze e tardività riscontrate nello sviluppo di almeno 40 stazioni di rifornimento a base di idrogeno - nel quadro delineato dalla Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 2014/94/Ue, sulla realizzazione di un'infrastruttura per i combustibili alternativi - sono quasi tutte riconducibili all'elevato costo di investimento programmato dalla politica e ai conseguenti costi operativi non condivisi dal mercato, tali da rendere le iniziative non attrattive della partnership privata (Collegio del controllo concomitante, dixit).