Appalti

Presidente di commissione incompatibile se ha predisposto la legge di gara

Chi firma le regole del bando non può anche farle applicare vanificherebbe la garanzia di trasparenza e terzietà

di Stefano Usai

La sottoscrizione degli atti del procedimento d'appalto conferma una partecipazione sostanziale nella predisposizione delle regole determinando incompatibilità ad applicarle. In questo senso la sentenza n. 7419/2021 del Consiglio di Stato.

Il fatto
Il ricorrente si è opposto alla pronuncia di primo grado del Tar Calabria, setenza n. 1084/2021, perchè non ha rilevato, l'incompatibilità del presidente della commissione di gara che, oltre ad aver sottoscritto la legge di gara, ha proceduto con l'aggiudicazione dell'appalto.
Più in dettaglio, l'appellante ha denunciato la «violazione dell'articolo 77, comma 4, Dlgs n. 50/2016» considerato che «il presidente della commissione di gara aveva in concreto adottato anche il decreto di indizione della procedura concorsuale, nonché era titolare dell'ufficio competente ad adottare l'approvazione degli atti della commissione esaminatrice».
In primo grado, in effetti, non è stato valorizzato il fatto che il presidente avesse sottoscritto i vari atti del procedimento mentre, a detta del dogliante, la sottoscrizione ha attribuito la paternità sugli atti in parola e la correlata responsabilità giuridica.
In questo modo, prosegue la censura, per effetto di questa acquisita «paternità» anche «sulle regole della gara» il responsabile non avrebbe potuto applicarle «in qualità di componente della commissione di gara».

L'incompatibilità
Il Collegio ha coniviso la sottolineatura richiamando il proprio orientamento giurisprudenziale.
In relazione alla questione della necessaria terzietà tra soggetto che predispone la legge di gara e del soggetto che poi viene chiamato ad applicare queste regole, la giurisprudenza ha chiarito che «il fondamento è di stretto diritto positivo, e va rinvenuto» nell'articolo 77, comma 4, del Dlgs 50/2016.
Costantemente – anche sotto l'egida del pregresso codice -, i giudici hanno posto l'accento sull'esigenza «di una rigida separazione tra la fase di preparazione della documentazione di gara e quella di valutazione delle offerte in essa presentate, a garanzia della neutralità del giudizio e in coerenza con la ratio generalmente sottesa alle cause di incompatibilità dei componenti degli organi amministrativi (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, n.13/2013)».
In sostanza, chi ha redatto la legge di gara non può far parte, nel caso dell'appalto da aggiudicarsi con il multicriterio/offerta economicamente più vantaggiosa, del collegio valutatore/aggiudicatore dell'appalto. Questo, per «una regola generale posta a tutela della trasparenza della procedura, e dunque a garanzia del diritto delle parti a una decisione adottata da un organo terzo e imparziale mediante valutazioni il più possibile oggettive, e cioè non influenzate dalle scelte che l'hanno preceduta (Consiglio di Stato, n. 1387/2019), (Consiglio di Stato, n. 2471/2020)».
Il presidente della commissione di gara, nel caso trattato, in effetti ha preso parte a ogni frangente chirurgico del procedimento e della successiva procedura di aggiudicazione, disponendo:
• l'avvio della procedura aperta «per cui è causa, definendo il valore complessivo stimato dell'appalto, il criterio di aggiudicazione all'uopo applicabile, le modalità di pubblicazione del bando di gara, nonché la riserva in capo all'amministrazione di aggiudicare la fornitura anche in presenza di una sola offerta valida (decreto del 27 maggio 2020)»;
• la sottoscrizione del «bando di gara, recante, altresì, le prescritte informazioni in ordine all'oggetto e alla procedura di selezione del contraente»;
• la sottoscrizione del disciplinare di gara, regolante «nel dettaglio le regole procedurali da osservare per pervenire alla selezione del contraente migliore»;
• la nomina della «Commissione giudicatrice, indicando la propria persona quale Presidente della Commissione»;
• concretamente la «valutazione delle offerte in qualità di presidente della commissione».
In definitiva, pertanto, il soggetto che ha predisposto le regole della gara ha proceduto anche alla loro applicazione facendo venire meno, potenzialmente, la garanzia di trasparenza e terzietà necessarie.

La questione della sottoscrizione degli atti
La sentenza ha affrontato anche la questione della sottoscrizione degli atti che, secondo la stazione appaltante doveva considerarsi distinta dalla concreta predisposizione rimessa ad altri soggetti.
Secondo il giudice il rilievo per cui l'incompatibilità non possa desumersi dalla "semplice" sottoscrizione (come in effetti in altre circostanze è stato argomentato) non è condivisibile.
La sottoscrizione, si legge in sentenza, ha svolto «una funzione identificativa ed impegnativa, consentendo di individuare l'autore dell'atto e imputando in capo a questi la responsabilità derivante dalla sua adozione».
Attraverso l'apposizione della firma, l'autore non si è limitato a un mero recepimento dell'altrui «volontà dispositiva» ma ha deciso, consapevolmente, di fare «proprio il lavoro preparatorio svolto dall'Ufficio» manifestando «in via immediata e diretta la volontà provvedimentale dell'Amministrazione di appartenenza, attuando un definito assetto di interessi sul piano sostanziale».
L'apposizione della firma, quindi, consente di sostenere che il sottoscrittore ha partecipato alla formazione sostanziale degli atti del procedimento e della procedura di gara.
In base a questo approdo, il Consiglio di Stato ha affermato la presenza nel procedimento amministrativo contrattuale di quel principio di terzietà che, ad esempio, è escluso nel procedimento amministrativo "generale" ai sensi della legge 241/90. L'articolo 6, comma 1, lettera e), infatti, consente al responsabile del procedimento – se ha le competenze gestionali a valenza esterna -, anche di firmare il provvedimento definitivo.

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