Imprese

Prezzi inadeguati nei bandi: le principali sentenze sulle le gare impugnate dagli operatori

Dalla Sardegna alla Puglia alla Sicilia (e non solo): la giurisprudenza riconosce (quasi sempre) le ragioni degli operatori che denunciano la distanza dalla realtà dei listini nei dei bandi

di Massimo Frontera

I listini prezzi in base ai quali viene calcolato e definito il valore a base d'asta dell'appalto sono al centro di un contenzioso non nuovo. L'elemento di novità nelle recenti impugnazioni e richieste di sospensiva degli operatori è la tensione sui costi di alcuni materiali e sul costo dell'energia combinata con - da una parte - l'esplosione della domanda stimolata dai bonus e dai piani anticiclici finanziati dall'Europa e - dall'altra - dall'incertezza dovuta alla guerra iniziata dalla Russia. Non aiutano inoltre le rigidità strutturali del quadro normativo sui lavori pubblici, che non favoriscono adattamenti rapidi e risposte efficaci ai repentini e continui aumenti riscontrabili nell'economia reale. Tutto questo sta appunto riproponendo un contenzioso antico; ma che oggi assume un assoluto rilievo e una importanza cruciale non solo per le imprese ma anche per la Pa, come dimostrano i recenti casi di appalti - anche molto consistenti - che nascono già compromessi, proprio perché hanno a riferimento listini non in linea con quelli di mercato.

I prezzari regionali e il codice del 2006
In alcune pronunce di oltre 10 anni fa il tema non era l'inflazione ma semplicemente l'applicazione dei prezzari regionali, anche perché, ai sensi del vecchio codice del 2006, la giurisprudenza ha avuto buon gioco nel valutare «illegittimo il bando che imponga a base di gara un prezziario non aggiornato (…) con prezzi incongrui e non attualizzati, oggettivamente inferiori a quelli di mercato come rilevabili dal tariffario regionale» (Tar Napoli, sez. I, n. 5130/2009; Tar Reggio Calabria, sez. I, n. 131/2009; Tar Veneto, sez. I, n. 670/2008; Tar Umbria, n. 247/2008). «Tuttavia - ricorda il Tar Puglia nel 2019 (Sentenza n.1581), tale posizione è stata successivamente superata, sulla base dell'assunto per cui "l'onere dell'aggiornamento dei prezzari di cui all'art. 133 del decreto legislativo n. 163 del 2006, non è una norma cogente, ma soltanto una indicazione alle amministrazioni aggiudicatrici di prendere in considerazione le variazioni dei prezzi secondo un costante aggiornamento. Ciò non significa, però, che le amministrazioni siano obbligate a porre a base del loro computo estimativo i suddetti prezzari, anche in considerazione della generale illegittimità comunitaria dei minimi tariffari inderogabili"».

Il nuovo codice appalti (modificato dal correttivo)
I riferimenti normativi che oggi costituiscono la principale bussola di imprese e giudici amministrativi sono l'articolo 23, comma 16 (come modificato dal correttivo del 2017) che oltre ai prezzari regionali consente alle «primarie stazioni appaltanti» di utilizzare anche i propri prezzari. Il principio di utilizzare listini corrispondenti alla realtà si ritrova anche nell'articolo 26, comma 4, lettera h, del codice, secondo cui, una volta conclusa la progettazione, l'amministrazione, in fase di validazione del progetto, è tenuta ad un'ulteriore verifica degli elaborati progettuali prima dell'avvio della gara, accertandone la regolarità anche sotto il profilo della «adeguatezza dei prezzi unitari utilizzati».

Quando il prezzo a base d'asta è insostenibile
Tra le recenti sentenze focalizzate sul problema del valore a base d'asta insostenibile per l'operatore economico c'è quella del Tar Puglia (Lecce) di circa un anno fa (Sezione III, n.497/2021) a seguito di impugnazione delle imprese dell'Ance. Il primo giudice ha censurato il comune di Neviano (Le) perché, mandando in gara la riqualificazione di un campo sportivo, ha preso a riferimento il prezzario regionale 2019, applicando però nuovi prezzi che in alcuni casi presentavano un ribasso del 65 per cento. I giudici riconoscono che il comune «sarebbe giunto a sottostimare in maniera arbitraria l'intervento di 285.966,40 euro (pari al 48% del valore calcolato sulla base del prezziario 2019). Ciò avrebbe ex se reso impossibile per qualsivoglia operatore economico formulare un'offerta seria e economicamente sostenibile». Inoltre il comune non ha né comunicato l'origine dei prezzi indicati, né fornito alcuna motivazione della sua scelta. Il ricorso è stato accolto senza incertezze, nonostante che alla gara del comune avessero partecipato varie imprese presentando offerte con un ribasso consistente, inclusa l'impresa l'aggiudicataria che ha vinto con un ribasso di oltre il 29% (esattamente 29,602%). Secondo i giudici «l'impiego di parametri eccessivamente bassi (o, viceversa troppo elevati), comunque non in linea con le caratteristiche reali del settore imprenditoriale (come declinate in concreto con riguardo ad un dato territorio ed uno specifico frangente temporale), è in grado, infatti, di alterare il gioco della concorrenza ed impedire l'accesso al mercato in condizioni di parità». Da qui l'annullamento del bando e, di conseguenza, dell'aggiudicazione.

Il bando "cumulativo" di Catania
Più recentemente, anche il Tar Sicilia (Catania) - Sezione Prima, pronuncia n.3693 del 7 dicembre 2021 - si è pronunciato in modo analogo, su una gara che vede però un importo decisamente più consistente rispetto al bando pugliese. Il caso riguarda l'appalto mandato in gara a giugno 2021 dal comune di Catania per un'opera di urbanizzazione (parcheggio interrato e attigua area a verde) per un valore a base d'asta di quasi 11,4 milioni di euro. Il contenzioso - anche in questo caso sollevato dall'Ance e da alcune imprese aderenti - segnala al giudice che la stazione appaltante ha applicato per questo bando il prezzario 2018, invece di quello 2019 al momento disponibile, senza peraltro fornire spiegazioni. Dai calcoli fatti in sede di giudizio ne risulta una differenza aggiuntiva di oltre 300mila euro, a seguito degli aumenti risultanti dai listini che gli operatori economici hanno documentato. La replica della stazione appaltante a fronte di questa contestazione appare perlomeno curiosa, quando afferma che «degli aumenti dei prezzi delle materie prime intervenute tra la fine dell'anno 2020 e il febbraio 2021 non si sarebbe potuto tenere in conto nemmeno ad applicare il prezzario 2019». Argomentazioni che, comprensibilmente, il Tar ha giudicato «prive di base». Sul punto, il giudice ribadisce che «le stazioni appaltanti sono tenute a fare puntuale applicazione dei prezzari regionali (e anche a ritenere che il prezzario regionale non abbia valore tout court vincolante ma costituisca la base di partenza per l'elaborazione delle voci di costo della singola procedura, deve nondimeno ritenersi che in caso di eventuale scostamento la stazione appaltante debba dare analitica motivazione». Peraltro, il bando di Catania conteneva elementi che esasperavano sfavorevolmente l'elemento prezzo, nei confronti dei concorrenti, attraverso un punteggio premiale per chi avesse accettato di realizzare altri interventi non inclusi nel progetto e l'obbligo di stipulare una polizza più onerosa di quella prevista dal codice dei contratti. A conti fatti, in base a una perizia riassunta nella pronuncia del Tar, l'utile di impresa - calcolato in poco più di un milione di euro - viene letteralmente travolto dai maggiori costi, che sommano oltre 4,5 milioni di euro, «derivanti dal mancato utilizzo del Prezzario regionale vigente e dalle lavorazioni aggiuntive previste dai criteri dell'Offerta tecnica». In altre parole, le scelte della Pa e i listini posti alla base dei calcoli hanno reso, di fatto, «incongruo ovvero incapiente l'importo posto a base di gara». Anche in questo caso, il giudice ha annullato tutti gli atti.

Il bando della Provincia di Nuoro, promosso dal Tar
In era precovid ci sono almeno un paio di casi che meritano di essere raccontati. Il primo è quello di un appalto stradale mandato in gara a marzo 2019 in Sardegna dalla provincia di Nuoro. Il bando - come ricostruisce la pronuncia del Tar Cagliari (Sezione seconda n.554/2019) - prende a riferimento il prezzario regionale del 2008 e, per alcune voci, quello del 2018, approvato dall'Anas. «Allo stesso modo, l'analisi dei prezzi fa contemporaneamente riferimento al Prezzario 2008 per alcune voci e al Prezzario 2018 per altre». Le imprese hanno lamentato l'impossibilità di «formulare un'offerta seria, accurata e, soprattutto, remunerativa». Tuttavia, in questo caso i giudici hanno respinto il ricorso delle imprese, pur ribadendo «l'obbligo di porre a base di gara valori economici coerenti con l'attuale andamento del mercato» da parte della stazione appaltante. Principio, quest'ultimo, che «trova la sua ragione nella necessità di evitare carenze di effettività delle offerte e di efficacia dell'azione della pubblica amministrazione, oltre che sensibili alterazioni della concorrenza tra le imprese». I giudici hanno valutato che la provincia ha correttamente applicato una indicazione della regione Sardegna volta a rendere possibile, a certe condizioni, l'appalto di lavori le cui risorse fossero individuate da atti già perfezionati. Nel giudizio non deve aver giovato ai ricorrenti il fatto che la gara impugnata ha ricevuto molte offerte, con un ribasso che ha in moti casi sconfinato nell'anomalia; e proprio una di queste offerte anomale era stata presentata da una delle imprese ricorrenti.

Scorretto il "cocktail" di prezzari
L'altro contenzioso del 2019 che merita menzione è quello che ha coinvolto il comune barese di Noicàttaro. In questo caso la stazione appaltante pugliese - censurata dal primo giudice - si è dimostrata molto più disinvolta di quella sarda. Nella ricostruzione del caso operata della Prima Sezione del Tar Puglia (n.1581/2019) emerge che il comune ha verificato l'anomalia dell'offerta del ricorrente «avendo posto in essere il computo metrico estimativo sulla base di differenti standards qualitativi e, in particolare, per gran parte delle voci di computo, del Listino Prezzi OO.PP. Regione Puglia 2017, mentre, per le restanti voci relative a lavorazioni non rinvenibili nel suddetto prezzario, il Listino Prezzi OO.PP. della Regione Puglia 2012, nonché il Listino Ariap 1/2014 e il Listino Regione Umbria OO.PP. 2014». Lo "slalom" tra i prezzari viene giudicato scorretto dal primo giudice, secondo il quale «in sede di verifica di anomalia dell'offerta della ricorrente, il Rup avrebbe dovuto utilizzare sempre e solo il parametro così individuato, in modo da garantire una valutazione quanto più possibile completa e uniforme». Più in generale sui prezzari, il Tar Puglia ribadisce che «la giurisprudenza amministrativa ha in più occasioni puntualizzato la necessità che le procedure di gara siano poste in essere sulla base di prezzari aggiornati, contenenti valori economici coerenti con l'attuale andamento del mercato, a pena di intuibili carenze di effettività delle offerte e di efficacia dell'azione della Pubblica Amministrazione, oltre che di sensibili alterazioni della concorrenza tra imprese, essendo penalizzate dai prezzi non aggiornati soprattutto gli operatori economici più competitivi, perché sopportano i maggiori oneri per l'aggiornamento dei costi del lavoro, per l'investimento, la formazione e così via».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©