Appalti

Nuovo codice appalti, sulla qualificazione delle stazioni appaltanti la posizione peculiare (e non chiarissima) delle società in house

Emergono profili di criticità dalla qualificazione automatica del soggetto giuridico «in house» come amministrazione aggiudicatrice, senza l'assunzione di effettivi rischi economici e gestionali

di Giorgio Lezzi*

Una delle "pietre miliari" poste alla base del nuovo codice dei contratti pubblici (il d.lg. n. 36/2023) è rappresentata dal sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti – adempimento obbligatorio dal prossimo 1° luglio 2023 -, sistema, questo, che pone a carico delle amministrazioni pubbliche un complesso ed articolato sistema di qualificazione, volto ad assicurare che le competenze e le esperienze finora maturate dalle amministrazioni pubbliche siano da un lato valorizzate e dall'altro condivise con le stazioni appaltanti che, invece, per ridotta dotazione di personale o per inesperienza, o ancora in quanto perché non destinatarie di risorse finanziarie sufficienti, non potrebbero gestire appalti caratterizzati da notevole complessità. Si tratta, peraltro, dell'attuazione di uno dei principi dettati dalla legge delega (la l. n. 78/2022) da cui trae origine il nuovo codice, che poneva – fra l'altro – l'obiettivo di «ridefinire la disciplina in materia di qualificazione delle stazioni appaltanti al fine di conseguire una loro riduzione numerica».

In tale prospettiva, il comma 2 dell'articolo 62 del nuovo codice ribadisce il divieto di rilascio del Cig (il Codice Identificativo Gara, essenziale ai fini dell'indizione e dell'esperimento di ogni procedura) da parte dell'Anac alle stazioni appaltanti non qualificate, e ciò, come detto, al dichiarato fine di valorizzare le capacità in base alle effettive competenze legate a dimensionamento sia dell'opera da realizzarsi, sia del personale da dedicare alla gestione di progetti di grandi dimensioni e anche per conseguire la riduzione dei prezzi su scala larga, efficientando così la spesa pubblica, anche in attuazione del principio di sussidiarietà verticale costituzionalmente enunciato. In tale contesto, si pone la peculiare posizione delle società a totale partecipazione pubblica che operano secondo il modello dell'in house providing nell'ambito di settori strategici del nostro Paese (fra cui gas ed energia termica; elettricità; acqua; servizi di trasporto; porti e aeroporti; servizi postali; estrazione di gas e prospezione o estrazione di carbone o di altri combustibili solidi) e che spesso sono assoggettate alle dinamiche - ed ai connessi rischi - di mercato.

In tale prospettiva, il comma 17 dell'articolo 62 del d.lg. n. 36/2013 stabilisce che sono esclusi dall'applicazione dell'articolo 62 e dell'articolo 63 – e, quindi, dal sistema di qualificazione obbligatoria - le imprese pubbliche e i soggetti privati titolari di diritti speciali o esclusivi quando svolgono una delle attività previste dagli articoli da 146 a 152, prestazioni, queste, relative come noto ai cc.dd. settori speciali. Ebbene, con riferimento a tali specifici soggetti, l'anac, con comunicato del Presidente del 17 maggio 2023, recante "Prime indicazioni per l'avvio del sistema di qualificazione delle Stazioni Appaltanti", riconoscendone espressamente lo specifico status, ha chiarito che «a questi soggetti non sarà conseguentemente applicato il blocco del rilascio del Cig». Tuttavia l'Anac, in relazione al quesito «Alle società in house operanti nei settori speciali si applica il sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti?», con Faq n. 3 pubblicata sul sito istituzionale della medesima Autorità, ha risposto «Si, poiché l'articolo 62, comma 17, del codice esclude dal sistema della qualificazione espressamente gli Enti aggiudicatori operanti nei settori speciali (imprese pubbliche e soggetti privati titolari di diritti esclusivi e/o speciali), viceversa le società in house providing, ancorché operanti nei settori speciali, rientrano nel novero delle amministrazioni aggiudicatrici giusta previsione dell'articolo 28 della direttiva 2014/25/UE, ove espressamente riconduce le persone giuridiche di diritto pubblico e/o privato che soddisfano i requisiti dell'in house providing tra le amministrazioni aggiudicatrici».

In altre parole, nella prospettazione dell'Autorità, la sola circostanza di essere un soggetto giuridico in house, anche se operante nei settori speciali, determinerebbe la qualificazione automatica di «amministrazione aggiudicatrice» (e, quindi, in gergo euro-unitario, di «organismo di diritto pubblico»), e ciò indipendentemente dalla verifica in merito all'assunzione, ad opera del predetto soggetto giuridico, di effettivi rischi economici e gestionali connessi allo svolgimento delle prestazioni di propria competenza. Tale automatismo, tuttavia, presenta dei profili di criticità. Preliminarmente, va evidenziato che le figure dell'organismo di diritto pubblico e quella di impresa pubblica sono tra loro non compatibili, essendo l'uno caratterizzato dal «soddisfacimento di bisogni generali a carattere non industriale o commerciale» e l'altra dallo svolgimento di attività economica a carattere, per definizione, imprenditoriale e quindi qualificata dalla presenza sintomatica dei seguenti indici principali (che rivelano la qualità di impresa e, al contempo, escludono il carattere non industriale o commerciale dei bisogni): il perseguimento di uno scopo di lucro e l'assunzione del rischio. In particolare, la direttiva 2014/25/UE, al Considerando n. 12, precisa che «un organismo che opera in condizioni normali di mercato, mira a realizzare un profitto e sostiene le perdite che risultano dall'esercizio delle sue attività non dovrebbe essere considerato un «organismo di diritto pubblico» in quanto è lecito supporre che sia stato istituito allo scopo o con l'incarico di soddisfare esigenze di interesse generale che sono di natura industriale o commerciale».

In tale prospettiva, va segnalato che le società in house operanti nei settori speciali (fra cui il settore idrico integrato), che realizzano i relativi ricavi dalla riscossione delle tariffe applicate all'utenza finale e che assumono tutti i rischi commerciali ed industriali derivanti dallo svolgimento delle prestazioni alle stesse affidate, non beneficiando di sussidi ulteriori in caso di "emergenza", possono essere qualificabili come imprese pubbliche, vale a dire «un'impresa su cui le amministrazioni aggiudicatrici possono esercitare, direttamente o indirettamente, un'influenza dominante perché ne sono proprietarie, vi hanno una partecipazione finanziaria, o in virtù di norme che disciplinano le imprese in questione» (così l'art. 4, c 2, della medesima direttiva 2014/25/UE) e, per l'effetto, come «enti aggiudicatori» e non già quali «amministrazioni aggiudicatrici». A tale approdo è pervenuta anche la giurisprudenza amministrativa, che ha avuto modo di rilevare che «una società in house, con le caratteristiche previste dall'art. 2 del d. lgs. n. 175 del 2016 e dall'art. 5 del d. lgs. n. 50 del 2016, è una impresa pubblica sotto immanente "controllo analogo"» (così Tar Campania, Napoli, sez. III, 04/02/2019, n. 661).

Peraltro, che si possa trattare, pure in tali casi, di soggetti che «sostengono le perdite che risultano dall'esercizio delle loro attività» è peraltro confermato anche dal contenuto dell'art. 14 del d.lg. n. 175/2006 (il c.d. decreto Madia, meglio conosciuto come Testo Unico delle Società a Partecipazione pubblica), laddove, recependo precise indicazioni della giurisprudenza che ha a più riprese evidenziato l'assoggettabilità delle società in house alla disciplina fallimentare – così, anche da ultimo, Cassazione civile, sez. I, ordinanza 16.03.2023, n. 7646, secondo cui «la società di capitali con partecipazione pubblica, anche in house, non muta la propria natura di soggetto di diritto privato solo perché gli enti pubblici ne posseggano le partecipazioni, posto che l'identità dell'azionista non assume alcun rilievo quanto alle vicende della società, che opera nell'esercizio della propria autonomia negoziale, sul quale l'ente pubblico non può incidere mediante l'esercizio di poteri autoritativi o discrezionali» -, è statuito che «Le società a partecipazione pubblica sono soggette alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo, nonché, ove ne ricorrano i presupposti, a quelle in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza di cui al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, e al decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39».

Ad ogni modo, va considerato che tale diversa qualificazione non risulterebbe neppure smentita dal contenuto dell'art. 28 della direttiva 2014/25/UE, che non assimila automaticamente i soggetti in house alle «amministrazioni aggiudicatrici», differenziando infatti chiaramente la posizione di queste ultime da quella propria delle imprese pubbliche, assoggettando infatti alla relativa disciplina, in termini qualificatori fra loro ben distinti, «Un appalto aggiudicato da un'amministrazione aggiudicatrice a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato». Ebbene, l'assenza di automatismi qualificatori fra società in house operante nei settori speciali e organismo di diritto pubblico, consiglia di operare una verifica caso per caso dei soggetti tenuti o non all'obbligo di qualificazione di cui trattasi, e ciò, come detto, tenendo conto dell'effettiva assunzione di rischi commerciali ed industriali. Tale necessità di verifica puntuale risulta ancor più rilevante laddove si consideri che, per sostenere la definizione e l'avvio delle procedure di affidamento ed accelerare l'attuazione degli investimenti previsti dal PNRR e dai cicli di programmazione nazionale e dell'Unione europea, l'art. 10 del d.l. n. 77/2021 e s.m.i. (applicabile anche dopo il 1° luglio ai contratti finanziati in tutto o in parte dal Pnrr) prevede che le amministrazioni pubbliche interessate possano, mediante apposite convenzioni, avvalersi del supporto tecnico-operativo di società in house.

Supporto, questo, corrispondente, in molti casi ed anche nei settori speciali, al ruolo di tali soggetti come stazioni appaltanti: si pensi, ad esempio, alle misure del Pnrr volte alla riduzione delle perdite idriche, le cui risorse sono di competenza delle Autorità di Ambito, le quali hanno tuttavia "delegato" i soggetti gestori di ambito ad indire ed espletare le relative gare. A tal proposito, sarebbe opportuno evitare che un soggetto in house operante nei settori speciali, potenzialmente qualificabile come impresa pubblica – in virtù della propria capacità di soddisfare le caratteristiche specifiche delineate dall'ordinamento europeo, per come sopra evidenziate –, sul presupposto del contenuto dell'art. 62, c. 17 del nuovo codice, ritenga di non doversi necessariamente assoggettarsi alla procedura di qualificazione (e soprattutto, consideri opportuno evitare di essere qualificato quale organismo di diritto pubblico, anche per gli ulteriori adempimenti o ai limiti a ciò conseguenti) e, ciò nonostante, si veda negare il rilascio del Cig, non potendo pertanto procedere celermente all'affidamento dei contratti di propria competenza.

(*) Partner, Head of Public Law & Infrastructure Services, Osborne Clarke

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