Fisco e contabilità

Rifiuti assimilati, sono illegittime le riduzioni Tari per scaglioni

Sul punto i regolamenti locali vanno disapplicati anche d’ufficio

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di Pasquale Mirto

Entro il 30 aprile i Comuni dovranno adeguare i regolamenti Tari alla delibera Arera 15/2022.

Oltre ai vari problemi di coordinamento tra le prescrizioni Arera e la disciplina Tari, i Comuni dovranno valutare le modifiche conseguenti ad alcuni importanti principi enunciati dalla Cassazione.

In particolare, nella sentenza n. 5786/2023 si affrontano due importanti questioni: le riduzioni della parte variabile della tariffa, previste dal comma 649 della legge 147/2013, a favore dei soggetti che «avviano al riciclo» i rifiuti speciali assimilati - oggi rifiuti urbani simili (allegato L-quater del Dlgs 152/2006) - e la possibilità di limitare la riduzione ai soli casi di riciclo e non quindi anche alle operazioni di recupero, come invece ritenuto nella circolare del Mite del 12 aprile 2021.

Il comma 649 fissa l’obbligo per i Comuni di prevedere nel regolamento Tari una riduzione della quota variabile del tributo «proporzionale» alle quantità di rifiuti speciali assimilati che il produttore dimostra di aver avviato al riciclo.

La norma, individuando un criterio di proporzionalità, ammette anche l’azzeramento della parte variabile, nel caso in cui si avviino al riciclo tutti i rifiuti urbani simili.

Molti Comuni tuttavia hanno previsto una percentuale di riduzione a scaglioni con un tetto massimo inferiore al 100%. Per Corte, la fissazione di un limite massimo alla riduzione tariffaria non previsto dal legislatore altera il criterio di proporzionalità e non è quindi consentita; il regolamento comunale che lo introduce è quindi illegittimo in quella parte e va disapplicato anche d’ufficio.

Altro problema è quello della differenza tra riciclo e recupero. Qui va anticipato che il quadro normativo è caotico. È stata introdotta la possibilità di fuoriuscita dal servizio pubblico in caso di avvio al recupero non intervenendo nella disciplina Tari, ma in quella relativa a un prelievo soppresso come la tariffa dell’articolo 238 del Dlgs 152/2006.

Peraltro, la Cassazione non considera la norma un valido parametro di riferimento proprio perché, banalmente, non disciplina la Tari, nonostante quanto affermato dal Mite nella circolare 12 aprile 2021.

L’incongruenza sistemica tra il comma 649, che fa riferimento alle operazioni di riciclo, e l’articolo 238, comma 10, che fa riferimento al recupero, viene risolta dal Mite con una lettura “attualizzata” della disciplina Tari, in base alla quale la riduzione del comma 649 «deve essere riferita a qualunque processo di recupero, ricomprendendo anche il riciclo». Peraltro questa lettura è stata osteggiata da Anci/Ifel con la nota del 2 marzo 2021.

La Cassazione, in aderenza a quanto ritenuto dall’Anci, precisa che il Comune deve riconoscere riduzioni della quota variabile del tributo proporzionali alla quantità dei rifiuti speciali assimilati avviati al riciclo, ferma restando la legittima possibilità del riconoscimento degli scojnti anche per i rifiuti avviati a recupero.

In altri termini, se il Comune ha regolamentato, in aderenza al comma 649, riduzioni per l’avvio al riciclo, queste non potranno essere riconosciute nell’ipotesi in cui il contribuente dimostri il solo avvio al recupero.

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