Personale

Rimborso spese legali ai dipendenti, «stretta» della Cassazione sulle condizioni

Assenza di conflitto di interesse da valutare <i>ex ante</i>, ok dell'ente sulla scelta del legale e avvio del processo tempestivamente comunicato

di Arturo Bianco

Per potere dare corso al rimborso delle spese legali ai propri dipendenti occorre che l'assenza di conflitto di interesse sia stata valutata dell'ente ex ante, che il legale sia scelto dal dipendente con il gradimento della propria amministrazione e che l'avvio del processo sia stato tempestivamente comunicato. Condizioni che si aggiungono a quelle consolidate per cui il contenzioso deve essere relativo a fatti inerenti le attività di ufficio e che il dipendente sia stato prosciolto. Sono queste le più recenti indicazioni che ci arrivano dalla giurisprudenza della Corte di cassazione: esse restringono gli ambiti entro cui gli enti possono riconoscere le spese legali sostenute dal proprio personale per fatti di ufficio.

La prima indicazione è che il rimborso delle spese legali va riconosciuto ai dipendenti se non maturano le condizioni per la sussistenza di un conflitto di interessi e tale valutazione deve essere effettuata già all'inizio del contenzioso, quindi non è subordinato ai suoi esiti. É quanto afferma la sentenza della sezione Lavoro della Corte di cassazione n. 32549/2021. Essa sottolinea che la mancanza di conflitto di interesse costituisce un presupposto e che, di conseguenza, se esso sussiste il rimborso non può essere riconosciuto. Il che si determina quando l'ente è parte offesa e, a maggior ragione, quando si costituisce come parte civile nei confronti del dipendente. Tale valutazione non può essere effettuata ex post sulla base degli esiti del processo.

Un'altra importante indicazione è che i dipendenti sono tenuti a concordare con l'ente la scelta del proprio difensore. Siamo in presenza di una condizione che deve essere giudicata come essenziale per potere dare corso al rimborso delle spese legali in caso di assoluzione. É quanto afferma la sentenza della sezione Lavoro della Corte di cassazione n. 32558/2021. In premessa ci viene ricordato che non esiste nel nostro ordinamento un «generalizzato diritto al rimborso delle spese legali sostenute dal dipendente». E inoltre, non si deve parlare di obbligo di rimborsare al dipendente l'onorario che lo stesso ha corrisposto al proprio legale di fiducia ma che le disposizioni vanno nella direzione dell'assunzione diretta degli oneri di difesa fin dall'inizio del procedimento, con la nomina di un difensore di comune gradimento. Sul terreno operativo, se ne deve trarre la conclusione che l'ente deve essere informato tempestivamente per potere verificare l'eventuale conflitto di interessi con il dipendente e, una volta che si è avuta una verifica negativa, il dipendente possa indicare il difensore e l'ente esprime il proprio gradimento. Tanto la violazione dell'obbligo di informazione tempestiva della instaurazione di un procedimento, quanto la nomina non concordata del legale determinano come conseguenza la impossibilità per l'ente di potere rimborsare le spese legali anche in caso di proscioglimento.

Le altre condizioni per il rimborso sono, per la sentenza della sezione lavoro della Corte di cassazione n. 24461/2020, le seguenti: esistenza di un rapporto di pubblico impiego, procedimento penali o civile che vede il dipendente come indagato o imputato o convenuto, oggetto del processo lo svolgimento della attività di ufficio, assenza di una grave violazione dei doveri d'ufficio, nonché di dolo o colpa grave.

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