Amministratori

Risarcibile all'assessore il danno per la revoca illegittima

L'ipotesi si concretizza quando non ci sono ragioni concrete alla base della sfiducia

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di Amedeo Di Filippo

È illegittimo l'atto di revoca dell'assessore che non indichi le ragioni concrete poste alla base della sfiducia ed è ammesso il risarcimento del danno da questi subito in ragione della natura dei vizi riscontrati. Lo afferma la quinta sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 2071/2023.

La revoca
È stato impugnato l'atto con cui il sindaco ha revocato le cariche di vicesindaco e assessore, fondato sul presupposto della manifestazione di problemi politici e difficoltà nei rapporti di collaborazione che avevano determinato l'affievolirsi del rapporto fiduciario. Il ricorrente ha lamentato la carenza di motivazione e ha avanzato domanda per il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale subito. Il Tar ha accolto il ricorso annullando il provvedimento e condannando il comune al risarcimento del danno. Il comune ha quindi proposto appello ritenendo che il provvedimento di revoca è insindacabile in sede giurisdizionale, non sussiste alcun obbligo di esporre i singoli fatti che hanno intaccato il rapporto fiduciario, la giunta è strumento del sindaco per l'attuazione del mandato elettorale, l'illegittimità della revoca non integra né dimostra la colpa dell'amministrazione ai fini del riconoscimento del risarcimento del danno da attività illegittima.

I poteri del sindaco
La quinta sezione non condivide il primo motivo, contestando che nell'esercizio del potere di revoca dell'assessore non vi sia parametro giuridico, posto che si tratta di un atto di "alta amministrazione" che non costituisce espressione della libertà (politica) commessa dalla Costituzione ai supremi organi decisionali dello Stato per la soddisfazione di esigenze unitarie e indivisibili a questo inerenti ma è sottoposto alle prescrizioni di legge ed eventualmente degli statuti e dei regolamenti. In questi casi l'insindacabilità in sede giurisdizionale dell'atto va esclusa in presenza di una norma che predetermini le modalità di esercizio della discrezionalità politica o che la circoscriva e la cui fonte normativa riconosca l'esistenza di una situazione giuridica attiva protetta dall'ordinamento. Riconosciuta la natura amministrativa dell'atto di revoca, lo stesso risulta soggetto allo statuto del provvedimento amministrativo e al correlato sindacato giurisdizionale, ma con la limitazione che gli deriva dall'essere appunto un atto di "alta amministrazione" per il quale il controllo del giudice non è della stessa ampiezza di quello esercitato in relazione a un qualsiasi atto amministrativo, «ma si appalesa meno intenso e circoscritto alla rilevazione di manifeste illogicità formali e procedurali».

La motivazione
Circa la motivazione, i giudici di Palazzo Spada non condividono l'assunto secondo cui andrebbe motivata la sola comunicazione al consiglio e non anche il provvedimento di revoca: una volta qualificato quest'ultimo come atto amministrativo, seppure di alta amministrazione, lo stesso non può che soggiacere agli oneri motivazionali propri del provvedimento amministrativo, che vanno senz'altro assolti. Oneri che non riscontrano nell'atto impugnato, che fa generico riferimento al venir meno della fiducia per problemi politici e difficoltà nella collaborazione – in relazione ad alcuni articoli di stampa da cui emergerebbero i contrasti dai quali è dipeso il venir meno della fiducia del sindaco – senza indicare le ragioni concrete poste alla base di tale sfiducia. D'altra parte il sindacato giurisdizionale sulla motivazione dell'atto di revoca non può che limitarsi alla verifica di non arbitrarietà della decisione e nessun rilievo assumono i fatti e le valutazioni che abbiano fondato il giudizio di sfiducia del sindaco.

Il risarcimento
La sesta sezione accoglie anche la domanda risarcitoria, proprio in considerazione della natura dei vizi riscontrati nell'atto di revoca, espressivi della colpa dell'amministrazione quale chiara negligenza nel proprio operato. Il danno è provocato direttamente dal provvedimento di revoca e a nulla rileva la successiva nomina del nuovo assessore, che configura una nuova e distinta vicenda amministrativa, talché non era necessario a questi fini per il ricorrente impugnare il relativo atto di incarico.

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