Riscossione, regole chiare su oneri e spese di notifica
L'assenza di una circolare ministeriale sulla riforma della riscossione coattiva introdotta dalla ultima legge di bilancio ha dato luogo alle più disparate interpretazioni anche su punti sui quali, alla luce, peraltro, della posizione espressa dal ministero in occasione dell'incontro su Telefisco, sembrava esserci ampia condivisione da parte di chi si occupa della materia.
Uno dei temi più discussi riguarda il contenuto del comma 803 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2020 , ovvero l'applicazione e l'incasso delle quote riguardanti gli «oneri di riscossione» e le «spese di notifica ed esecutive» previste dalle lettere a) e b) del comma.
Anacap, con una sua nota del 7 gennaio si è espressa sulla qualificazione delle quote che, è utile ripeterlo, non hanno natura di corrispettivo contrattuale nell'ipotesi in cui il servizio sia affidato a uno dei soggetti indicati nell'articolo 52, lettera b) del Dlgs 446/1997, ma costituiscono la mera ripetizione da parte del soggetto che emette l'atto (ente o del suo concessionario), dei costi specifici e degli oneri generali connessi all'accertamento e alla riscossione, anche forzata dell'entrata pubblica. Depongono a sostegno di questo assunto innanzitutto la considerazione che il corrispettivo contrattuale per la gestione dello specifico servizio pubblico ha natura negoziale, ancorché fissato a seguito di un procedimento a evidenza pubblica, in secondo luogo perché la fissazione di un limite massimo dei costi addebitabili, contrariamente a quanto previsto per la riscossione curata da Ader, (alla quale, in base al comma 785, non si applicano le disposizioni citate ma solo quelle del comma 792), esclude la natura corrispettiva degli stessi.
Dirimente appare poi l'incipit nel comma in esame che parla di «costi di elaborazione e di notifica degli atti e quelli delle successive fasi cautelari ed esecutive», e non di aggio o corrispettivo contrattuale che, contrariamente al sistema della riscossione coattiva affidata ad Ader, resta a carico dell'ente.
Nonostante l'interpretazione della norma sia pacifica, alcune interpretazioni diverse rischiano di creare un inutile contenzioso. Si sostiene che soggetto legittimato a incassare le quote sia l'ente locale, anche quando il servizio sia stato affidato a uno dei soggetti indicati nell'articolo 52, comma 5, lettera b) del Dlgs 446/1997, in quanto sarebbe «assente una esplicita previsione normativa in materia». Ma queste interpretazioni si allontanano dal testo normativo. Vediamo di ripercorrerne i passaggi.
Il comma 792 individua con sufficiente chiarezza quali sono i soggetti muniti del potere di compiere attività di riscossione, emettendo i relativi atti, a cominciare dall'avviso di accertamento. Essi sono: l'ente e i soggetti affidatari indicati dall'articolo 52, comma 5, lettera b) del Dlgs 446/1997.
La norma prevede che gli atti emessi devono contenere determinati elementi, tra i quali la espressa indicazione che gli stessi costituiscono titolo idoneo ad attivare le procedure esecutive e cautelari. Quindi il soggetto beneficiario delle quote è quello che emette l'atto impositivo esecutivo, che, per giunta, ne sopporta gli oneri. Se, quindi, il servizio è svolto dal concessionario, è lui il destinatario della entrata conseguita a seguito della notifica dell'avviso dallo stesso emesso e non l'ente che, a seguito dell'affidamento del servizio (concessione) si è spogliato del relativo potere e dei relativi costi.
Né l'attribuzione all'ente della quota denominata «oneri di riscossione a carico del debitore» può trovare motivazione giuridicamente plausibile nel fatto che, opinando diversamente, si realizzerebbe, secondo l'interpretazione citata, una «integrazione contrattuale che, a prestazioni invariate, interverrebbe, ope legis, in favore di un soggetto che per le attività che presta già è remunerato con spese a carico dell'ente», perché l'elemento contrattuale non rileva ai fini della individuazione del soggetto beneficiario degli oneri, ma può assumere rilevanza solo in sede di adeguamento del contratto in corso, così come prevede il comma 789 dello stesso articolo1.
Da ultimo, appare evidente che gli oneri, contrariamente a quanto affermato dall'autore, debbano essere indicati nell'avviso di accertamento, con l'avvertenza espressa che l'obbligo del loro versamento sorge con il decorso del termine previsto perché lo stesso acquisti efficacia di titolo esecutivo.
Va anche detto che l'introduzione frettolosa della disposizione sull'avviso esecutivo avrebbe creato dubbi interpretativi superiori alla fisiologica incertezza di ogni novità legislativa, ma c'è un limite all'interpretazione, che non può essere creativa, soprattutto quando la norma è chiara (in claris non fit interpretatio).
Auspicando l'intervento autorevole del Mef, con una circolare esplicativa sull'intera riforma, l'invito a una maggiore prudenza agli addetti ai lavori (Comuni, concessionari, esperti e studiosi) è d'obbligo, per non creare dubbi e incertezze prive di fondamento.
(*) Presidente Anacap