Amministratori

Silenzio assenso, non vale per le autorizzazioni paesaggistiche

Il parere tardivamente emanato dalla Soprintendenza non è vincolante per il Comune

di Paola Maria Zerman

Il silenzio assenso non vale per le autorizzazioni paesaggistiche. Ma il parere tardivamente emanato dalla Soprintendenza non è vincolante per il Comune richiedente - a seguito di istanza del privato - che deve procedere ad autonoma valutazione, pena l'illegittimità della deliberazione finale. Nella specie, il Consiglio di Stato (sentenza n. 168 del 2023) ha dichiarato illegittimo il diniego di sanatoria di uno spostamento verso il mare di alcuni manufatti di uno stabilimento balneare, espresso dal Comune sull'erroneo presupposto del carattere vincolante del parere della Soprintendenza tardivamente emanato (si vedano anche le sentenze n. 7293 del 2022, e 10109 del 2022).

Come noto, il silenzio assenso è il rimedio prestato dal legislatore in caso di inerzia della pubblica amministrazione. L' articolo 20 della legge n. 241/1990 prevede, infatti che, nei procedimenti ad istanza del privato, il vano decorso del termine per la conclusione del procedimento equivalga ad accoglimento della domanda. A esclusione di quelli che riguardano gli interessi cosiddetti "sensibili", tra i quali il patrimonio culturale e paesaggistico, che devono essere oggetto di espressa valutazione, non superabile con la formazione del silenzio, dovendosi semmai porre in essere adeguate misure organizzative per evitare ritardi e omissioni.

Tuttavia, l'esigenza di semplificazione degli iter burocratici e la rilevanza economica del fattore tempo, ha indotto il legislatore ad estendere il meccanismo del silenzio assenso anche ai rapporti tra pubbliche amministrazioni, dove, per l'adozione dell'atto finale, sia richiesto un atto di assenso, concerto o nulla osta «comunque denominati» di un'altra amministrazione. Se non viene emanato nel termine di trenta giorni, l'assenso «si intende acquisito» (articolo 17-bis «effetti del silenzio e del inerzia tra p.a.» cosiddetto "silenzio endo-procedimentale" introdotto dalla legge 124/2015 Madia).

Con problemi interpretativi di non poco conto, visto che, a differenza del silenzio assenso su istanza del privato (articolo 20) l'istituto si applica anche ai procedimenti che riguardano gli interessi sensibili e cioè anche ai casi in cui è prevista l'acquisizione di assensi di amministrazioni preposte alla tutela paesaggistico-territoriale, anche se il termine è ampliato a novanta giorni. Con la necessità di chiarire il perimetro delle due norme, per evitare fughe in avanti ben al di là delle intenzioni del legislatore. Esempio concreto è quello della autorizzazione di compatibilità paesaggistica, preventivamente richiesta dal privato per lavori su beni sottoposti a tutela (articolo 146 del Testo unico beni culturali 42 del 2004), o in sanatoria per quelli già effettuate, nei casi eccezionali previsti dall'articolo 167, laddove l'applicazione dello schema del silenzio assenso tra amministrazioni, può determinare danni irreversibili al paesaggio. In prima battuta, parte della giurisprudenza amministrativa, tra cui la decisione non condivisa sul punto dalla sentenza del Consiglio di Stato in commento (Tar Campania, sezione Salerno, n. 313/2022), riconduceva lo schema procedimentale a quello del silenzio tra amministrazioni (articolo 20) visto che in esso concorre l' amministrazione regionale o comunale, a cui il privato inoltra l'istanza, e la Sovrintendenza, tenuta ad emanare il parere vincolante nel termine prescritto. Il Consiglio di Stato, sulla base del parere già reso nel 2016 n. 1640 ha, però, chiarito la differenza esistente tra la struttura dei procedimenti (pluri-strutturato e mono-strutturato) previsti dalle due ipotesi normative, e la specificità della disciplina dell'autorizzazione paesaggistica, specificando che il silenzio assenso si applica solo al caso di procedimento autorizzatorio semplificato (articoli 3 e 7 del Dpr 31/2017). Ma il parere della Sovrintendenza, se tardivamente emanato, non è più vincolante, sicchè l'amministrazione competente al rilascio del provvedimento finale «è tenuta a motivare in modo autonomo le ragioni per cui l'intervento di trasformazione territoriale non sarebbe compatibile con i vincoli imposti dalle esigenze di tutela paesaggistica».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©