Il CommentoPersonale

Smart working, rebus scadenze alla fine dell'emergenza

Dal 15 settembre le Pa non devono più giustificare la presenza del personale in ufficio per attività indifferibili

di Consuelo Ziggiotto

La proroga dello stato di emergenza sanitaria fino al 15 ottobre, deliberata dal consiglio dei ministri il 29 luglio scorso, assume particolare rilievo in relazione alle norme che hanno esplicato ed esplicano la loro efficacia fino al termine del periodo di emergenza sanitaria, ora per l'appunto prorogato. L'articolo 87, comma 1, secondo periodo, del Dl 18/2020 (convertito dalla legge 27/2020), aggancia il lavoro agile, quale modalità ordinaria con la quale prestare l'attività lavorativa, proprio alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica. A rendere i termini incerti arriva però l'articolo 263 del decreto Rilancio, convertito dalla legge 77/2020. Il disposto introduce due nuove scadenze, che nella linea temporale si collocano, l'una prima del termine dell'emergenza (15 ottobre), l'altra invece in un momento successivo.

Rispettando l'ordine cronologico del combinato disposto, il 15 settembre cessa di avere effetto il dovere delle pubbliche amministrazioni di limitare la presenza del personale nei luoghi di lavoro e di giustificarne la presenza in quanto correlata ad attività indifferibili.
Le stesse pubbliche amministrazioni, contestualmente, sono tenute a organizzare il lavoro dei loro dipendenti attraverso moduli flessibili di orario di lavoro e sono altresì tenute ad applicare il lavoro agile al 50 per cento del personale impiegato nelle attività che possono essere svolte in tale modalità, e questo fino al 31 dicembre del 2020.

Nel frattempo, il 15 ottobre dovrebbe cessare lo stato di emergenza sanitaria. Ma quale è il termine del lavoro agile applicato ex lege?
Chiarito che le limitazioni correlate alla presenza in servizio cessano di essere applicate a partire dal 15 settembre, meno facile è dire con certezza se l'accordo individuale con il lavoratore debba essere sottoscritto prima di fine anno e con esso, se l'ente debba assolvere agli obblighi informativi derogati.
Non ultimo, entro il 31 gennaio, gli enti redigono il Pola, individuando le modalità attuative del lavoro agile, prevendendo, per le attività «smartizzabili», che almeno il 60 per cento dei dipendenti possa avvalersene.
Si interrogano gli enti se la percentuale dei dipendenti in smart working, sembrando non poter agire sottosoglia, possa arrivare ad abbracciare una percentuale superiore al 60 per cento, laddove l'organizzazione lo consenta e laddove il servizio reso resti integro e preservato. Piano organizzativo del lavoro agile che può essere adottato solo dopo aver "sentito" le organizzazioni sindacali.

Il nuovo articolo 14 della legge 124/2015 cambia le carte in tavola, introducendo una relazione sindacale non contemplata nel titolo II del contratto del 21 maggio 2018, e aggiungendo verosimilmente al confronto, oltre alle materie indicate all'articolo 5, comma 3, del contratto collettivo, il tema del lavoro agile, escludendolo perciò dalle materie di esclusiva prerogativa datoriale.
Solleva incertezze, in relazione alla sua reale portata, il disposto finale della norma laddove prevede che ove non sia adottato il Pola, il lavoro agile è applicato ad almeno il 30 per cento dei dipendenti che ne facciano richiesta.