Sterilizzazione degli ammortamenti in sanità, ok della Consulta sulle deroghe alla contabilità civilistica
Il decreto 118/2011 rappresenta il punto di arrivo di scelte di tecnica contabile dirette a garantire una effettiva armonizzazione dei bilanci degli enti del Ssn derogatorie rispetto ai principi della contabilità civilistica
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 157/2020 (Redattore Carosi), ha scritto una pagina fondamentale nei rapporti fra contabilità economico-patrimoniale in ambito privatistico e contabilità economico-patrimoniali in ambito pubblicistico.
Il tema era complesso, vale a dire, la sterilizzazione degli ammortamenti negli enti del Servizio sanitario nazionale che, qualche anno addietro, hanno già creato molte tensioni nei conti della sanità.
L'articolo 29, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 118/2011 prevede che contributi in conto capitale da Regioni siano rilevati sulla base del provvedimento di assegnazione e iscritti in un'apposita voce di patrimonio netto, con contestuale rilevazione di un credito verso al Regione. Qualora impiegati per l'acquisizione di cespiti ammortizzabili, i contributi sono successivamente stornati a proventi con un criterio sistematico, commisurato all'ammortamento dei cespiti cui si riferiscono, producendo la sterilizzazione dell'ammortamento stesso. La stessa tecnica contabile si applica ai contributi in conto capitale dallo Stato e da altri enti pubblici, a lasciti e donazioni vincolati all'acquisto di immobilizzazioni.
La Sezione di controllo della Corte dei conti per la Campania ha sollevato, con grande precisione, la questione di costituzionalità della norma, sul presupposto del diverso trattamento contabile di questa fattispecie nell'ambito dei principi contabili richiamati dal codice civile e previsti per il settore privato. Nello specifico, la Sezione campana ha ritenuto che la soluzione prevista dall'articolo 29 devierebbe dalla disciplina civilistica, dove la sterilizzazione dell'ammortamento sarebbe ammessa solo nel caso in cui i contributi siano stati contabilizzati come passività in senso tecnico e, precisamente, come risconto passivo, a titolo di ricavo pluriennale. Qualora, invece, si contabilizzino i contributi come un elemento del patrimonio netto, questo non sarebbe possibile, non potendo il patrimonio netto essere destinato a copertura di passività certe e determinate, ma solo di perdite. Il dubbio di costituzionalità sarebbe nella logica della scelta tecnica che renderebbe non veritiero il valore del patrimonio netto finale. Questo tipo di contabilizzazione e la volontà di evitare perdite in conto economico, aumenterebbe in modo improprio il patrimonio netto nel periodo di ammortamento, rendendo opachi i saldi della contabilità economico-patrimoniale, ossia, patrimonio netto e risultato di esercizio.
La Consulta ha respinto la censura con motivazioni di grande spessore. Nella sentenza si precisa, in primo luogo, che l'articolo 29, comma 1, lettera c), non è l'unica disposizione di legge che introduce per gli enti del Ssn regole speciali rispetto a quelle della contabilità dei soggetti economici privati. L'esigenza di una normativa analitica, che applichi la contabilità economico-patrimoniale agli enti del Ssn senza snaturarne il carattere di enti erogatori di servizi pubblici, è emersa dagli albori del processo di aziendalizzazione della sanità (Dlgs vo 502/1992 e poi via via integrato e modificato). Il decreto 118/2011 rappresenta il punto di arrivo di scelte di tecnica contabile dirette a garantire una effettiva armonizzazione dei bilanci degli enti del SSN, talora derogatorie rispetto ai principi della contabilità civilistica.
La Corte, dunque, nega sia che l'articolo 2424 del codice civile sia norma interposta degli articoli 81 e 97, comma 1, della Costituzione rilevante per calcolare l'equilibrio del bilancio, sia che i principi contabili nazionali e internazionali abbiano carattere cogente. Il rapporto tra l'articolo 2424 del codice civile e l'articolo 29 del decreto legislativo 118/2011 non è quello tra norma interposta e disciplina statale di dettaglio, ma un semplice rapporto di specialità nell'ambito del quale la disciplina del decreto n. 118 prevale su quella del codice civile.
La ragione della "specialità" sta nella diversa finalità del servizio pubblico rispetto a quella dell'attività commerciale. Nell'ambito del Ssn, difatti, la finalità prevalente non è il lucro, ma la garanzia delle prestazioni indefettibili (Lea) e delle ulteriori prestazioni (nei limiti della sostenibilità) alle migliori condizioni quali-quantitative.
La sterilizzazione degli ammortamenti, alla luce del sistema complessivo di finanziamento del Ssn, dunque, non altera il patrimonio netto e il risultato economico degli enti sanitari.
La specificità del sistema di finanziamento del Ssn, difatti, si trova anche nella lettera b), del comma 1 dell'articolo 29, che prevede che i cespiti acquistati utilizzando contributi in conto esercizio, indipendentemente dal loro valore, devono essere interamente ammortizzati nell'esercizio di acquisizione. Questa norma, di chiaro sfavore per l'utilizzo delle risorse correnti del Ssn per investimenti anziché per prestazioni di servizi, risponde all'esigenza di una programmazione coordinata che, di regola, scoraggia l'azione individuale dei singoli enti. La contestata lettera c), al contrario, prevede un regime di favore per i bilanci degli enti sanitari, ove utilizzino i contributi in conto capitale per gli acquisti dei beni, sia grazie ad un ordinario periodo di ammortamento, sia sgravando il bilancio d'esercizio dall'onere delle relative quote di ammortamento, attinte dal patrimonio netto. Il sistema tende a evitare che gli enti che realizzano investimenti a valere sul finanziamento corrente lo facciano al di fuori di una programmazione dei flussi di cassa, poiché quando i ricavi ordinari finanzino gli investimenti, questi devono seguire un'attenta programmazione per evitare squilibri finanziari capaci di alterare il ciclo passivo e causare ritardi nei pagamenti. Il legislatore vuole riservare, per preservare gli equilibri di parte corrente, l'impiego del fondo sanitario per i Lea e per gli altri servizi sanitari, dove risulti ulteriore disponibilità, e, al contrario, attribuire alla programmazione nazionale e regionale la determinazione e l'impiego dei finanziamenti a fondo perduto per investimenti e acquisizioni di beni durevoli.
È l'indefettibilità dell'erogazione dei Lea ( sentenza 62/2020) il punto di riferimento di sistema della divisione del finanziamento tra spese correnti e spese di investimento degli enti del Ssn e non la dinamica dei rapporti tra patrimonio netto e conto economico, che, in concreto, non rileva quando si verifichino criticità nel sistema regionale.
Per la Consulta, dunque, l'ibridazione delle regole di contabilità economica e di contabilità finanziaria è il portato del peculiare carattere del servizio delle cui risultanze rende espressione. In quest'ottica, non è dirimente la distinzione tra contabilità aziendale e contabilità finanziaria, delle quali in effetti la norma impugnata condivide alcuni caratteri, ma l'attinenza della previsione all'organizzazione e al finanziamento del Ssn, in relazione ai quali deve essere strutturata un'appropriata contabilità analitica. Quest'ultima, con riguardo ai beni durevoli e di investimento, deve tendere a misurare i costi fissi dello specifico servizio sanitario in cui vengono impiegati.
L'ammortamento avviene sì all'interno del singolo ente in cui viene utilizzato il bene, ma comunque in una visione di finanza pubblica allargata, nella quale l'entità degli ammortamenti dei beni impiegati costituisce parte degli aggregati complessivi alla base della programmazione nazionale e regionale.
Sospensione delle attività in caso di irregolarità nei tributi locali
di Stefano Baldoni (*) - Rubrica a cura di Anutel