Sul Partenariato pubblico-privato serve una nuova visione strategica per avere servizi e infrastrutture di qualità
Per rispondere ai bisogni più granulari della società occorre andare oltre le logiche opportunistiche
Il mercato del partenariato pubblico privato (Ppp), prevalentemente rappresentato da concessioni di lavori e di servizi, ha registrato 16 miliardi di gare bandite (6.800 progetti). Di queste il 29% è realizzato con l'iniziativa privata (fonte Anac) e per le concessioni di lavori copre addirittura il 69% del bandito. I dati sulle aggiudicazioni non sono affidabili, ma il fatto che molte siano originate dalla proposta a iniziativa privata fa presumere che la mortalità sia contenuta. Dalle analisi condotte da Invest in It Lab e Pnrr Lab di Sda Bocconi il Ppp ha dimostrato, quando utilizzato correttamente, di funzionare e di mantenere le sue promesse. In particolare i progetti realizzati in Ppp vengono collaudati in tempi più rapidi con un risparmio medio del 10% dei tempi. In Italia, come altrove, il consolidamento del Ppp è avvenuto con una logica opportunistica, per sopperire alla carenza di capitali pubblici, senza un reale approccio all'innovazione e senza un adeguato bilanciamento nell'allocazione dei rischi tra pubblico e privato.
La focalizzazione eccessiva sulle questioni giuridico-amministrative, che non significa che non siano importanti, ma rappresentano solo un fattore igienico, e sulla convenienza meccanicistica e ragionieristica del Ppp, hanno distolto l'attenzione dal ruolo strategico che il Ppp può giocare per mettere in campo progettualità capaci di dare risposte efficaci ai fabbisogni sempre più granulari e complessi della società. La comprensione di questa portata strategica sovente è mancata anche nel mercato, che ha approcciato il Ppp con la proposta a iniziativa privata per conquistare o consolidare quote di mercato. Questa procedura consente, idealmente, di "spingere" nuove soluzioni nelle modalità di realizzazione degli investimenti o di gestione dei servizi. Tuttavia, in un contesto in cui le amministrazioni non riescono a vedere il Ppp come strumento strategico e non gestiscono in modo adeguato la fase di valutazione delle proposte, che è procedimentale e lascia quindi più spazi di flessibilità per un percorso di confronto costruttivo e co-design, il rischio è che il mercato non sia incentivato a fare investimenti e a sartorializzare le proposte.
Regole, strumenti, tecnologie, soluzioni e capitali privati ci sono, ma serve una nuova visione strategica per il Ppp.Le ragioni sono quattro. 1 Abbiamo la necessità di assicurare la qualità delle infrastrutture e dei servizi, che spesso non è garantita dalle logiche di programmazione di breve termine dei bilanci pubblici; per esempio l'impiego dei fondi Pnrr e fondi per la Coesione consente di realizzare investimenti la cui gestione, da cui dipende la reale qualità dei servizi ed equità di accesso, rimane spesso non presidiata in modo adeguato, per le logiche di programmazione finanziaria pubblica e per la carenza di fondi in conto gestione.2 Abbiamo la necessità di introdurre più innovazione nei progetti di investimento e nei servizi, dando spazio a soluzioni digitali o di circolarità e in generale di assicurare il conseguimento dei sustainable development goal (Sdg).3 Abbiamo bisogno di offrire opportunità di investimento ai capitali di lungo termine, che poi sono i capitali anche dei cittadini, motivati a generare impatto (secondo logiche Esg e impact investing) e agli operatori economici che mettono al centro delle loro strategie competitive soluzioni capaci di contribuire in modo significativo alle sfide ambientali e della società.4 A fronte della necessità di riprogrammare il Pnrr, il Ppp potrebbe consentire di realizzare alcuni investimenti attesi dal territorio, utilizzando i fondi pubblici come leva finanziaria e le assistenze tecniche per costruire progetti bancabili e sostenibili.
In questo contesto, il Ppp dovrebbe trovare un nuovo Dna: non più come strumento per generare addizionalità finanziaria, in altre parole in grado solo di mettere sul tavolo i capitali privati, ma anche come strumento per generare addizionalità ambientale, sociale ed economica, da misurare e a cui legare la remunerazione del capitale.Il nuovo Codice ci offre una importantissima sponda, con gli articoli 1 (principio del risultato) e 2 (principio del fiducia). Devono servire per costruire una nuova cultura nel pubblico e nel privato affinché il Ppp non sia solo un modello di realizzazione di un investimento alternativo all'appalto (questa è la legacy del passato), ma una reale opportunità per fare decollare modelli di governance collaborativa essenziali per affrontare le sfide economiche, sociali e ambientali. Il cambio culturale può avvenire solo con una nuova postura manageriale, rispetto a cui la formazione volta a creare conoscenza reciproca, e quindi fiducia, e a operazionalizzare il Ppp in logica strategica per generare value for society (il risultato), è essenziale.
(*) Full professor of practice, Sda Bocconi school of management