Appalti

Tav/3. Meno gallerie, stazione Susa e costi dimezzati: così il progetto è cambiato in 15 anni

di Domenico Mazzamurro (*)

(*) Ingegnere, già collaboratore della Struttura tecnica di Missione del Mit

Con riferimento al dibattito attuale sul TAV Torino-Lione, riteniamo utile evidenziare come il percorso sia politico che tecnico per pervenire al risultato economico-finanziario attuale sia stato nel tempo abbastanza complesso e non ha trascurato alcuna possibilità di analisi al fine di minimizzarne i costi e, conseguentemente la quota degli stessi a carico dell'Italia.
Basta ricordare che l'Italia e la Francia partirono all'inizio degli anni '90 con lo studio di un nuovo collegamento attraverso l'arco alpino occidentale, tanto che nello stesso periodo l'UE inseriva la Torino-Lione tra i 14 progetti prioritari delle reti transeuropee di trasporto – i ben noti corridoi TEN-T – quale tratta del Corridoio 5, il corridoio che va da Lisbona a Kiev.

Che la realizzazione di tale opera sia stata a dir poco tormentata è un dato di fatto, e basta ricordare che la 1^ intesa tra Francia e Italia data 1992 e il primo studio del progetto risale al 1996 e la progettazione conta una decina di fasi progettuali, ben 8 delibere CIPE ed ancora 5 valutazioni di impatto ambientale cui fecero seguito 7 trattati ed accordi internazionali, dei quali l‘ultimo venne ratificato dal Parlamento italiano e da quello francese.
Gli studi e le opere preliminari avviati nel 2001 registrano già nel 2002 i primi scavi per realizzare le discenderie ovvero i 5 tunnel geognostici, 4 dei quali in territorio francese di cui 3 sono stati realizzati e il 4° è in fase avanzata a Sain Martin La Porte, mentre il 5° in territorio italiano a Chiomonte in Val Susa – il tunnel della Maddalena lungo 7,5 Km – è stato ultimato nel 2007.

IL PROGETTO ORIGINARIO
E' utile ricordare che l'attuale progetto della Torino-Lione è profondamente diverso, come tracciato e come costi, da quello originario. Il progetto originario (cosiddetto "sinistra Dora") viene consegnato da Ltf (parte internazionale) e Rfi (parte italiana) a inizio 2003. Il tracciato (si veda la cartina) era previsto (da Milano) a nord di Torino, senza collegamenti diretti con Porta Susa e con lo scalo merci di Orbassano (si disse che era più che altro una Milano-Lione), tagliava con una lunga galleria la collina morenica a nord della Dora (dove era forte il rischio amianto) , in val di Susa, e poi (dopo brevi tratti all'aperto) entrava nella galleria internazionale sopra Susa, in località Venaus. Proprio a Venaus erano partiti nello stesso 2003 i cantieri per i cunicoli esplorativi, ed erano esplosi i primi violenti scontri No Tav.
Dopo due anni di conflitti con il movimento del No (guidato allora dalla Comunità montana Valle di Susa) lo stesso governo Berlusconi si convince che bisogna cambiare metodo. Ferma i lavori di scavo e istituisce l'Osservatorio tecnico, affidandolo al tecnico bi-partisan Mario Virano. Nel 2006 il governo Prodi esclude l'opera dalla legge obiettivo e da allora in poi tutti i progetti sono passati per le procedure ordinarie (Via vincolante e approvazione in conferenza di servizi). Dopo centinaia di riunioni con gli enti locali e i tecnici da essi incaricati, l'Osservatorio di Virano (partecipato dagli enti locali) approva all'unanimità gli indirizzi per elaborare un nuovo progetto preliminare.

IL NUOVO PROGETTO
Il nuovo progetto arriva nel 2011, e viene approvato dal Cipe a dicembre (delibera 57/2011). Il tracciato scorre, in Italia, in destra Dora, a sud, passa per Torino Porta Susa, si connette con lo scalo merci di Orbassano, prevede una nuova stazione a Susa. Dunque, dopo cinque anni di lavoro con gli enti locali, nell'Osservatorio, il progetto riduce i rischi ambientali e si connette con Torino e la Val Susa con migliori potenzialità di sviluppo per l'economia locale (commerci e turismo).
Intanto per il periodo 2007-2013 l‘UE ha assegnato 671 M€ per la fase di studio e per i lavori preparatori, e nel 2015 Ltf è cessata dal proprio mandato e l‘ha sostituita il nuovo promotore Telt incaricato della realizzazione e gestione dell'opera.
E con il nuovo promotore Telt i Francesi hanno scavato in direzione Susa più del 60% dell'intero tracciato, un tunnel in asse con la futura galleria e dello stesso diametro – 11,20 metri – ed oggi 400 persone scavano 18 metri al giorno in direzione Italia in un cantiere in cui lavorano divise in 3 turni su 24 h/giorno.

LE PROJECT REVIEW
Dopo la prima profonda revisione del progetto preliminare nel 2005-2011, con modifiche al tracciato, dal 2012 al 2017 è andata invece in scena la fase della "project review" con radicali impatti sui costi, oltreché di nuovo con riduzione dell'impatto ambientale in val Susa: dagli originari 8.863 milioni di euro a 4.677, quasi la metà.
Una prima project review ( denominazione tecnicamente un po' impropria) fu frutto di un accordo tra la Francia e l'Italia intervenuto nel gennaio 2012 ,sotto il governo Monti, che agì su due fronti: il primo riduceva la tratta internazionale in territorio italiano da 35,3 a 18,1 Km, ed ancora riduceva l'indice di copertura dei costi per l'Italia dal 63% al 58%, per cui la quota a carico del nostro Paese si riduceva da 4.563 milioni di euro (come approvato dal CIPE con la del. n.57 del 03/08/2011) a 2.633 milioni ( del. CIPE n.19 e allegato del 20 febbraio 2015).

Ancora una 2^ project review fu successivamente avviata sulla progettazione della tratta "nazionale" da parte di Rete Ferroviaria Italiana, in coordinamento con l'Osservatorio della Torino-Lione – guidato da Paolo Foietta - e di alcuni componenti del pool di esperti, coordinati dal prof. Ennio Cascetta, della Struttura Tecnica di Missione del Ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture in carica, on. Graziano Del Rio. Ed il risultato di tale ulteriore project review, caratterizzata particolarmente dal ridimensionamento al minimo obbligato della galleria di S. Antonio ( da 14,5 Km a 8,9 Km) oltre che dalla sostituzione del tunnel dell'Orsiera lungo 19,2 Km con altro percorso in piano, ha determinato la riduzione del costo della tratta nazionale da 4.300 a 1.700 milioni
.
Una 3^ project review ha interessato la tratta che va da Bussoleno passando per il bivio Pronda alla stazione di Torino (23,5 Km) con la decisione di non realizzare una rete AV ex novo ma mantenere la rete esistente provvedendo solo al suo ammodernamento per gestire il passaggio di treni con sagoma PC80 e ridurre le vibrazioni, il tutto con un costo di 200 milioni, mentre ha altresì previsto la realizzazione delle opere necessarie a rendere funzionale ed adeguare il nodo di Torino con un costo di 144 milioni.

Intanto la "gronda merci", prevista a nord della città di Torino, verrà realizzata dopo l'intervento di RFI, previsto già ai tempi del Ministro Delrio, per l'adeguamento programmato della linea che da Orbassano verso Alessandria dove si riconnette sia al Terzo Valico verso Genova che potenzialmente anche alla linea verso il Gottardo.

In ultima analisi il costo complessivo (quota Italia della tratta internazionale e tratta nazionale) a valle delle tre successive projects reviews si riduce dagli originari 8.863 milioni di euro a 4.677 milioni, ovverosia del 47,23%.

All'attualità tali risorse consentirebbero il completamento della TAV Torino-Lione con ciò garantendo la circolazione di 180 treni al giorno, di cui 162 merci e 18 passeggeri, che trasporteranno oltre 25 milioni di tonnellate di merci e 3 milioni di passeggeri (che sicuramente non sono numeri trascurabili). La nuova linea consentirà di effettuare il collegamento Torino-Lione in 1 h e 56 minuti contro le attuali 3 h e 43 minuti.

Quali gli effetti se si fermasse l'opera? Foietta ha reso nota – come titolare dell' Osservatorio della Torino-Lione - la propria valutazione: l‘Italia perderebbe 2,9 MLD €, oltre alla quota derivante dal contenzioso.

E dall'analisi costi-benefici che tiene in conto i miliardi già spesi – 1,2 MLD per studi e lavori propedeutici (25 Km di gallerie già scavate come tunnel esplorativi) e 1,3 MLD di risorse impegnate per i lavori preparativi e i bandi già assegnati in fase esecutiva. Circa la metà in capo alla UE. Chiaro che a tal punto andrebbe anche negoziata con la Francia e con Bruxelles la debita restituzione. E si tratta di MLD di € !

In più andrebbero messi in sicurezza i cantieri e ripristinate le condizioni di sicurezza: valore non inferiore a 200 M€. Ed ancora va aggiunta la perdita degli 813 M€ assicurati dalla UE visto che non si intende più realizzare l'opera.

In ultimo, e nessuno me ne voglia, sorge spontanea la domanda se la Commissione dei saggi abbia tenuto nel debito conto tali benefici oppure è stata distratta dal calcolo del minore introito dalle accise sul gasolio come dai pedaggi autostradali, come pure forse si è distratta nel trascurare di calcolare (operazione fattibilissima) i maggiori costi generati dall'inquinamento ambientale prodotto dalle migliaia di TIR che continueranno a circolare sulle strade ?

E l'ormai famosa Commissione dei 6 saggi (pardon dei 5, visto che l'ing. Prof. PierLuigi Coppola si è opportunamente dissociato) ha forse tenuto in conto che i treni che percorrono la TAV sono treni lunghi 750 metri che viaggiano a 200 Km/h? e ne ha tenuto in conto i benefici?

Se fosse stato minimamente considerato ed applicato il dettame del Ptrc Londra, in adozione nel nostro Paese dal 7 agosto 2007, nel contesto della tecnologia della pianificazione dei trasporti avrebbero inserito anche la pianificazione economica; ma non risulta che la Commissione abbia tenuto in alcun conto né valutato e tanto meno quantificato i benefici conseguenti alla riduzione e dei tempi e dei costi per l'arrivo anticipato, ed in quantità considerevolmente più rilevanti, delle merci rispetto agli altri competitors commerciali al porto di Genova e agli interporti o ai grandi centri di smistamento del quadrante Liguria-Lombardia-Piemonte. Arrivare sui mercati sia in tempi più rapidi che in anticipo comporta benefici rilevanti sia per la collocazione sul mercato delle merci, sia per la minimizzazione dei tempi morti di attesa come pure dei costi di immagazzinamento, benefici che valgono per tutti gli operatori commerciali. Così come non ha minimamente fatto cenno alcuno alla perdita della occasione di mano d'opera specializzata, una vera grande occasione per assicurare nuove disponibilità di lavoro che in Italia difettano in termini drammatici.

E per completare la disamina che stiamo conducendo, sempre la stessa Commissione ha tenuto in conto tutti i MD di € che andranno restituiti alla UE e rimborsati alla Francia? Con il risultato di non realizzare un'opera che garantirebbe all'Italia la circolazione nel quadrante delle reti ferroviarie europee, ci vedrebbe relegati alla circolazione stradale, tagliati fuori dai circuiti europei che sono indubbiamente i circuiti del futuro in termini di quantità delle merci circolanti e della sicurezza degli stessi. Ci chiediamo come tali macroscopiche situazioni possano essere ignorate dalla Commissione degli esperti ed onestamente non riusciamo a comprenderne le motivazioni, anche perché tale scelta significa l'isolamento dai circuiti ferroviari dei territori internazionali della intera comunità europea, tra l‘altro con dispendio a vuoto di un gran numero di MLD €.

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