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Tecnici, tempi determinati e Nord: tutti i buchi delle assunzioni Pnrr

Nei concorsi per ingegneri e architetti resta scoperto il 71,6% delle posizioni

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di Manuela Perrone e Gianni Trovati

Moltiplicare per cinque la capacità di spesa negli investimenti, come richiede il Pnrr, in una Pubblica amministrazione senza ingegneri e tecnici è impossibile. Ma ingegneri, architetti, statistici e informatici non vogliono lavorare nella Pubblica amministrazione. E il cortocircuito appare strutturale, nonostante gli sforzi compiuti dagli ultimi due governi per far spazio a nuove competenze negli organici pubblici.

I numeri messi in fila dal Rapporto del Formez anticipato sul Sole 24 Ore del 2 febbraio hanno il pregio di dare una misura precisa di quella che fin qui era solo una sensazione. Ma hanno anche il difetto di spiegare che la scarsa attrattività della Pubblica amministrazione nei confronti di molti profili specialistici è un problema ancora più profondo di quanto si temeva. E complicatissimo da affrontare.

Il terzo decreto sul Pnrr che il governo dovrebbe portare in consiglio dei ministri nei prossimi giorni torna ancora una volta sul tema del «rafforzamento amministrativo». Nel caso dei Comuni, stando alle bozze circolate fin qui, punta ad allargare ulteriormente gli spazi assunzionali cancellando dal calcolo sulla «sostenibilità finanziaria» tutta la spesa prodotta dai rinnovi contrattuali, e non solo quella relativa agli arretrati. Nell’amministrazione centrale interviene poi qua e là per provare a colmare buchi o esigenze specifiche.

Ma il punto sollevato dall’andamento effettivo dei concorsi pubblici è un altro. L’ostacolo alla crescita delle amministrazioni non è più nella scarsità di posti disponibili, come è stato negli anni del blocco del turnover, ma piuttosto nel numero troppo leggero di persone disponibili a coprire quei posti.

Nei concorsi banditi fra 2021 e 2022, anni di boom delle procedure selettive dopo la pausa forzata del Covid e per l’avvio del reclutamento legato al Pnrr, le amministrazioni hanno ricercato quasi 10mila fra ingegneri, architetti, geologi, informatici, statistici, economisti ed esperti culturali. Le ragioni non sono difficili da intuire: perché gli ingegneri e gli architetti servono per i progetti, gli economisti sono utili a individuare e misurare le esigenze degli investimenti, e gli statistici e gli informatici sono indispensabili ai complessi processi di rendicontazione imposti dal Pnrr.

Ma «le prove scritte che registrano la minima partecipazione (meno del 30% dei convocati) sono relative ai bandi per l’assunzione di profili tecnici», scrive il Formez. Minima la partecipazione, massime le rinunce, con la conseguenza che al termine dei concorsi è rimasto scoperto il 71,6% dei posti banditi per ingegneri e architetti, il 58,3% di quelli per analisti del mercato del lavoro e il 37,5% delle caselle destinate a statistici e informatici. Ma c’è di più.

Il tempo determinato, caratteristica dei concorsi Pnrr imposta dalle regole europee, alza un ostacolo ulteriore: il rapporto fra idonei e posti disponibili è in media di 5 a 1 nei concorsi per posti stabili, e di 1,14 a 1 in quelli per posizioni a termine. Per esempio nel concorso Sud, pensato per reclutare gli esperti di supporto per gli enti locali del Mezzogiorno, il 55,6% dei rinunciatari risultava vincitore di un altro bando, per l'80% a tempo indeterminato.

Ma il deserto è anche a Nord. Il 68,2% dei candidati ai concorsi Formez risiede al Sud, contro il 7,8% del Settentrione e il 24% del Centro. Con il risultato, per esempio, che nel caso del maxi-bando del ministero della Giustizia per gli 8.171 addetti all’Ufficio del processo solo una sede al Nord su sette (Bologna) è riuscita a coprire tutti i posti disponibili.

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