Appalti

Analisi Tav negativa: è scontro sui numeri, la decisione slitta

di Giorgio Santilli

L’analisi costi-benefici della Tav Torino-Lione è stata finalmente pubblicata ma questo non ha coinciso con il giorno del giudizio per l’opera. Anzitutto perché il documento messo a punto dalla squadra coordinata da Marco Ponti e pubblicato sul sito del ministero delle Infrastrutture non è stato affatto accolto come la Bibbia, come aveva auspicato il ministro Toninelli, ma coperto da una raffica di critiche tecniche e politiche cui comincerà a rispondere già oggi, in audizione alla Camera, lo stesso Ponti. Uno dei membri della commissione, Pierluigi Coppola, non ha firmato il documento finale e ha presentato a Toninelli una analisi alternativa.

In secondo luogo, l’analisi presentata ieri non ha alcun valore operativo e sembrano allungarsi invece i tempi di una pronuncia politica definitiva che decida se l’opera debba andare avanti o fermarsi. «Dati impietosi», ha detto Toninelli, confermando la posizione M5s per la sospensione e immaginando che l’analisi costi-benefici davvero contribuisca a chiarire il quadro politico.

I numeri, anzitutto. In entrambi gli scenari proposti, quello ottimistico basato sui dati di traffico dell’Osservatorio della Torino-Lione e quello realistico basato su stime di traffico più basse elaborate dalla task force, i costi superano largamente i benefici di 7-8 miliardi. Questo risultato porta a dire che l’opera non va assolutamente realizzata, anche se le contestazioni (e le parole pesanti) sono già partite ieri. Il commissario straordinario per l’asse Torino-Lione, Paolo Foietta, ha parlato di «analisi truffa con i numeri voluti dal padrone» (e Ponti ha annunciato di volergli far causa). L’analisi comunque dà un risultato netto, senza appello, nonostante molti tecnici concordino che Ponti tenda a sottostimare i benefici ambientali indotti dalle opere ferroviarie e a sovrastimare l’impatto positivo per l’ambiente delle innovazioni tecnologiche su auto e Tir.

Ovviamente l’Europa la vede in modo diverso sul fatto che le ferrovie possano modificare il sistema dei trasporti in senso meno inquinante. Tutta la politica Ue è centrata sulla ferrovia. E certamente se il governo dovesse usare l’analisi costi-benefici per tutte le opere ferroviarie poche si salverebbero, mentre sopravviverebbero forse più strade. Qui c’è un primo limite dell’analisi costi-benefici come strumento. Si sospendono tutte le opere ferroviarie al Sud che non avrebbero certo Acb positive? E la Roma-Pescara di cui ha parlato qualche giorno fa il vicepremier Di Maio? Se poi a proporla è un governo che dice di voler puntare la politica di crescita sugli investimenti pubblici, la contraddizione dell’uso di uno strumento così selettivo sulla ferrovia è ancora più forte.

Ma c’è un’altra obiezione non tanto all’analisi svolta da Ponti, quanto all’utilità dello strumento ai fini della decisione politica. L’opera considera infatti i costi totali, senza valutare la loro ripartizione fra Italia, Francia e Unione europea. È un’analisi, per intenderci sull’utilità o meno dell’opera in sé, come se la svolgesse un soggetto terzo, l’Onu o la Banca mondiale. Ma non è uno strumento sull’utilità effettiva vista dall’Italia, rapportata cioè ai costi sostenuti dallo Stato italiano, previsti in 5,6 miliardi sugli 11,5 totali (tratta nazionale compresa).

Detto in altri termini, se l’Unione europea aumentasse il proprio contributo sulla tratta internazionale dal 40 al 50% (come pure è stato ipotizzato fino a un anno fa), l’analisi costi-benefici così impostata non lo registrerebbe. E neanche se, per paradosso, la Ue decidesse di regalarci l’opera finanziandola integralmente.

Molto più concreto per il decisore politico è il confronto dei costi fra il «fare» e il «non fare». Il secondo numero importante dell’analisi è infatti quello del costo della mancata realizzazione dell’opera. Molto meno strillato dal ministero delle Infrastrutture e praticamente nascosto nell’analisi, al punto che una somma dei possibili fattori che pesano su questo dato non si trova. L’unico dato che si ricava dall’analisi giuridica è quello derivante dalle penali e dalla restituzione dei fondi: si arriva fino a un totale di 1,7 miliardi.

Comunque non ci sono sommate da nessuna parte due voci molto rilevanti. Una è quella del costo per il ripristino dei luoghi stimati nell’analisi economica (pagina 68) in 347 milioni. L’altra è quella per i lavori di messa in sicurezza della linea storica per cui l’analisi assume un costo massimo di 1,5 miliardi (ma nel progetto di riferimento elaborato da Telt si arrivava a 1,7).

Sommate queste due voci agli 1,7 miliardi per le penali si arriva a un totale dell’ordine di 3,5-3,6 miliardi (come anticipato dal Sole 24 Ore).

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