Appalti

«Quinto d'obbligo» ok ma solo a contratto in corso: il focus sulle varianti sopra e sottosoglia

Il Consiglio di Stato chiarisce i contorni di applicazione del cosiddetto «quinto d'obbligo», all'interno di un quadro normativo di difficile interpretazione sulle modifiche al contratto

di Roberto Mangani

La disposizione che consente l'aumento (o la diminuzione) delle prestazioni nei limiti del quinto dell'importo del contratto (così detto quinto d'obbligo) vale solo se le esigenze che sono alla base dell'aumento (o della diminuzione) sorgono nella fase di esecuzione del contratto, mentre non è invocabile per apportare modifiche al contratto prima della relativa stipula.
Sono invece consentite anche prima di detta stipula modifiche del contratto che non abbiano carattere sostanziale, fermo restando che non possono essere considerate tali quelle che alterano l'equilibrio economico del contratto originario.

Si è espresso in questi termini il Consiglio di Stato, Sez. V, 25 febbraio 2020, n. 1394 con una pronuncia che fornisce alcune indicazioni interpretative che attengono alla controversa questione delle modifiche contrattuali (varianti) e che offrono anche l'occasione per operare qualche ulteriore considerazione sul tema.

Il fatto
Una centrale unica di committenza aveva bandito, nell'interesse di un Comune, una procedura aperta per l'affidamento di un appalto biennale del servizio di ristorazione scolastica. A fronte dell'intervenuta aggiudicazione il secondo classificato contestava gli esiti della gara chiedendo al giudice amministrativo l'annullamento del relativo provvedimento. Durante lo svolgimento del giudizio il Comune destinatario della prestazione del servizio procedeva in autotutela all'annullamento dell'aggiudicazione.

Alla base del provvedimento di autotutela venivano indicate le seguenti ragioni. In primo luogo la procedura di gara risultava viziata in quanto vi era stata una sottostima dei pasti da preparare, che avrebbe avuto un impatto negativo sulla corretta erogazione del servizio. Di conseguenza attraverso l'annullamento dell'aggiudicazione e la conseguente rinnovazione della procedura di gara si verrebbero ad attribuire ai concorrenti pari possibilità di aggiudicazione dell'appalto, ripristinando le corrette regole concorrenziali.
Il ricorrente originario impugnava anche il provvedimento di autotutela, chiedendone l'annullamento.

Il giudice amministrativo di primo grado respingeva entrambi i ricorsi, confermando in particolare la legittimità del provvedimento in autotutela di annullamento dell'originaria procedura di gara. In particolare secondo il giudice amministrativo questa procedura violava i principi di concorrenza e par condicio in relazione alla quantificazione errata e sottostimata dei pasti oggetto del servizio di mensa. Tale sottostima contenuta nel capitolato e quindi negli altri documenti di gara inficiava a cascata tutti i successivi atti della procedura, rendendoli illegittimi. Ne consegue che l'aggiudicazione operata sulla base di questi errati presupposti è da considerare a sua volta illegittima, anche in considerazione del fatto che presumibilmente non garantirebbe la corretta esecuzione del servizio. La ripetizione della gara, conseguente all'adozione del provvedimento di annullamento della gara precedente, garantirebbe a tutti gli operatori la possibilità di partecipazione secondo regole rispettose dei principi di concorrenzialità e par condicio.
Contro questa decisione del giudice di primo grado l'originario ricorrente ha proposto appello al Consiglio di Stato.

L'aumento del quinto
Tra i vari motivi di ricorso quelli che interessano ai fini della presente analisi riguardano la definizione di limiti e condizioni entro i quali si devono ritenere ammesse modifiche al contratto originario.
In particolare il ricorrente, nel contestare la legittimità del provvedimento di annullamento della gara in autotutela, aveva sostenuto che non sempre la modifica delle prestazioni oggetto di affidamento che comporta un aumento delle stesse implica la necessità di rinnovare la procedura di gara. Ciò in quanto nell'ambito della normativa sui contratti pubblici vi sono specifiche disposizioni che consentono di aumentare le prestazioni oggetto dell'appalto nell'ambito del contratto originariamente affidato. Ne consegue che prima di adottare il provvedimento di annullamento della gara in autotutela l'ente appaltante avrebbe dovuto verificare la praticabilità di queste soluzioni.

In particolare il ricorrente ha fatto riferimento a due specifiche disposizioni contenute nell'articolo 106 del D.lgs. 50/2016. La prima è quella del comma 12, secondo cui la stazione appaltante, qualora in corso di esecuzione si renda necessario un aumento o una diminuzione delle prestazioni nei limiti del quinto del contratto originario, può imporre all'appaltatore l'esecuzione delle prestazioni aggiuntive alle stesse condizioni previste nel contratto originario (c.d. quinto d'obbligo).

Il Consiglio di Stato opera alcune puntualizzazioni in relazione al corretto ambito di operatività di questa disposizione. In particolare il giudice amministrativo non ne preclude l'applicazione qualora la necessità di aumento delle prestazioni derivi da un errore di valutazione dell'ente appaltante, non essendo necessario che vi sia un evento sopravvenuto straordinario e imprevedibile.

Tuttavia affinché la disposizione possa operare è imprescindibile che l'esigenza di aumento delle prestazioni emerga nel corso dell'esecuzione del contratto, come è chiaramente indicato dalla formulazione testuale della norma. Non è quindi consentita una variazione del contratto nei limiti del quinto a monte e prima della stipulazione del contratto stesso. Si tratterebbe infatti di un utilizzo distorto e quindi illegittimo dello strumento, in quanto si ricorrerebbe ad esso per sanare un vizio genetico, già noto al momento della predisposizione degli atti di gara, costituito dalla inadeguatezza della quantità delle prestazioni richieste.

Le modifiche non sostanziali
La seconda disposizione invocata dal ricorrente è quella contenuta sempre all'articolo 106, comma 1, lettera e). La norma consente di apportare ai contratti modifiche non sostanziali; il successivo comma 4 individua le condizioni affinché una modifica possa essere considerata non sostanziale, ritenendo tra l'altro che non sia tale quella che altera l'equilibrio economico del contratto a favore dell'aggiudicatario.

Secondo il giudice amministrativo questa disposizione consentirebbe di apportare modifiche già in sede di documentazione di gara, evidentemente per ovviare ad eventuali errori iniziali dell'ente appaltante. In realtà questa lettura della norma non appare convincente; tutte le modifiche e variazioni previste dall'articolo 106 riguardano la fase esecutiva, come si ricava anche dal titolo del medesimo articolo, che fa riferimento a modifiche intervenute durante il periodo di efficacia dei contratti.

Le varianti nei contratti pubblici
La pronuncia tocca quindi una tematica molto controversa. In termini generali il D.lgs. 50/2016 non contiene una disciplina autonoma delle varianti. A differenza dell'impostazione del D.lgs. 163/2006, che dedicava alle varianti in corso d'opera una regolamentazione distinta, il D.lgs. 50 inserisce le disposizioni sulle varianti in un contesto più ampio, che viene denominato modifiche dei contratti.
In realtà la disciplina che ne risulta non brilla per chiarezza e non è particolarmente soddisfacente sotto il profilo della tecnica legislativa. L'articolo 106, denominato «Modifica di contratti durante il periodo di efficacia» sovrappone norme tipiche delle varianti con altre disposizioni in cui le modifiche contrattuali hanno diversa origine e natura e riguardano anche il profilo soggettivo.

Lo sforzo interpretativo è allora quello di isolare le norme riferibili alle varianti per cercare di individuarne la relativa regolamentazione.

Le varianti tradizionali
Il comma 1, lettera c) fa riferimento all'ipotesi tradizionale di varianti, cioè quelle dipendenti da circostanze impreviste e imprevedibili per l'ente appaltante e che vengono appunto denominate varianti in corso d'opera. Tra le circostanze impreviste e imprevedibili viene indicata la sopravvenienza di nuove disposizioni legislative o regolamentari o provvedimenti di autorità o enti preposti alla tutela di interessi rilevanti. Le circostanze in questione devono essere sopravvenute, cioè devono intervenire in un momento successivo alla stipula del contratto.
Al ricorrere di queste circostanze la variante è ammessa ma con due limitazioni. La prima è che la variante da introdurre non deve alterare la natura generale del contratto. Non è agevole stabilire in concreto la portata di questo limite, ma si deve ritenere che esso voglia impedire che attraverso l'introduzione di una variante si cambi in maniera sostanziale il tipo di prestazioni da rendere.

La seconda limitazione – che peraltro vale solo per i settori ordinari - è di natura quantitativa e deriva dal richiamo al comma 7. Quest'ultimo stabilisce che l'incremento di prezzo derivante dall'introduzione delle varianti non deve superare il 50% del valore del contratto iniziale.

Le modifiche non sostanziali
Come visto, un'ipotesi di legittima introduzione delle varianti è quella delle modifiche non sostanziali (comma 1, lettera e). La delimitazione del campo di operatività di questa ipotesi deriva dall'identificazione di quali sono, al contrario, le modifiche sostanziali (come tali non consentite).

Il comma 4 individua quindi le modifiche sostanziali. In primo luogo sono tali quelle che introducono condizioni che, se fossero state contenute nella procedura di affidamento, avrebbero consentito la presenza di candidati diversi da quelli che hanno effettivamente partecipato o l'accettazione di un'offerta diversa da quella che è risultata aggiudicataria. Sia pure nella genericità della formulazione utilizzata, questa ipotesi sembra voler salvaguardare la necessità che le condizioni iniziali della gara e della conseguente aggiudicazione non vengano alterate.

In secondo luogo sono modifiche sostanziali quelle che cambiano l'equilibrio economico del contratto. È evidente che tale previsione non si può intendere nel senso che non può variare il corrispettivo del contratto, perché ciò sarebbe in aperta contraddizione con l'insieme delle previsioni che ammettono le varianti. Ciò che il legislatore ha inteso garantire è che non si deve alterare l'equilibrio contrattuale, e che quindi la modifica da introdurre non sia tale da avvantaggiare in maniera impropria uno dei due contraenti (in particolare l'appaltatore).

Infine l'ultima ipotesi di modifica sostanziale è quella in cui viene ampliato notevolmente l'ambito di applicazione del contratto. Anche in questo caso non è agevole definirne con esattezza i contorni, residuando un notevole margine di valutazione discrezionale sulla nozione di "notevole ampliamento" del contratto.

Al di là delle difficoltà interpretative della nozione di «modifiche sostanziali» ciò che emerge è la tendenziale ampiezza della stessa. Ne consegue, di riflesso, che esce ridimensionato il generale potere di introdurre modifiche non sostanziali previsto dalla lettera e) del comma 1. In sostanza, sembra potersi affermare che si deve trattare di modifiche di dettaglio, che non incidono né sull'oggetto della prestazione né sulle condizioni fondamentali che ne regolano lo svolgimento.

Le modifiche per importi sottosoglia
Questa tipologia di modifica/variante è disciplinata dal comma 2. La disciplina prevede due limiti di natura quantitativa: la modifica deve essere per un importo inferiore alle soglie comunitarie e, inoltre, non deve superare il 10% per le forniture e i servizi e il 15% per i lavori del valore del contratto originario.
Vi è poi un limite qualitativo, consistente nella necessità che la modifica non possa alterare la natura complessiva del contratto, il che implica il divieto di modificare i caratteri essenziali delle prestazioni da rendere.

Il cosiddetto «quinto d'obbligo»
Come indicato anche nella sentenza del Consiglio di Stato il comma 12 ripropone una disposizione tradizionale relativa al c.d. quinto d'obbligo, che tuttavia inserita nel complesso delle norme contenute all'articolo 106 pone un problema interpretativo di notevole rilievo.
In base al comma richiamato la stazione appaltante può imporre all'appaltatore l'esecuzione, alle medesime condizioni del contratto originario, di prestazioni in aumento o in diminuzione fino alla concorrenza del quinto dell'importo del contratto.

Letta isolatamente la disposizione sembrerebbe superare tutti i limiti e le condizioni sopra illustrate: la stazione appaltante cioè potrebbe affidare prestazioni fino a un quinto in più dell'importo del contratto senza dover rispettare alcun limite o vincolo.

Se invece si vuole dare un'interpretazione che non consideri questa previsione in maniera isolata, ma la inserisce nel contesto complessivo della disciplina delle varianti, si finisce per ammettere il ricorso al quinto d'obbligo solo in presenza delle altre condizioni previste dalle norme sopra illustrate.

In questa logica, l'aumento del quinto sarebbe ammissibile nell'ipotesi di varianti derivanti da circostanze impreviste e imprevedibili, posto che in questa fattispecie il legislatore ha individuato il limite del 50% dell'importo del contratto inziale come limite massimo della variante. Mentre per le varianti sottosoglia, la variante non potrà arrivare al quinto, ma dovrà necessariamente rispettare i limiti sopra indicati (105 per forniture e servizi e 15% per lavori).

Si deve tuttavia rilevare che in questo modo l'istituto dell'aumento del quinto perde la sua valenza autonoma e la previsione che lo disciplina finisce per rimanere senza alcun effetto pratico.

Vi è poi una terza soluzione interpretativa: le varianti sono ammesse solo nel rispetto delle condizioni indicate nelle specifiche previsioni dell'articolo 106 e tuttavia l'ente appaltante ha il potere di imporle e l'appaltatore è obbligato ad eseguirle alle medesime condizioni dell'appalto iniziale solo se esse restano nell'ambito del quinto dell'originario importo contrattuale. Oltre tale limite, invece non esiste alcun potere di imposizione in capo all'ente appaltante e l'appaltatore può sciogliersi dal vincolo contrattuale ovvero negoziare lo svolgimento delle prestazioni a condizioni diverse da quelle iniziali.

La sentenza del Consiglio di Stato

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