Appalti

Per evitare l’emergenza rifiuti nelle città garanzie statali alle aziende di igiene urbana

La lettera dei sindaci e dell’Anci al Presidente del Consiglio che lancia un allarme sulla Tari (Quotidiano degli enti locali e della Pa del 13 maggio) propone con forza il tema della gestione dei rifiuti nella fase di emergenza Covid-19. Ma sottolinea anche la debolezza intrinseca di sistema che trova oggi nei Comuni l’intermediario necessario (sul piano normativo) tra riscossione del tributo e pagamento del servizio alle aziende che lo erogano; e questo nonostante che la Corte di cassazione (ordinanza 27 gennaio 2020, n. 1839) abbia anche di recente sottolineato la natura tariffaria della Tari.

La delicatezza della questione è sotto gli occhi di tutti perché sono i sindaci che hanno in tanti casi deciso il rinvio del pagamento della Tari. Ma in concreto, a dover fare i conti con il mancato incasso si trovano poi le società del settore, che pure stanno lavorando a pieno ritmo.

Iniziamo col dire che è bene che su questa partita ci sia un arbitro, ovvero Arera, visto che la forza contrattuale delle due “parti”, in un legame che vede il Comune al tempo stesso cliente e socio, è quanto mai squilibrata.

L’incidenza della Tari sui bilanci dei Comuni (oltre 10 miliardi su un totale di poco più di 80 miliardi di entrate accertate) è tale, però, che la questione non può essere ridotta ad uno scontro tra ministero dell’Economia ed enti locali su una somma che, da quanto si legge, sarà comunque inadeguata a coprire il fabbisogno che si è andato creando sui mille fronti dell’emergenza nei territori.

Da qui una proposta, che si fonda sulla natura “tariffaria” della Tari, e consiste nel chiedere per le società dei rifiuti una soluzione, per così dire, interna al sistema.

Quest’anno, e forse anche il successivo, ci troveremo in una situazione particolare, in cui i conti previsionali del comparto sono destinati a essere superati dalla forza delle cose. Inutile ragionare quindi in termini convenzionali. È necessario fare uno sforzo di realismo.

Per far fronte alla emergenza liquidità si conferiscano garanzie statali mirate alle aziende del sistema, così da consentire loro di fare raccolta finanziaria presto le istituzioni bancarie. Chi conosce le regole del Sec2010 sa bene che l’impatto di queste garanzie sul bilancio pubblico è assai più modesto di quello dei fondi per destinare risorse proprie al comparto. Per questo motivo potrebbero agevolmente essere stanziati non poche centinaia di milioni di euro ma i 2,5 miliardi che sono stimati come necessari da Utilitalia.

Cosa succederà nei bilanci delle società dei rifiuti lo vedremo, e sarà relativamente facile fare i conti sui minori ricavi, sulle mancate riscossioni e dunque sulle necessità di cash flow dettate dall’emergenza e dalla restituzione dei finanziamenti sottoscritti in questa fase. Si tratta però di trovare il modo, e su questo il ruolo di Arera è essenziale, di riportare questo onere nella tariffa degli esercizi futuri, con regole certe e in un arco temporale ampio, in modo da assicurare la continuità del servizio, sollevare i Comuni dalla gestione finanziaria del problema, e rendere sostenibile per il cittadino l’onere che tutto ciò comporta.

Quello che si chiede, in sostanza, è concretezza e coesione istituzionale tra tutte le parti in gioco, per affrontare pragmaticamente il problema. Perché l’interesse di tutti, delle società come dei Comuni, di Arera come del Governo, è quello di arrivare a superare questa crisi senza che le tensioni finanziarie del sistema pubblico allargato amplifichino la crisi economica del Paese. Ed è chiaro che le difficoltà delle società dei rifiuti rischiano di essere il detonatore della crisi di tutta quella filiera fatta di dipendenti, aziende fornitrici ed aziende clienti di un servizio pubblico essenziale che certo non può essere interrotto.

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